
Chi è gender fluid non è "confuso": facciamo chiarezza sulle definizioni LGBTQIA+
Oggi sempre più persone, soprattutto tra i giovanissimi, usano il termine gender fluid. Ma siamo sicuri di sapere davvero di cosa stiamo parlando?

Oggi sempre più persone, soprattutto tra i giovanissimi, usano il termine gender fluid. Ma siamo sicuri di sapere davvero di cosa stiamo parlando?
Su tutti, negli ultimi anni a spiccare è stato soprattutto il termine queer, che potrebbe essere inteso come modo piuttosto generico per comprendere chiunque non appartenga all’universo cisgender o eterosessuale.
In questo senso, nel voler parlare dei vari orientamenti sessuali compresi dal termine LGBTQIA+, è molto importane capire un primo punto, ovvero che l’identità di genere è una cosa diversa rispetto all’espressione sociale di quella identità di genere. Per intenderci, non si smette di essere un uomo cisgender se talvolta ci si veste da donna, come pure vale per il contrario.
Fatta questa piccola premessa, cerchiamo ora di capire, termine dopo termine, quali sono gli orientamenti sessuali davanti a cui possiamo trovarci.
Tra le nuove terminologie, c’è anche quella di gender fluid, che tende a rispecchiare soprattutto una filosofia sempre più comune tra molte giovani star. Degli esempi su tutti? Lily Rose Depp, o Jaden Smith. Chi è gender fluid, semplicemente, non vuole essere etichettato secondo nessuno schema sessuale, e vive liberamente la propria identità sessuale, senza costrizioni di alcun tipo. Questo non significa affatto essere etero, bi o transessuale, ma solo di sentirsi “a volte un ragazzo, altre una ragazza”. Le differenze con i polisessuali o i pansessuali sono inoltre notevoli, vediamole.
Anzitutto è importante chiarire che parlando di gender fluid e pansessualità ci si riferisce a due cose molto diverse: una attiene infatti all’identità sessuale, l’altra alla sessualità, ovvero è ciò che mi sento di essere vs ciò che mi piace. Per questo motivo possono esserci, ad esempio, cisgender a cui piacciono uomini, donne e via dicendo. Detto questo, cerchiamo di chiarire meglio le caratteristiche di ogni definizione, fermo restando il fatto che “intrappolare” l’identità sessuale o la sessualità di una persona in una manciata di parole o in schemi prefissati è piuttosto banale.
Pansessuale o polisessuale è la persona attratta da qualunque genere; gender fluid, invece, chi nel corso della vita si sente a volte maschio e a volte femmina. Un’ulteriore distinzione riguarda i no-gender, che non si identificano in alcun genere.
La cosa importante da sottolineare, però, è che il concetto di fluidità riguarda l’intera identità sessuale, comprendendo quindi anche l’orientamento affettivo, che non coincide sempre con quello erotico, soprattutto quando parliamo delle persone più giovani:
Essere gender fluid non è però una questione di moda o un passaggio temporaneo nella vita di una persona, perlomeno non per tutte coloro che dichiarano di esserlo. Oltre ad artisti famosi e apprezzati come Ezra Furman, la dj australiana Ruby Rose, o il già citato Jaden Smith, ci sono anche moltissime persone che non vivono sotto i riflettori e che dichiarano di essere gender fluid.
Alcune delle loro storie sono state raccolte nella nostra gallery, proprio per provare a spiegare, attraverso le loro parole, cosa significhi davvero essere gender fluid. C’è, ad esempio, la storia di Ara, che ha scelto di “uscire allo scoperto” in occasione del ballo scolastico, o di Camilla, che ha imparato ad accettare l’essere gender fluid del suo bambino di appena 9 anni. Oltre alle loro testimonianze, abbiamo raccolto le dichiarazioni di altri personaggi e celebrity che si sono dichiarati omosessuali, bisessuali o pansessuali.
Ara Halstead, uno studente del Black Hills High School di Olympia, nello stato di Washington, ha pubblicato sul New York Times la sua storia di gender fluid, che ha scelto di partecipare a uno degli appuntamenti più importanti nella vita di un liceale americano, il ballo della scuola.
“Non ci sono vie di mezzo nella scelta dell’abito per il ballo del diploma alla mia scuola – ha spiegato Ara – Il dress code richiede agli studenti di scegliere fra abito lungo e completo da uomo. Visto che non era mia intenzione mettere un vestito, non ho potuto fare altro che andare a comprare un completo. Era la prima volta che andavo al ballo di fine anno.
Al primo anno, quando ero ancora una ragazza agli occhi della maggior parte delle persone, ho detto ai miei genitori, cristiani e conservatori, che ero attratto dalle donne. Da quel momento hanno deciso che non sarei andato ad alcun ballo; erano preoccupati per quello che mi sarebbe accaduto al di fuori della loro supervisione. Per i primi due anni di scuola non ci sono potuto andare, ma sapevo che non lo avrei fatto comunque.
Ara definisce il suo genere come un fluttuare tra diverse identità, per questo non si è mai sentito a proprio agio ai balli scolastici, “dove ogni cosa è legato al genere e soprattutto all’egemonia eterosessuale, dall’abbigliamento ai ragazzi in ginocchio che danno rose alle ragazze, non sono esattamente un ambiente accogliente”.
Arrivato ai 18 anni, Ara ha lasciato la casa dei genitori che non lo hanno accettato e oggi vive con una famiglia che gli offre vitto e alloggio; ha dovuto però lottare con se stesso per capire cosa fare rispetto al ballo, confrontandosi anche con gli amici.
Hanno spinto perché ci andassi. L’idea era che la mia presenza, candidandomi anche alla gara per re e/o regina del ballo, avrebbe portato allo scoperto altre persone gender fluid. Non avrei accettato né la corona di re, né quello di regina, ma sarei stato il monarca. Magari era davvero l’occasione per presentarmi come me stesso dopo gli anni passati a presentarmi come femmina secondo la volontà dei miei genitori. Sembrava anche un’occasione per vestirmi bene: ha vinto la mia vanità.
Alla fine, Ara ha scelto dei pantaloni neri, una camicia grigia e una cravatta rossa, abbinata a una giacca borgogna e a un leggero trucco sugli occhi.
Non ero sicuro su cosa aspettarmi. Pensavo che i balli fossero questione di piccoli gruppi chiusi, non era così, sono passato da uno all’altro e alla fine mi sono anche divertito.
Camilla è la mamma di L., un bambino di 9 anni, nato maschio, ma che si è sempre sentito anche una femmina. Per raccontare la sua storia atipica, e soprattutto il duro impatto con una società che fatica non poco ad accettare certe realtà ha scritto un libro, Mio figlio in rosa, in cui racconta il percorso fatto con suo figlio L., portato da uno psicologo per una valutazione di disforia di genere, prima che la mamma capisse davvero la sua personalità.
Ora che conosco meglio cosa vuol dire essere transgender, capisco meglio quella valutazione che al momento non mi era sembrata soddisfacente – ha scritto Camilla – Io rimanevo comunque attaccata al sistema binario: se mio figlio non era maschio allora doveva essere femmina. Invece no! Ora so che in mezzo ci sono una serie infinita di possibilità. Tra cui anche L.
Oggi cerca di ispirare altre persone che hanno figli gender fluid, spingendole non solo verso l’accettazione dei figli, ma anche a fregarsene degli schemi imposti spesso dalla società.
Vedo che la nostra esperienza dà ispirazione. Ho perso delle amiche perché non accettano questa situazione e pensano che sia colpa mia. Il blog è un modo per parlare della questione, può portare altri bambini a sentirsi come tutti gli altri, anche se secondo me hanno una marcia in più. Nelle culture in cui esiste un terzo o un quarto genere, vengono considerati anche illuminati perché sono molto più sensibili degli altri. Se penso che una persona mi tollera, già mi sta antipatico. Se mi si vuole bene e mi si accetta per quello che sono, è meglio. Ma per accettare gli altri bisogna conoscere, difficilmente si può accettare altrimenti. Ciò che non conosciamo ci fa paura.
Il cantante statunitense nel 2015 ha raccontato al Guardian la sua storia: a partire dal 2001, quando, appena adolescente, incontra per la prima volta i Velvet Underground e la figura sessualmente ambigua di Lou Reed.
Da lì parte l’ascolto di altri grande icone, da David Bowie, Grace Jones, fino a Boy George, miti in cui Ezra ritrova la stessa voglia di non essere inquadrato in un genere standardizzato. Da quel momento ha iniziato a esibirsi sul palco in abiti spesso femminili, anche se ha sempre chiarito che il suo essere gender fluid non è solo una messa in scena pubblica, ma una vera e propria parte del suo io.
Non ho ancora deciso un’identità di genere. Potrei anche non deciderla mai e andrebbe comunque tutto bene. Sono così orgoglioso di essere vivo e di essere in uno stato ambiguo, indeciso.
La dj australiana ha raccontato al Guardian il suo rapporto con la sessualità.
Da piccola ero convinta di essere un ragazzo. Dormivo a pancia in giù pensando che così non mi sarebbe venuto il seno. Pregavo Dio di non farmelo venire.
Poi, nell’adolescenza, ho cercato di essere abbastanza femminile. Mia madre mi spingeva a fare la modella, ma poi un giorno non ce l’ho fatta più. Mi sono rasata la testa e ho detto fanc*** a tutti quelli che volevano etichettarmi in un certo modo. Sono stata vittima di bullismo. Mi sono trovata in situazioni davvero pericolose, dove magari un ragazzo mi diceva qualcosa del tipo ‘Cosa sei? Sei una ragazza ma stai cercando di essere un ragazzo’ o ‘Guardati, sei disgustoso’.
Alla fine ero esausta, e mi sono detta che mi sarei fatta ricrescere i capelli, perché volevo avere un’opportunità in tv. Ce l’ho fatta, sono entrata a MTV, e dopo un po’ ho potuto tagliare tutto e ripartire da dove ho sempre voluto.
Attivista per i diritti della comunità LGBTQIA+ e scrittore, su Instagram Jacob Tobia scrive:
La mia vita è stata perfetta per circa tre secondi – ha raccontato – fino a che l’infermiera ha guardato giù e ha detto: ‘È un maschio’. […] Il modo in cui le persone mi trattavano era sbagliato. Ciò che le persone si aspettavano da me era sbagliato. Ciò che dicevano su quello che potessi o non potessi fare era sbagliato.
I cisgender sono persone che si riconoscono nel corpo in cui sono nate, quelle che molti, usando un termine decisamente infelice, definiscono “normali”.
Ciò non significa però che non possano esserci cisgender gay, bisessuali, pansessuali e via dicendo, proprio perché essere cisgender non influenza la sessualità.
L’atleta olimpionico degli anni ’70 Bruce Jenner e secondo marito di Kris Kardashian, con cui ha avuto le figlie Kylie e Kendall, ha dichiarato di essere transgender a Vanity Fair, prima di completare il proprio passaggio MtF e di assumere il nome di Caitlyn. Oggi si batte moltissimo per la comunità LGBTQIA+.
Bruce ha sempre dovuto dire una bugia – disse all’epoca dell’uscita dell’articolo su Vanity Fair – Caytlin non ha alcun segreto. Appena la copertina sarà in edicola, sarò libera.
Nonostante una relazione pluriennale con Liam Hemsworth, la ribelle del pop si è sempre definita pansessuale.
Per tutta la mia vita – ha dichiarato in un’intervista non ho capito il mio genere e il mio orientamento sessuale. Ho sempre odiato la parola ‘bisessuale’, perché questo è come se mi mettesse in una scatola. Quando ero piccola la mia prima relazione è stata con una ragazza, sono cresciuta in una famiglia molto religiosa del sud i miei genitori invece non mi capivano, ma sapevo che un giorno avrebbero cambiato idea. Anche se può sembrare molto strano io mi sento neutra, pansessuale. Non mi sento gay o etero e credo che alla sigla LGBT andrebbe aggiunta una P di pansessuale.
L’attrice si è sempre dichiarata bisessuale, dicendo a Contact Magazine nel 2003:
Mi chiedi se mi attraggono sessualmente le donne? Certo, completamente. Mi sono sempre considerata bisessuale. Amo il corpo delle donne. Penso che due donne che fanno sesso siano bellissime, ma anche un uomo e una donna insieme sono belli. Andare a letto con una donna è come esplorare il proprio corpo, ma attraverso quello di un’altra.
Il cantante portoricano fa impazzire le donne ma il suo cuore è totalmente del marito, l’artista siriano Jwan Yosef, con cui si è sposato nel gennaio del 2018 e con cui ha avuto la piccola Lucia, la terza figlia per Ricky.
La sessualità e l’omosessualità non dovrebbero essere un problema per nessuno.
Ha detto una volta il cantante alla giornalista americana Barbara Walters, aggiungendo:
Se avessi passato davanti a un pianoforte un quarto del tempo che ho passato a manipolare la mia sessualità, oggi sarei il pianista migliore del mondo… Quello che la gente si aspettava da me non era quello che ero. Mi sono costretto a credere che quello che volevano loro potesse essere la mia verità.
Ricky ha raccontato della sua accettazione come omosessuale e del suo coming out, arrivato pubblicamente a 38 anni, in un’intervista per il Guardian di qualche anno fa.
Vedi in tv uno che pare una caricatura e pensi ‘Mica sono come quello lì’. E aggiungi che avevo un grande successo. E a chi non fa piacere essere accettato? Pensavo che mi dovevano piacere le ragazze. Perché questo diceva la Chiesa e questo mi diceva il prete. Secondo la mia fede, quello che provavo era il male.
Rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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