Non binario, il diritto (e l'orgoglio) di non riconoscersi maschio o femmina

Ripensare il mondo interiore ed esteriore al di là delle categorie tradizionali fondate sul binarismo di genere uomo/donna: ecco la natura del genere non binario e le caratteristiche da cui si sente rappresentato e con cui si esprime.

In un mondo che guarda sempre di più a una cultura dell’inclusione e della diversità, diventa fondamentale rappresentare ogni realtà, a cui non sempre si è dato voce e la giusta attenzione. Una di queste è rappresentata dalle persone non binarie, la cui identità di genere si riconosce e manifesta al di là di classiche categorie con cui facciamo i conti da millenni, ossia quelle di maschio e femmina.

Dal 2012 il 14 luglio si celebra la Giornata Internazionale dell’Orgoglio Non Binary, pensata proprio per fare luce su una categoria non solo discriminata ma spesso nemmeno considerata.

Cerchiamo di fare maggiore chiarezza sulla questione.

Il genere non binario: definizione

Per genere non binario si intende una differente identità di genere, non contemplata dal classico binarismo che vede contrapposte le due categorie uomo/donna. Non si deve però pensare il genere binario come un’unica identità, ma come una pluralità di identità di genere tutte accomunate dal fatto di non riconoscersi nelle due categorie di maschile e femminile.

Per citare questo articolo

Non-binary o non binari*  è un termine ombrello che descrive diversi tipi e combinazioni di identità o espressione di genere alternative a quelle di uomo e donna per le identità e di maschile e femminile per le espressioni.

Il termine non binario si riferisce all’identità di genere, ma anche all’espressione di genere e al ruolo di genere. Chiariamo i tre concetti.

  • L’identità di genere riguarda l’autopercezione, ossia indica come noi stessi percepiamo il nostro genere.
  • L’espressione di genere è come esprimiamo o non esprimiamo il nostro genere autopercepito.
  • Se i primi due hanno a che fare con l’individuo, il ruolo di genere è invece connesso alla cultura e alla società in cui si vive, si riferisce cioè all’adesione o meno all’immagine che il sistema socio-culturale ha costruito intorno alle identità che riconosce.

Nel nostro Paese le aspettative della società sono cisgender, eterosessiste e binarie. Questo inevitabilmente comporta un’idea di società fortemente costruita sulla ghettizzazione dei due generi. Si pensi a tutti gli stereotipi di genere tuttora in vigore, legati ai più disparati ambiti: dai colori, alle professioni, agli atteggiamenti, alle inclinazioni e che sono pensati in ottica binaria maschile/femminile.

Si tratta però di norme che possono variare nel tempo. Un semplice esempio: nella prima metà del Novecento, il colore rosa era un “colore da maschi”, oggi, sebbene siano in atto molti cambiamenti da un punto di vista culturale, non possiamo dire che un uomo vestito di rosa sia considerato la norma.

Una persona non binaria è quindi un individuo che rifiuta di riconoscersi nelle categorie binarie uomo/donna in uno degli aspetti sopracitati. Ad esempio, potrebbe

  • non identificarsi o riconoscersi esclusivamente come uomo/donna (demiboy/demigirl)
  • vedere uomo e donna come gli estremi di un continuum e collocare in mezzo la sua identità e/o espressione (intergender).
  • identificarsi o esprimersi sia come uomo che come donna contemporaneamente (bigender)
  • identificarsi come uomo, donna, o altro, per periodi di tempo più o meno lunghi e/o con intensità diverse nel tempo (genderfluid/genderflux).
  • non identificarsi o esprimersi né come uomo né come donna né come un mix dei due (neutrois)
  • ritenersi senza genere, e di conseguenza anche la sua espressione non viene percepita come tale (agender, genderless, genderfree, non-gendered, ungendered…)

Bisogna però necessariamente aggiungere oltre a questo, che la pluralità delle identità non binarie, come tale, è sempre in continua evoluzione e pertanto sfugge a una definizione netta.

Il genere non binario, quindi, oltre ad essere una pluralità di voci, è anche per sua natura fluido: le persone non binarie, oltre a non riconoscersi o esprimersi nelle due categorie uomo/donna, riconoscono di poter modificare la propria identità del tempo, di non considerarla necessariamente un dato acquisito ed eterno e di sottoporla a continua riflessione e messa in discussione.

È bene anche sottolineare un altro aspetto: una persona non binaria può non riconoscersi nel genere assegnatole alla nascita (disforia di genere). Essere una persona transgender non esclude il fatto di essere una persona non binaria e viceversa: le due realtà possono convivere. Allo stesso tempo, le persone non binarie possono armonizzare con il genere assegnato alla nascita, non sentirsi quindi “nati nel corpo sbagliato”, anche se possono volerne modificare degli aspetti e vivere quindi un corpo in cambiamento.

Come dichiara Ethan Bonali, uomo transgender e non binario, attivista queer e femminista intersezionale, “risulta maggiore la disforia sociale, ovvero per come si è percepiti dagli altri: questo può portare all’avversione per il proprio nome biologico, per un linguaggio e pronomi che identifichino la persona secondo il suo sesso e non secondo la sua identità di genere, per i ruoli di genere imposti”.

Le sfumature del genere non binario

Per comprendere bene questo aspetto, possiamo immaginare il genere non come una barra orizzontale divisa in due parti, ciascuna delle quali di un colore preciso, ma come un ampio spettro di differenti identità, simili appunto a quello dell’arcobaleno, dove i confini tra un colore e l’altro sono fluidi e non vanno a creare delle categorie precise, ma piuttosto un continuum armonioso e indefinito.

In questo senso, risulta chiaro come il termine non binario diventi un termine ombrello che comprende in sé molte sfumature, e, nello specifico, diversi tipi e combinazioni di identità o espressione di genere alternative a quelle di uomo/donna e maschile/femminile.

Le identità non binarie sono quindi moltissime e in continua evoluzione e formazione, per questo è complicato affrontarle tutte in un articolo. Qui c’è una lista dettagliata e corposa, noi ci dedicheremo a descrivervi le principali, scusandoci in anticipo con le persone che nel leggere l’articolo non si sentiranno rappresentate.

  • Gender queer è sostanzialmente un sinonimo di persona con identità non binaria;
  • Agender: un soggetto che non si identifica in nessun genere (tra i sinonimi: genderless, genderfree, non-gendered, ungendered);
  • Neutrois: un soggetto che si riconosce e/o si esprime in un’identità di genere neutra o indefinita (e cioè né come uomo, né come donna, né come un mix dei due);
  • Gender fluid: un soggetto la cui identità può cambiare nel tempo lungo lo spettro di genere;
  • Bigender: si identifica e/o si esprime sia come uomo sia come donna contemporaneamente;
  • Demiboy: non si identifica e/o esprime come solo uomo;
  • Demigirl: non si identifica e/o esprime come solo donna;
  • Intergender: un soggetto che colloca la sua identità e/o espressione in mezzo in un continuum che vede agli estremi uomo e donna;
  • Androgino: un soggetto in cui i comportamenti di genere, le espressioni e i ruoli includono aspetti sia di mascolinità che di femminilità;
  • Amalgagender (intersex): sono intersessuali e si identificano come intersessuali.

Risulta quindi evidente come le identità non binarie siano molteplici e non fisse, possano mischiare in misura e intensità diversa elementi della femminilità e della mascolinità, oppure negarli del tutto, ponendosi oltre. Prendiamo nuovamente in prestito le parole di Ethan Bonali, dal sito Pasionaria sopracitato, per esplicitare in modo chiaro questo concetto:

Non vivo le identità non binarie come definizioni ma come pensiero in movimento. Le ritengo figlie del grande processo critico degli anni ’70, ammazzato dalla banalizzazione del pensiero della differenza. Queste realtà sovvertono i meccanismi di potere della parola e della narrazione. Trovo che queste esistenze siano vitali per ridisegnare la società e per arrivare anche alla parità dei sessi binari. Sono identità che, rielaborando e riducendo le differenze riducono la conflittualità. E sono odiate perché dimostrano che le differenze non sono biologiche.

Genere non binario e orientamento sessuale

L’identità di genere non binaria non influisce in alcun modo sull’orientamento sessuale. L’orientamento sessuale è ciò che si prova e sente per le altre persone. Si tratta dunque di una scelta individuale – dettata cioè dalla persona e non dipendente dal genere della stessa – che esula da ciò che si è e si sente di essere, come, del resto, avviene per le persone cisgender.

È chiaro, però, che le categorie utilizzate convenzionalmente per descrivere l’orientamento sessuale – e cioè, omosessuale, bisessuale ed eterosessuale – saltano di fronte alle logiche e alla natura della comunità non binaria, che rifiuta queste categorizzazioni basate sul binarismo.

Ne deriva dunque che le persone non binarie si approcciano in genere con una maggiore libertà alla sfera dell’orientamento sessuale e al sesso, poiché non influenzate dalla cultura eteronormata considerata la norma dalla società, e dai suoi dogmi.

Anche il linguaggio e i comportamenti sessuali sono di norma considerati al di là dei due generi e vengono pertanto considerati nella loro fluidità, come spiega bene nuovamente Ethan Binali:

Di seguito il sesso viene completamente stravolto, cade il paradigma eteronormato della penetrazione e si scopre tutto il corpo, la bellezza di confondere i ruoli, il penetrare ed essere penetrati senza che la propria identità sia messa in crisi. Cambiano le carezze, i baci… la difficoltà maggiore è sperimentarlo e trovare dei partner disposti a farlo. Significa trovare partner che rinuncino anche al loro ruolo per rimettere tutto in gioco.

Le persone non binarie oggi

A oggi il discorso sulle identità non binarie è decisamente più diffuso, approfondito e preso in considerazione, per quanto, purtroppo, a questa maggiore apertura non corrisponda una effettiva considerazione dal punto di vista sociale e legislativo.
Dal punto di vista psicologico, alcuni dei pochi studi dedicati all’0indagine della salute mentale delle persone con identità di genere non-binary hanno evidenziato che queste persone sono ad alto rischio di autolesionismo e suicidio, visto che stigmatizzazione e discriminazione sono estremamente presenti. Senza contare che le persone con identità non binaria vivono in un ambiente in cui le divisioni binarie sono applicate praticamente a ogni aspetto della vita, proprio per il genere di discorso che abbiamo fatto a inizio articolo.

Sono pochi i Paesi che riconoscono legalmente le classificazioni non binarie o di terzo genere, anche se, rispetto al passato, moltissimi passi avanti sono stati fatti, specie dal punto di vista culturale, che possono aprire a un cambiamento anche di tipo legale. Del resto, i due ambiti sono intrinsechi e si condizionano a vicenda.

Joe Biden ha già mostrato cambiamenti in questo senso, dopo la netta chiusura e opposizione al mondo LGBTQ da parte dell’amministrazione Trump, emanando un ordine esecutivo che chiede a tutte le agenzie federali di garantire che le persone LGBTQ siano protette nelle scuole, nell’assistenza sanitaria, sul posto di lavoro e in tutti gli aspetti della vita quotidiana. Inoltre, i visitatori del sito web della Casa Bianca hanno a disposizione un modulo di contatto che permette loro di condividere i loro pronomi. Si tratta di segnali tutt’altro che irrilevanti, e che possono aprire anche agli altri Paesi del mondo.

Una maggiore apertura è stata facilitata anche dal mondo dei social e da una certa parte dei media. Una cultura maggiormente inclusiva e basata sulle diversità passa infatti più facilmente attraverso i social, perché parte “dal basso”, raggiungendo soprattutto le giovani generazioni. Si fa quindi testimonianza e racconto di realtà e situazioni che non trovano facile collocazione nei canali tradizionali e ufficiali. Si tratta di un passaggio importante che favorisce una maggiore diffusione, conoscenza e condivisione di questi temi.

Non possiamo poi non segnalare il contributo di serie TV e produzioni cinematografiche che hanno iniziato a dare voce alle comunità non binarie. Si pensi ad esempio al personaggio di Taylor, interpretato da Asia Kate Dillon, nella serie di Showtime Billions, andato in onda in Italia su Sky Atlantic. Dillon è nella vita reale e nello sceneggiato un personaggio genderfluid, il primo con cui il pubblico del piccolo schermo sia venuto in contatto in Italia. Un passo non da poco.

Anche Tales of the city, produzione Netflix, ispirata ai libri di Armistead Maupin, ha dato spazio alle identità non binarie e, in generale, a tutta la comunità LGBTQIA nel suo complesso. E non solo perché ha dato vita e voce a storie e personaggi del mondo LGBT+ ma anche perché ha chiamato attori della comunità LGBT+ ad interpretarli. Ad esempio, la serie vede la partecipazione di Garcia, attore trans non binario che interpreta il personaggio di Jake Rodriguez, un uomo trans che ha una relazione con la sua ragazza lesbica Margot. Questo è quello che l’interprete ha dichiarato in merito alla sua esperienza di persona non binaria e trans:

Essere non-binario, nella mia esperienza personale, è un modo di dire alla gente che non mi identifico come uomo solo perché sono trans.

Non si può poi non affrontare la questione psicologica. Vivere in una società come la nostra in cui le divisioni binarie sono applicate d ogni aspetto della vita può portare a condizioni di non facile gestione. Lo confermano gli studi dei ricercatori Meg-John Barker e Alex Iantaffi, che hanno mostrato come come le persone non binarie siano ad alto rischio di autolesionismo e suicidio e abbiano livelli di salute mentale più bassi rispetto alle persone cisgender binary e transgender binary, e questo per via della stigmatizzazione e discriminazione sociale che più facilmente subiscono dall’esterno e da norme sociali convenzionalmente stabilite.

Bisogna dire che per le persone non binarie che sono identificate come donne dalla società risulta leggermente più semplice, poiché si accetta con una maggiore facilità l’appropriazione da parte di queste ultime di ruoli, comportamenti o espressioni tradizionalmente considerati di genere maschile. Discorso più complesso è quello per le persone non binarie identificate come uomini: l’assunzione da parte di questi di atteggiamenti e aspetti femminili è ancora considerato uno stigma e difficilmente viene visto come un qualcosa di normale che non cattura attenzione.

Un’altra questione centrale è l’aspetto linguistico. Può sembrare che le parole siano solo una questione formale, ma non è così: le parole sono identità e come tali devono poter descrivere l’individuo nella sua essenza. Purtroppo la lingua italiana rende piuttosto difficile questo aspetto, considerato che, a differenza dell’inglese, non contempla un genere neutro e declina aggettivi e participi passati in base al genere. Ad esempio, il pronome “They” è utilizzato nella lingua inglese con valore neutro e questo non crea particolari disagi linguistico-grammaticali e cacofonie anche perché i verbi si coniugano allo stesso modo ad eccezione della terza persona singolare.

Al momento possono venirci in aiuto, soprattutto nella lingua scritta, formule e specifiche modalità inclusive che non si rifanno alla categorizzazione binaria di maschile e femminile: l’utilizzo dell’asterisco, lo schwa /É™/ o l’utilizzo di perifrasi che alludono alla totalità delle persone o che comprendono i due generi (perché a oggi dal punto di vista linguistico sono gli unici che possono essere espressi).

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