Spesso confusi, utilizzati come sinonimi o mal compresi, il sesso e il genere rappresentano due coordinate utilissime per districarsi nel mondo stratificato e prismatico delle caratteristiche che rendono uniche le persone.

Sebbene facciano riferimento a comparti differenti dell’individuo, essi si trovano, tuttavia, in una relazione complessa e quasi “co-dipendente”, seppur non sempre lineare, nella quale i due termini possono talvolta dialogare o, in altre occasioni, discostarsi nettamente gli uni dagli altri.

Per capire meglio le differenze tra sesso e genere ed essere in grado di orientarvisi, dunque, è bene esaminarne i dettagli.

Come si definisce il sesso biologico?

Il sesso biologico si riferisce in modo esclusivo all’anatomia di un individuo. Esso si basa su fattori dissimili, ossia: il patrimonio genetico e i cromosomi, gli organi riproduttivi e gli ormoni. In base a questi ultimi, alla nascita, a ciascuno di noi viene assegnato un sesso, femminile o maschile.

Ne consegue, quindi, che tali elementi non siano dotati di un significato “intrinseco”, ma che quest’ultimo derivi esclusivamente dall’interpretazione che noi associamo, a livello culturale e sociale, ai due sessi biologici.

Il riduzionismo e l’incompletezza di tale concezione sono resi evidenti, però, dalla natura stessa. Oltre alle coppie cromosomiche più diffuse, ovvero XX per le femmine e XY per i maschi, infatti, ve ne sono molte altre (tra cui XXY, XO e così via) che, connesse anche a diverse quantità di ormoni e a forme “inusuali” dei genitali, possono dare vita a variazioni diverse dello sviluppo sessuale.

In questo caso si parla, perciò, di intersessualità, termine ombrello che designa tutte le condizioni in cui i tratti somatici e le caratteristiche sessuali (a livello ormonale, anatomico e/o genetico) non collimano con le norme mediche imposte dalla società di riferimento in relazione al sesso maschile e femminile.

Cos’è l’identità di genere?

Cosa diversa, invece, è l’identità di genere, ossia la percezione che ciascuno ha di sé in quanto femmina o maschio. Nello specifico, con tale espressione ci si riferisce alla modalità con cui la persona si identifica o si autopercepisce a livello interiore: una modalità che non sempre, però, corrisponde con il sesso biologico assegnato alla nascita.

All’identità di genere è, poi, strettamente connessa l’espressione di genere, che si può allineare o affrancare dall’identità stessa, e che caratterizza gli atteggiamenti fisici ed estetici con cui un individuo decide di presentarsi alla società.

Come precisa Sally Hines in Il genere è fluido?:

Il modo in cui il genere è vissuto nella quotidianità dipende da fattori storici, sociali e culturali. Alcune caratteristiche considerate tipicamente maschili o femminili sono molto cambiate nel tempo; o magari quel che è normalmente associato a un uomo o a una donna in un dato paese può essere inaccettabile in un altro.

Il sesso biologico e, di conseguenza, il genere associato alla nascita non sono, dunque, sufficienti per identificare tutte le possibilità dello spettro dell’identità di genere che le persone possono manifestare nell’arco della loro vita.

Tra sesso e genere, infatti, non c’è alcuna correlazione innata, perché ogni elemento della nostra personalità è profondamente influenzato dagli aspetti esperienziali ed esterni con cui si raffronta.

La differenza tra sesso e genere

Sesso biologico e genere sono, allora, due componenti completamente diverse di ciascun individuo. Il genere, nello specifico, si definisce, come chiarito dalla Società Italiana di Psicoterapia per lo Studio delle Identità Sessuali:

L’insieme delle differenze tra uomini e donne, che ogni società costruisce a partire dalla propria concezione delle differenze tra corpo maschile e femminile. Tali differenze consistono in tutti quei processi – psichici, interpersonali, comportamentali e di presentazione di sé – con i quali le società trasformano i corpi sessuati (maschio/femmina/intersessuale) in identità personali socialmente riconosciute (uomo/donna) e organizzano la divisione dei ruoli e dei compiti tra donne e uomini, differenziandoli dal punto di vista sociale l’uno dall’altra.

Il sesso, quindi, riguarda solo la nostra struttura cromosomica, senza fornirci ulteriori informazioni circa la percezione che abbiamo di noi stessi, mentre il genere aderisce a fenomeni psicologici e sociali, in base ai quali si dipanano rispettive aspettative circa i nostri comportamenti all’interno della comunità in cui viviamo.

Con molteplici ramificazioni. Se, infatti, l’identità di genere corrisponde al genere assegnato sulla base del sesso di provenienza, un individuo è cisgender. Se, al contrario, se ne discosta totalmente, o in parte, si ha una persona transgender.

Se, infine, un soggetto non sente di aderire al binarismo di genere tradizionale e non si riconosce né maschio, né femmina (o si identifica in entrambi i generi sempre o parzialmente e con intensità differenti), allora esso rientra sotto il termine ombrello di non-binario.

Chi (e perché) nega la differenza tra sesso e genere?

Nonostante le differenze siano ben delineate, c’è chi, però, ancora si ostina a non accettare e riconoscere la mancata aderenza tra sesso biologico e genere. Perché? Perché per moltissime persone sarebbe “inaccettabile” scardinare tale allineamento, e significherebbe uscire dalle categorizzazioni tradizionali che, nei secoli, hanno normalizzato i nostri comportamenti sessuali e le nostre espressioni di genere. In poche parole: significherebbe mettere in discussione tutto ciò in cui si è “creduto”, rendendo inconcepibile l’idea di una generale uguaglianza tra tutti gli individui.

La cosiddetta “teoria del gender”, come è stata definita nell’arco degli ultimi anni, è stata, infatti, fortemente promossa dalle frange più conservatrici e cattoliche della nostra società, con il tentativo di promulgare (ancora) posizioni omofobe e sessiste.

Ma come spiega Laura Scarmoncin, studiosa di Storia delle donne e di genere alla South Florida University, a Wired:

Non ha alcun senso parlare di teoria del gender e men che meno di ideologia del gender. È un’arma retorica per strumentalizzare i gender studies che, nati a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80, affondano le loro radici nella cultura femminista che ha portato il sapere creato dai movimenti sociali all’interno dell’accademia. Così sono nati (nel mondo anglosassone) i dipartimenti dedicati agli studi di genere.

La teoria del gender, dunque, è una vera e propria invenzione atta ad alimentare la polemica e a perpetuare l’annosa dicotomia tra maschio e femmina, senza prendere in considerazione tutte le molteplici e variegate sfumature del continuum costituito dalle identità di genere. Il sesso biologico, secondo questa teoria, sarebbe, appunto, l’unico indicatore di riferimento: l’identità sessuale non si crea, ma si riceve.

Come abbiamo spiegato, però, non vi è nulla di innato, per quanto riguarda la nostra identità: vi è solo un coacervo di imposizioni sociali, influenze esterne e costrutti artificiali che mutano nel corso del tempo e che, spesso, non ci consentono di sentirci totalmente liberi di esprimerci. Quello che conta, infatti, è solo come si percepiamo. Tutto il resto è solo oppressione.

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