Essenzialismo di genere, quel limite che divide il mondo tra maschi e femmine

L'essenzialismo di genere è una teoria vetusta (ma ancora pericolosa) che rintraccia, nelle differenze anatomiche tra i sessi, la "giustificazione naturale" di una differenza tra maschi e femmine, ritenendo che esistano solo due generi distinti da caratteristiche fisse, immutabili e intrinseche. Vediamo di che cosa si tratta nel dettaglio.

Ancor prima di nascere, a plasmare le nostre vite e i nostri successivi comportamenti vi è un binarismo di genere che impone una dicotomia dalla quale sarà molto complesso affrancarsi: quella che prevede l’esistenza di solo due generi, maschile e femminile.

Tale visione affonda le proprie radici nell’idea secondo cui i corpi e i sessi (intendendo, con questi ultimi, un allineamento tra sesso biologico e identità di genere) siano caratterizzati da differenze naturali e intrinseche, dalle quali originano i ruoli sessuali specifici.

Si parla, così, di essenzialismo di genere: una linea di demarcazione tra uomini e donne che si considera innata, fissa e immutabile. Com’è nata questa convinzione e quali sono le sue conseguenze? Vediamolo insieme.

Che cos’è l’essenzialismo di genere?

Come accennato, l’essenzialismo di genere è una teoria vetusta (ma ancora pericolosa) che rintraccia, nelle differenze anatomiche tra i sessi, la “giustificazione naturale” di una differenza tra maschi e femmine.

Secondo tale prospettiva, la sessualità è considerata alla stregua di un “dato”, ossia una serie di caratteristiche stabilite, naturali e fisse che definiscono la realtà a partire dalle gerarchie esistenti in termini corporei. Il sesso diviene, in questo modo, una categoria astratta e universale, che determina, di conseguenza, l’espressione di genere, i comportamenti, il modo di agire, pensare e parlare, i ruoli previsti culturalmente per uomini e donne e così via.

Di qui, il diffondersi di una visione dicotomica di genere, dove una categoria esiste solo in quanto contrapposta all’altra nella cornice di una relazione gerarchica: i soggetti sono, così, tenuti ad acquisire ruoli di genere statici e prestabiliti, dove uno dei due (quello maschile) risulta predominante e l’altro (quello femminile) derivato. Qualsiasi altra sfumatura non è contemplata.

Il concetto di genere e la sua storia

Ma il genere, che cos’è? Ce lo spiega con esattezza la definizione contenuta nella guida stilata dalla Società Italiana di Psicoterapia per lo Studio delle Identità Sessuali:

[Il genere è] l’insieme delle differenze tra uomini e donne, che ogni società costruisce a partire dalla propria concezione delle differenze tra corpo maschile e femminile. Tali differenze consistono in tutti quei processi – psichici, interpersonali, comportamentali e di presentazione di sé – con i quali le società trasformano i corpi sessuati (maschio/femmina/intersessuale) in identità personali socialmente riconosciute (uomo/donna) e organizzano la divisione dei ruoli e dei compiti tra donne e uomini, differenziandoli dal punto di vista sociale l’uno dall’altra.

Ne deriva, dunque, che, in sé, il genere non sia qualcosa di definitivo e globalmente valido, bensì consista in un prodotto socio-culturale che dipende dai significati e dalle interpretazioni elaborati dal contesto sociale di riferimento.

Fin dalla più tenera età, quindi, noi apprendiamo a fare i maschi e le femmine, adeguandoci ai condizionamenti e alle richieste del nostro ambiente culturale e imparando a riconoscere le informazioni e le indicazioni sociali relative a ciò che si intende generalmente per “maschio” e “femmina”.

Le conseguenze dell’essenzialismo di genere

In base alla teoria essenzialista, allora, a esistere vi sarebbero solo due generi: quello maschile e quello femminile. Tutto ciò che vi è “nel mezzo” e che si riferisce a identità ben precise e degne di essere riconosciute non viene considerato.

Come si può facilmente intuire, le conseguenze di una visione profondamente rigida e monolitica come quella dell’essenzialismo di genere sono molteplici, e anche molto gravi. Una convinzione di questo tipo – radicata e pervasiva, come ancora risulta essere nella società contemporanea -, infatti, conduce inevitabilmente a episodi di omofobia, transfobia, discriminazione e violenza verbale e fisica nei confronti di tutte le persone che esulano da questo binario e appaiono “diverse” rispetto alla cosiddetta “norma”.

Come sottolinea su Gay.it Vitto, attivista, content creator e insegnante di yoga e filosofia indiana:

Questo concetto obsoleto può promuovere ipotesi bislacche su come le relazioni dovrebbero funzionare, per esempio chiedendo a una coppia di donne gay sposata “Ma chi di voi è il marito?”, presumendo che il tradizionale ruolo maschile sia necessario per un matrimonio di successo. Ciò implica, inoltre, che una delle due dovrebbe svolgere il ruolo maschile, qualunque cosa significhi.

Ma, continua Vitto:

L’essenzialismo di genere non è supportato da prove, bensì è un sistema comune di pregiudizi che influenza ancora oggi il funzionamento del mondo. Le persone che si identificano come non binarie rifiutano esplicitamente la definizione di essenzialismo di genere, rinunciando a identità maschili e femminili, o abbracciandole entrambe o cambiandole come delle t-shirt. Le persone che si identificano come uomini o donne possono anche rifiutare le norme di genere degli essenzialisti, attraverso azioni, credenze e comportamenti.

Come superarlo e decostruirlo

E risiede proprio in quest’ultima frase il segreto per decostruire e superare l’essenzialismo di genere: ciascun individuo, infatti, ha il potere di rifiutare il binarismo di genere ribellandosi ai dettami imposti, mettendo in discussione il sistema in cui esso si esplica.

Si tratta, appunto, di un atto di solidarietà collettiva e rispetto, il cui obiettivo è quello di raggiungere e realizzare la condizione sociale in cui tutti i soggetti possano esprimere senza costrizioni o remore il proprio essere più autentico e la propria identità, privi del timore di non essere riconosciuti o considerati degni perché “al di fuori” della dicotomia tradizionalmente tramandata e cristallizzata.

Un lavoro che possiamo svolgere tutti, ogni giorno, mediante piccole o grandi azioni quotidiane e attraverso l’educazione delle nuove generazioni, alle quali è necessario insegnare la tolleranza, il rispetto e l’inclusività. In qualsiasi ambito e contesto.

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