Cosa significano eteronormatività e cisnormatività: perché bisogna riconoscerle

Una società fondata sulla cisnormatività porta a considerare normale solo ciò che rientra nel binarismo di genere, ma questo provoca serie conseguenze a livello socio-culturale e una mentalità discriminatoria, spesso inconsapevole.

Per quanto non sempre sia facile riconoscerlo, proprio perché da sempre è la norma, quella in cui ci troviamo oggi è ancora una società profondamente fondata sul binarismo di genere.

Nonostante sia maggiore e più profondo ai giorni nostri l’impegno nel riconoscere l’esistenza di una pluralità di voci, fino a ora inascoltate e invisibili, ogni aspetto della realtà sociale continua ad essere costruito sul modello di quella dualità di maschile e femminile, con cui da millenni facciamo i conti e che, appunto, è diventata la norma, l’unico parametro attraverso cui leggere, concepire e costruire la realtà. Tutto ciò che trascende queste due categorie rientra nell’accezione del diverso, assume il significato di eccezione, e come tale viene trattato.

È proprio questa premessa ideologica che ha portato alla nascita delle parole “eteronormatività” e “cisnormatività“, che descrivono una realtà basata sulla convinzione secondo cui le persone eterosessuali e cisgender siano la “norma” e che inevitabilmente esclude, o comunque non considera appieno, tutto ciò che trascende questi standard. Vediamo più nello specifico di che si tratta e le importanti ripercussioni di questi dogmi sociali.

Cosa significa cisnormatività?

Come accennato, la parola cisnormatività indica il presupposto secondo cui la persona cisgender venga considerata la norma, ossia il dare per scontato che tutti si identifichino con il genere assegnato loro alla nascita, e conseguentemente, privilegiare queste categorie di individui rispetto a qualsiasi altra forma di identità di genere, formalmente non riconosciuta.

Per cisgender si intende una condizione in cui vi sia concordanza tra l’identità di genere di un individuo, il comportamento e il ruolo considerato appropriato per il genere assegnato alla nascita. La condizione di concordanza coinvolge dunque il livello biologico, così come l’identità personale e il ruolo sociale.

Nella definizione, divenuta ormai nota, di Calpernia Addams, attrice, produttrice americana e attivista del movimento transgender, il cisgender è “qualcuno a proprio agio con il proprio genere biologico“.

Da questo assunto deriva appunto il binarismo di genere, ossia il considerare il genere solo nelle sue due accezioni di maschile e femminile, non accogliendo tutto ciò che non è binario, e la conseguente e intrinseca genderizazzione della società.

Il concetto di cisnormatività è strettamente legato alla teoria dell’essenzialismo di genere, secondo cui ci sarebbero precise caratteristiche biologiche e comportamentali innate e universali legate al genere, rispettivamente presenti negli uomini e nelle donne, tali da distinguerli in due differenti categorie identitarie e con precisi ruoli sociali.

Un cambiamento di prospettiva, rispetto a questa porzione, è iniziato a emergere verso la metà del XX secolo, soprattutto durante il femminismo di seconda ondata degli anni ’60-’70 e, in particolare, con Simone de Beauvoir le cui idee hanno portato a credere che le differenze di genere fossero costruite socialmente, e cioè che le persone si conformassero gradualmente alle differenze di genere attraverso la loro esperienza del mondo sociale.

Questo concetto viene esplicitato bene nel saggio di de Beauvoir dal titolo “Donna non si nasce, lo si diventa”, lavoro fondamentale alla base della decostruzione del determinismo biologico e dei futuri studi di genere. Questo un pensiero centrale che riassume in nuce il fondamento ideologico della sua teoria:

Donne non si nasce, lo si diventa. Nessun destino biologico, psichico, economico definisce l’aspetto che riveste in seno alla società la femmina dell’uomo; è l’insieme della storia e della civiltà a elaborare quel prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna.

Più recentemente, la filosofa e teorica di genere Judith Butler, prendendo spunto proprio dalla fenomenologia di de Beauvoir, arriva a teorizzare la teoria della costruzione del genere o performatività di genere. Secondo Butler, come descrive nel suo saggio Performative Acts and Gender Constitution“, le persone costruiscono il proprio genere eseguendolo, ossia, nella sua ottica diventerebbe una ripetizione performativa di atti associati a uomini e donne, una rappresentazione di nozioni interiorizzata di norme di genere. Ancora una volta, dunque, si dà rilevanza alla dimensione sociale, trascendendo la questione biologica, fino a non molto tempo prima, corollario divenuto legge al pari delle norme fisiche.

Cisnormatività ed eteronormatività

Specularmente a questo termine, che riguarda l’ambito dell’identità di genere, vi è quello di eteronormatività, che, con un significato simile, si riferisce però all’orientamento sessuale.

L’eteronormatività è quindi la convinzione che l’eterosessualità sia l’unico orientamento sessuale possibile, e che le relazioni sessuali e sentimentali riconosciute e considerate appropriate siano solo quelle tra persone di sesso opposto. In questo caso, proprio come succede con la cisnormatività, il modello societario considera la norma l’eterosessualità e la privilegia pertanto rispetto a qualsiasi altra forma di orientamento sessuale, di fatto non del tutto riconosciuto né accettato.

Le conseguenze della cisnormatività

Emerge dunque come a oggi ci troviamo ancora in una società che è costruita su questi due sistemi ideologici e che continua a plasmarsi su un modello binario e genderizzato e un orientamento eteronormato. A partire dalla nascita, con l’assegnazione di quel colore preciso corrispondente al nostro genere, e per tutta la vita siamo, più o meno inconsapevolmente, guidati da stereotipi culturali e sociali fondati sul genere, che influenzano la nostra esistenza, dalle scelte alle carriere scolastiche fino ai percorsi professionali. In una parola, il nostro futuro.

Questo presenta importanti ripercussioni sulla vita dei singoli, dalle persone non cisgender, che si ritrovano a vivere in prima persona condizioni discriminatorie, alle persone cisgender e la società nel suo complesso, che continua a reiterare quei modelli discriminatori, precludendosi la possibilità di un’apertura inclusiva che celebri finalmente la parità dei diritti e ponga fine a ingiustizie e disuguaglianze.

Una delle più importanti conseguenze che una società fondata sulla cisnormatività può provocare in persone non cisgender è la non accettazione di sé, che non di rado si trasforma in transfobia interiorizzata, ossia un forte disagio nei confronti della propria identità trans, proprio perché non conforme alla norma stabilita dalla società, e pertanto da questa esclusa, non riconosciuta e discriminata. Un disagio che si manifesta a più livelli e intensità con conseguenze più o meno gravi che toccano ogni ambito, da quello personale a quello relazionale: da una scarsa autostima, sfiducia nelle proprie capacità e tendenza alla svalutazione, a un senso di imbarazzo e vergogna, fino a sbalzi di umore, stati di ansia e sindromi depressive, unite a isolamento, stress e difficoltà nell’iniziare o portare avanti relazioni soddisfacenti.

Dall’altro canto, una società che continua a considerare normale il binarismo di genere, escludendo e catalogando come anomalo e diverso chi non si sente a proprio agio con il genere assegnato alla nascita, porterà a reiterare all’infinito processi discriminatori – più o meno espliciti e consapevoli e dalle forme più o meno gravi, fino, purtroppo, alle violenze estreme – nei confronti di persone non binarie e genderless, che si vedranno negati diritti, libertà e percorsi di vita e potranno sentirsi maggiormente inibiti a percorrere certe strade utili ai fini dell’affermazione di sé.

In questo scenario non possiamo dimenticare che tali discriminazioni si attuano già nella primissima infanzia, con un sistema educativo e scolastico fondato sulla genderizzazione che insegna ai più piccoli che ci sono due corsie preferenziali del genere e che con quelle si devono identificare. L’educazione, come la società, è anch’essa fondata sulla cisnormatività e solidifica quelle convinzioni stereotipate e discriminatorie su cui si costruisce la società in un circolo vizioso continuo e senza fine.

Ecco perché, insieme a un concreto impegno, anche e soprattutto dal punto di vista normativo e legislativo, di governi e istituzioni, risulta fondamentale un cambiamento culturale che parta dai primi anni di scuola, perché la sensibilità nei confronti di un approccio inclusivo ed equo diventi la norma e possa non soccombere o sgretolarsi di fronte alle convenzioni sociali fondate su quegli stereotipi, veicolo di disuguaglianze e discriminazione.

Come contrastare una società fondata sulla cisnormatività

Come appena accennato, risulta essenziale agire dall’infanzia attraverso un ripensamento dei programmi e dei linguaggi scolastici, che si fondino su una cultura inclusiva che si svincoli finalmente da una concezione genederizzata.

Accanto a questo, il ricorso a un linguaggio aperto e inclusivo che “veda”, abbracci e legittimi l’esistenza di tutte le diversità, partendo proprio dal piano linguistico, molto può fare per mettere in atto quel cambiamento culturale auspicato. Le parole infatti, hanno il potere di rendere visibile, fare esistere, dare vita. Maneggiarle e sceglierle con cura può contribuire a formare, specie nella mente dei più piccoli, pensieri e convinzioni libere da pregiudizi e discriminazioni.

Per lo stesso motivo, è bene eliminare dal vocabolario termini svalutanti e discriminatori e offese basate sul genere, spesso usate con intento ironico, che solidificano però credenze discriminatorie e formano precisi modi di vedere e concepire la realtà.

Anche rispettare la scelta delle persone transgender e rivolgersi a loro con i pronomi da loro indicati è un gesto dall’importantissima rilevanza sociale: permette di legittimare e riconoscere l’esistenza di ciò che trascende il binarismo di genere, un primo passo per togliere a quest’ultimo lo status di norma.

È evidente poi il ruolo fondamentale dei media e della stampa, che devono inevitabilmente mostrarsi inclusivi e dare voce alla pluralità di anime che coesistono oggigiorno nella nostra società, per quanto questa continui a negarlo. In questo senso tantissimo può fare l’attivismo e l’esempio di personaggi noti e dal grande seguito, grazie anche al potere del mondo dei social, in grado di raggiungere soprattutto le nuove generazioni e contribuire a formare in loro nuove consapevolezze e modi di concepire la realtà.

È però essenziale che tutto questo sia accompagnato da un sistema legislativo strutturato, che tuteli e garantisca la parità di diritti e il pieno rispetto di ogni individualità e minoranza. Una necessità che diventa oggi un’urgenza impossibile da rimandare e un atto di civiltà fondamentale.

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