Xenogender, l'identità non binaria che va "oltre la comprensione umana del genere"

Composto dalle parole "xeno", ossia "alieno", "straniero", e "gender", ossia "genere", il termine xenogender si riferisce a tutte quelle persone che si identificano in un genere che "non può essere contenuto dalla comprensione umana del genere, ed è più interessato a creare altri metodi di categorizzazione e gerarchia di genere come quelli relativi ad animali, piante o altre creature/cose". Vediamone i dettagli.

Lo spettro delle identità di genere è variegato, molteplice e in continua evoluzione. Affinché ciascuna persona si senta accolta e a proprio agio, infatti, la comunità LGBTQIA+ vede un emergere perpetuo di nuove definizioni e concetti, al fine di garantire a tutti gli afferenti benessere e riconoscimento.

Tra i termini di recente acquisizione vi è, per esempio, “xenogender”, a indicare un’identità di genere che si pone oltre le consuete categorizzazioni concettuali e sociali. Di che cosa si tratta, nello specifico? Vediamolo insieme.

Che cosa significa xenogender?

Composto dalle parole “xeno”, ossia “alieno”, “straniero”, e “gender”, ossia “genere”, il termine xenogender si riferisce a tutte quelle persone che si identificano – come si legge su Wiki LGBTQIA+ – in

un genere che non può essere contenuto dalla comprensione umana del genere, ed è più interessato a creare altri metodi di categorizzazione e gerarchia di genere come quelli relativi ad animali, piante o altre creature/cose.

Xenogender caratterizza, allora, un’identità di genere non binaria che esula dalla tradizionale dicotomia maschio/femmina e coinvolge, nella profilazione del proprio essere, anche oggetti, concetti, emozioni, idee, animali, vegetali e entità astratte e/o inventate, che travalicano, quindi, il metodo “abituale” di identificazione del sé.

L’etichetta deriva, infatti, dalla necessità di molteplici persone di affrancarsi dal binarismo di genere e individuare la terminologia più appropriata in base alle proprie esigenze identitarie, facendo ricorso alla creatività e alla fantasia e riducendo, così, il gap lessicale che sussiste all’interno del nostro vocabolario.

La storia del termine xenogender

Ma come si è giunti a questa definizione? Il termine è stato coniato nel 2014 dall’utente di Tumblr Baaphomett, proprio per rispondere alle necessità sopracitate relative alla scarsità di definizioni appropriate e funzionali per tutte le persone che non trovavano idonee quelle già esistenti.

Come si legge su Gender Spectrum, infatti:

Non tutti i bambini rientrano perfettamente in un’identità di genere maschile o femminile, trans o meno. Per alcuni bambini, per esempio, il senso di essere “entrambi” o “nessuno dei due” descrive meglio la loro realtà. […] I bambini che si vedono come “nessuno dei due” parleranno spesso di come, indipendentemente dal fatto che siano con un gruppo di ragazzi o ragazze, si sentono come se non si adattassero.

Tuttavia:

Questa non è necessariamente una sensazione triste. Essi vedono solo i bambini intorno a loro e sanno che non sono “Quello”. I bambini in questa categoria spesso appaiono androgini e spesso rispondono alla domanda “Sei un ragazzo o una ragazza?” pronunciando semplicemente il proprio nome (per esempio, “I’m Devon”) o identificandosi alla stregua di animali. Si possono, poi, rappresentare anche come arcobaleni, unicorni o un altro simbolo di loro scelta.

Le persone xenogender, dunque, prediligono parlare di sé facendo riferimento a termini che non hanno nulla a che fare – nel contesto socio-culturale di riferimento – con il genere, a sottolineare, ancora una volta, la natura artificiosa e strettamente sociale del genere stesso.

Xenogender e genere non binario

Come abbiamo visto, xenogender è un termine ombrello volto a indicare tutte le persone non binarie che non rispondono alla contrapposizione consueta tra “maschi” e “femmine” ma, al contrario, rifiutano la dicotomia di genere e definiscono se stesse mediante il ricorso a concetti, cose e altri esseri viventi.

All’interno della cosiddetta xenità, tuttavia, vi possono essere una moltitudine di varianti e di “macrocategorie”. Ecco quelle principali:

  • nomi e archetipi -> alcune persone non binarie trovano più facile percepire o descrivere il senso interiore della propria identità di genere evocando archetipi familiari: anziché fornire riferimenti a come il loro genere si relaziona alla mascolinità e alla femminilità, dicono che il loro genere è, o è come, una specie di animale, un essere immaginario, una parte della natura, un concetto astratto o un simbolo;
  • percezioni estetiche e sinestetiche -> altre persone non binarie, poi, ritengono più naturale percepire o descrivere la propria identità di genere in termini di percezioni simili alla sinestesia, rivolgendosi, per esempio, a consistenza, dimensione, forma, tempo, luce, suono o altre caratteristiche sensoriali che la maggior parte degli individui non attribuisce al genere.

Tra le “microetichette”, invece, troviamo:

  • digigender: un genere che può essere paragonato a concetti digitali come file, virus e malware;
  • ethegender o ethergender: un genere “etereo” che presenta un’essenza che “non può essere contenuta dalla comprensione umana” o non può essere altrimenti spiegata;
  • firegender: un genere “fluido e in costante stato di cambiamento”, proprio come il fuoco;
  • gendervoid: un genere che può essere paragonato al vuoto o all’assenza di genere nel complesso;
  • seagender: genere che può essere comparato a certi aspetti del mare, nello specifico alla sua vastità e alla sua “incomprensibilità”;
  • catgender: un genere che presenta un forte legame – e una conseguente identificazione – con i gatti.
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