Gender bender: trasgredire alle aspettative di genere è una forma di protesta

Da Prince a David Bowie, fino a Liza Minnelli e Harry Styles, sono molte le celebrities – e no – che fanno del gender bender una forma potente di attivismo sociale. Ma in che cosa consiste? Scopriamone i dettagli.

In origine fu Harry Styles. Il cantante e attore britannico è stato, infatti, il primo uomo cui Vogue US abbia dedicato, nel 2020, una copertina: per l’occasione, Styles ha indossato un abito da donna di pizzo targato Gucci, arricchito da una giacca da smoking.

Un “affronto alla mascolinità”, hanno urlato i più conservatori e scandalizzati, che ha, però, reso il cantante 28enne uno dei più strenui promotori di una moda gender neutral che non bada agli stereotipi e ai ruoli di genere e si sente libera di giocare con i capi d’abbigliamento in modo nuovo e originale, superando la dicotomia uomo-donna.

Come ha dichiarato lo stesso Styles, da sempre sostenitore della comunità LGBT:

La cosa davvero eccitante è che tutte queste linee di confine stanno semplicemente crollando. Quando smetti di pensare “Ci sono vestiti per gli uomini e ci sono vestiti per le donne”, una volta che rimuovi queste limitazioni, apri l’arena in cui puoi giocare. Se metti delle barriere nella tua vita, ti stai solo limitando.

Eludere i ruoli imposti, anche dalla moda, e sovvertire le dinamiche trasmesse nei secoli è, dunque, una forma di attivismo fondamentale e incisivo, e ha un nome preciso: gender bender. Scopriamone i dettagli.

Gender bender: che cosa significa?

L’espressione gender bender si è sviluppata nel mondo anglosassone ed è uno dei termini afferenti alla teoria queer. Nello specifico, il concetto significa letteralmente “colui/colui che piega il genere” (risultato di un gioco di parole con il termine denigratorio “bent”, ossia “invertito”) e designa l’atto del rompere gli schemi imposti e rivoluzionare i dettami correlati al genere.

Il gender bender, dunque, è a tutti gli effetti una forma di attivismo sociale, nato per protestare contro la violenza omofobica, misogina e transfobica. Una dura reazione al sistema che si manifesta nel sovvertirne deliberatamente le coordinate castranti, adottando in maniera sfrontata comportamenti e attitudini che si discostano dalla “mascolinità” e “femminilità” in senso stretto.

Lo scopo è, appunto, quello di andare oltre il binarismo di genere, mettendo in discussione quelli che, per secoli e decenni, sono stati i modelli di riferimento e ispirazione per uomini e donne. Un ventaglio di possibilità precluso alle persone queer o questioning, le quali possono, ora, sentirsi finalmente libere di esprimersi come preferiscono, sentendosi a proprio agio nel reagire ai ruoli imposti da una società che non le rappresenta.

Gender bender e ruoli di genere

E sono proprio i ruoli di genere che il bender gender intende criticare e mettere in difficoltà, andandone a debilitare le fondamenta su cui si erigono.

Chi decide di definire se stesso gender bender, infatti, si sottrae alla sequela di comportamenti e ruoli attesi e previsti per il sesso assegnatogli alla nascita, a prescindere da quella che, effettivamente, è la sua identità di genere.

Per esempio: ci si aspetta che un uomo assuma atteggiamenti decisionali, assertivi, competitivi, aggressivi e dominanti, che non si lasci scalfire dalle emozioni e dalle proprio vulnerabilità e che sia, di conseguenza, sempre “forte”, deciso e pronto ad affrontare qualsiasi sfida, agendo in modo autonomo e privo di dubbi.

Al contrario, la donna è percepita come estremamente affabile, timida, compassionevole, fragile, talvolta ingenua e avulsa dalla realtà, perché maggiormente “sensibile” rispetto agli altri e, in generale, più remissiva e scevra di una vera e propria autodeterminazione e forza decisionale.

Chi sceglie di eludere queste “inclinazioni” e di rompere gli stereotipi di genere correlati ai “ruoli” è, perciò, visto come riottoso e lontano dalle regole, “diverso” dalla maggioranza ma, proprio per questo, deciso a protestare contro una società che non gli appartiene, facendo del gender bender una rigorosa forma di attivismo sociale.

Gender bender nella cultura di massa

Nel corso degli anni, sono stati molti coloro che, soprattutto nella cultura di massa, si sono resi strenui sostenitori del gender bender.

Uno dei primi fu Prince, il cantautore, polistrumentista e produttore discografico statunitense a cui ogni etichetta stava “stretta”. Ne erano un esempio i suoi pantaloni a zampa, i lunghi caftani e l’utilizzo di abiti dai colori accesi e l’eyeliner, che hanno sempre reso il suo stile libero e privo di coordinate facilmente decifrabili, rendendolo l’artista poliedrico e iconico che tuttora ricordiamo.

Un altro emblema del gender bender è stato David Bowie, il cantautore inglese di fama mondiale che ha sempre giocato con le regole imposte, divertendosi a sovvertirle e a confondere chi lo osservava e facendosi manifesto di una sessualità libera e “ambigua” l’uso originale di trucco, abiti femminili e atteggiamenti rivoluzionari.

Alla lunga lista si aggiungono, poi, anche personalità quali Lady Gaga, che ha sempre fatto della diversità la sua cifra stilistica, Annie Lennox, mito della musica anni ‘80 e ‘90 da sempre avversa al patriarcato e alla società eterocentrica, con i suoi capelli corti così “ribelli” per l’epoca, e poi, ancora, gli eccentrici Boy George, Grace Jones, Judy Garland, Katharine Hepburn, Liza Minnelli e la camaleontica Marlene Dietrich, femme fatale ma anche amante degli abiti maschili e fonte di scandalo.

Come ha dichiarato lei stessa:

Gli abiti da donna portano via troppo tempo, c’è da sfinirsi quando si va a comprarli… poi gli stili cambiano e bisogna fare tutto da capo. Gli abiti maschili invece li posso portare quanto mi pare.

Insomma: celebrities o meno, tutti dobbiamo sentirci liberi di esprimerci come desideriamo. Anche a costo di sovvertire vetuste regole imposte.

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