Qualcuno forse ricorderà Frank T.J. Mackey, interpretato da Tom Cruise in Magnolia. Molti di più, probabilmente, penseranno al volto bonario di Will Smith in Hitch. Quando parliamo di pick up artist, però, ci riferiamo a un fenomeno molto più reale, che più che con le commedie romantiche ha a che fare con un movimento – a metà tra il coaching motivazionale e la setta – che insegna agli uomini a trattare le donne come oggetti sessuali, intriso di misoginia e stereotipi.

Chi sono i pick up artist?

Letteralmente i pick up artist (o PUA) sono gli “artisti del rimorchio”, che insegnano ai neofiti le regole della seduzione promettendo di trasformarli nella “versione migliore di loro stessi”, in grado di conquistare – leggi “portare a letto” – qualsiasi donna.

Il termine pick up artist risale agli anni ’70 e alla diffusione di Come essere un seduttore di donne di Erik Webber. La community dei PUA si è sviluppata poi nel 1992, quando Ross Jeffries – a cui il personaggio interpretato da Tom Cruise è dichiaratamente ispirato – ha pubblicato How to Get the Women You Desire into Bed, Come portare a letto le donne che desideri, un libro dal titolo che è tutto un programma.

La vera esplosione del fenomeno è arrivata però nel 2005, con la pubblicazione di The Game di Neil Strauss, la “bibbia” degli artisti del rimorchio.

La scienza della seduzione – o “il gioco”, per l’appunto, come viene anche definito dai cultori – è un caleidoscopico mix di tecniche motivazionali e psicologia, sociologia, persino fisiologia e neurolinguistica per dare una parvenza scientifica all’arte del rimorchio.

Le tecniche per far capitolare ogni donna vengono svelate ai cosiddetti “sfigati ordinari (o medi) frustrati” (in inglese AFC, Average frustrated chump) attraverso blog, workshop, incontri one-to-one e bootcamp con i guru del pick up, organizzati da vere e proprie accademie del rimorchio.

A fondare la prima è stato proprio Neil Strauss, che aperto “The Stylelife Academy” negli USA, mentre a portare la pick up art in Europa è stata PUATraining, che mette a disposizione degli aspiranti Pick Up Artist corsi base e intensivi, centinaia di articoli sul blog, una mailing list, un gruppo Facebook privato «dove potrai scambiare opinioni, condividere esperienze di vita ed organizzarti per uscite insieme con tanti altri ragazzi desiderosi di migliorarsi come te».

Non solo: dal sito è anche possibile scaricare gratuitamente il libro L’arte della seduzione e il Glossario dei termini più usati nel mondo della seduzione e del pick-up, un elenco di acronimi e dei loro significati.

Le “tecniche” dei pick up artist

Le strategie utilizzate dai pick up artist – presentate come scientificamente affidabili – si rifanno alla cosiddetta programmazione neurolinguistica (o NLP) applicata all’arte del rimorchio: per migliorare le proprie tattiche di seduzione, infatti, sarebbe necessaria la conoscenza della connessione tra processi neurologici, linguaggio e comportamento.

Diverse scuole di pensiero propongono diverse modalità di approccio ma, tendenzialmente, le tecniche dei pick up artist intervengono su due livelli, sul miglioramento dell’individuo (gioco interiore) e sulle sue tattiche di approccio (gioco esteriore). Un termine non casuale visto che molto del linguaggio dei pick up artist richiama il lessico militare: le donne altro non sono che target, bersagli.

Si va da consigli spiccioli (“cura il tuo look”, “scegli un taglio di capelli”, “diventa loquace”) e incomprensibili suggerimenti motivazionali (“dimostra energia maschile”), a spiegazioni pseudoscientifiche sull’utilizzo del linguaggio del corpo e del contatto visivo fino a vere e proprie “aperture e routine” attraverso cui approcciare una donna.

Un’attenzione particolare è dedicata al linguaggio del corpo, sia per interpretare quello del “bersaglio”, sia per assumere una postura e un atteggiamento tipici dei “maschi alfa”, quelli desiderati dalle donne.

Per esempio, è possibile imitare il body language degli uomini autoritari, che

trasudano vibrazioni da maschio alpha, sono circondati da persone che subiscono la loro influenza e sono loro a condurre lo show. Le donne amano la sicurezza, la sensazione di un uomo forte che si prenda cura di loro.

Come?

Atteggiamento forte con gambe e spalle larghe, petto in fuori, forte contatto visivo, tocca le altre persone in maniera autoritaria (es. colpetti sulla spalla o sul petto ad altri ragazzi).

Oppure quello del “tipo da party”:

Rilassato, intorno a donne bellissime parla con loro da amico, usa kino, sorride e stabilisce un contatto visivo intenso. Si dimostra soprattutto spensierato, si diverte sempre, parla con tutti, gira per il locale come se fosse a casa sua.

“Kino” è un termine che fa parte del gergo dei pick up artist: è una parola che deriva dalla PNL e

significa cinestetico, e cioè tutto ciò che ha a che fare con il tatto. Con il termine kino si intende infatti il tocco, il toccarsi e anche sfiorarsi. Punto di fondamentale importanza per la riuscita di un pick up solido, così come l’EC (Eye Contact, Contatto Visivo).

La community di PUA utilizza un lessico specifico (in parte, come abbiamo visto, declinato da quello militare, ma anche sportivo ed economico), attraverso cui vengono etichettate tecniche, strategie, situazioni e, ovviamente, anche le persone.

Ad essere classificati non sono soltanto i vari maschi alpha e beta ma anche, e soprattutto, i bersagli: quelli ideali sono definiti HB, Hot Babe, solitamente classificate con un voto da 6 a 10 (es. HB7 eccetera). A non raggiungere questo punteggio sono le UG, Ugly Girl, la cui “ripugnanza” riceve voti da 1 a 5: nei casi estremi si utilizza il termine warpig “maiale da battaglia”.

Gli acronimi sono tantissimi e vengono combinati tra loro dando vita a un linguaggio da iniziati che rende lapalissiana la misoginia di cui la community è intrisa. Un esempio?

Cockblock, bloccacazzo. È un ostacolo che si frappone tra il PUA e il target e tenta sistematicamente di sabotare il pick up. Tipico esempio è la warpig che accompagna un HB8 in un set da due (il set è il gruppo di persone che viene avvicinato dal PUA).

Pick up artist, misoginia e stereotipi

Quello appena citato è solo uno degli innumerevoli esempi di linguaggio misogino, ma potremmo continuare a lungo.

Per mostrare quanto sia problematico – e niente affatto innocuo – il mondo dei pick up artist, però, non serve nemmeno analizzare il lessico utilizzato: è la stessa concezione delle donne che vi sta a alla base ad essere intrinsecamente misogina. Le donne sono solo bersagli, oggetti (sessuali) da conquistare attraverso strategie studiate per farle capitolare. Ma veramente una donna incontrata per strada «non è una dea, ma una persona normale, come te, con le sue paure e le sue insicurezze, che non aspetta altro che qualcuno la approcci e sconvolga la sua vita»?

Oggettificazione, sessualizzazione, manipolazione, stereotipi sui generi e sulle dinamiche relazionali: ecco su cosa si appoggia l’arte della seduzione. Non sorprende, quindi, che spesso i PUA orbitino intorno alla cosiddetta manosphere, tra cui vari gruppi MRA (per i diritti degli uomini) e comunità incel.

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