
Misoginia: le società fondate sull'odio (che è paura) della donna

Le donne, storicamente, hanno dovuto lottare moltissimo per avere accesso ai diritti che, invece, per gli uomini sono sempre stati banali e scontati.
Pensiamo ad esempio alle grandi battaglie sociali per l’istruzione, per frequentare le scuole di medicina e specializzarsi nelle professioni mediche, fino alle più grandi per il diritto al voto e l’emancipazione, anche sessuale e non solo economica.
Insomma, più di una volta il cammino delle donne alla ricerca di uguaglianza e di diritti civili e umani è stato in salita, costellato di ostacoli, e, nonostante i prestigiosi traguardi raggiunti, la strada verso un totale abbattimento culturali delle barriere maschiliste sembra ancora piuttosto lunga e tortuosa.
Non è passato molto tempo da quando, nel nostro stesso Paese, la donna veniva considerata alla stregua di “accessorio” del marito, dagli anni in cui l’unica fonte di sostentamento economico poteva essere rappresentato dal padre di famiglia, se non in rari ed eccezionali casi, ne è passato ancora meno da quando sono stati aboliti il raccapricciante matrimonio riparatore, grazie anche all’impegno e al coraggio di donne ribelli come Franca Viola, e il delitto d’onore: l’abrogazione, per entrambi, risale addirittura al 1981, dopo il referendum che sancì la legalità del divorzio (1974), dopo la riforma del diritto di famiglia (legge 151/1975), e dopo il referendum sull’aborto, che permise di arrivare alle legge 194.
Il pretesto di una maggior forza e prestanza fisica maschile, o di una presunta superiorità sessuale, oltre a essere retaggi culturalmente primordiali ma quantomai resistenti, hanno però fornito per decenni l’impronta a una società che ancora oggi fatica a liberarsi del tutto delle sue tracce maschiliste. E, nella costruzione di un’idea di comunità a netta predominanza di cromosoma Y, a giocare un ruolo preponderante è stata spesso anche una buona dose di misoginia, che arriva a considerare le donne non solo come inferiori, ma come un vero e proprio oggetto di odio.
Con il termine misoginia, derivante dal greco μισέω misèō, “odiare” e γυνή gynḕ, “donna”, si indica un vero e proprio sentimento di odio o avversione nei confronti delle donne, che si tramuta conseguentemente in un atteggiamento di livore e può essere portato avanti indifferentemente da uomini o altre donne.
I misogini indirizzano il proprio odio verso le donne come gruppo, per questo non è detto che una persona misogina non possa intrattenere relazioni amorose o affettive con una donna in particolare.
La misoginia è però da intendersi come un atteggiamento individuale, a differenza del maschilismo che, proprio come il femminismo, indica invece generalmente un atteggiamento culturale, non necessariamente accompagnato da odio (indipendentemente dalle accezioni positive o negative che se ne possano dare).
Indagare sulle cause della misoginia in maniera scientifica e rigorosa è ovviamente impossibile, dato che le ragioni che possono sviluppare un tale atteggiamento sono principalmente di tipo psicologico, e possono essere di svariata natura: ad esempio, alcuni sviluppano misoginia dopo aver vissuto esperienze personali traumatiche, ma indubbiamente anche gli aspetti culturali propri o tramandati dai propri avi possono contribuire a trasmettere e a perpetrare questo tipo di atteggiamento, insieme a rivalità insite in ambiti familiari e sociali, o al modo in cui si usa vivere la competizione, sul piano passionale o nel contesto lavorativo.
Ci sono però anche spiegazioni più “tecniche”, come quella data da Sigmund Freud, secondo cui sarebbe addirittura l’omosessualità la chiave del fenomeno: l’incapacità di accettare la propria libido e di nasconderla a se stessi, secondo il fondatore della psicoanalisi (che dava una notevole importanza alla sfera sessuale nello studio della natura umana), farebbe infatti scattare l’odio negli uomini che vorrebbero trovarsi nei panni delle donne, e negli omosessuali che, non potendo ammettere apertamente il loro desiderio, finiscono con il riversare sul genere femminile la frustrazione di non poterne fare parte.
In qualunque modo la si pensi, è però indubbio che la misoginia può avere davvero ripercussioni importanti nella sfera delle relazioni, e anche nella costruzione stessa di una vita in società.
Pensiamo a uno dei contesti in cui è più normale che uomini e donne si confrontino, e che perciò può dare adito ad atteggiamenti misogini, peraltro spesso nascosto sotto le vesti di un sano “atteggiamento competitivo”, ovvero il lavoro. Ancora oggi, l’impronta maschilista sul fronte professionale è decisamente forte, tanto che temi cari alle femministe 2.0 sono il raggiungimento della parità salariale o delle posizioni dirigenziali/manageriali, così come l’eliminazione del gender digital divide.
Chiaro, quindi, che la convivenza nel luogo di lavoro sia comunque piuttosto complessa, anche in virtù di queste considerazioni: ma il vero problema sorge nel momento in cui la rabbia del misogino scaturisce dalla sensazione che la donna “non stia al suo posto”. Il che significa, tradotto in parole molto semplici, non che una singola donna prenda iniziative giudicate eccessive rispetto al suo ruolo, ma che, nella mente del misogino, l’intera gerarchia lavorativa sia basata sulla predominanza maschile rispetto alla componente femminile e che, qualora ciò non si verifichi, questo sia per lui motivo di rancore.
Come detto, però, maschilismo e misoginia sono andati spesso di pari passo, soprattutto nel passato, in alcuni casi, soprattutto nella religione, mentre continuano a essere due facce, pericolose e deleterie, della stessa medaglia ancora oggi, in alcune società, soprattutto di quelle che fanno proprio della religione la legge principale, e la applicano in modo estremista. Inutile, ma comunque importante, ricordare che, naturalmente, l’appartenere a una religione non faccia automaticamente di un uomo un misogino, e che alla base di tale atteggiamento ci siano componenti assolutamente individuali accentuate inevitabilmente dal prototipo culturale cui si è sottoposti.
Le abbiamo raccontate in gallery, in un viaggio tra misoginia di un tempo e misoginia ancora, purtroppo, attuale.
L’uomo, ben prima che arrivassero religioni e culture, ha da sempre avuto la tendenza a sottomettere la donna e a tenerla sottomessa. In ciò non può non aver avuto un ruolo fondamentale la componente sessuale, che per millenni ha permeato tutta la struttura sociale. Il fatto è che tra uomini e donne non esistono differenze tali da giustificare una “superiorità naturale”, e l’appello a doti fisiche diverse poteva andar bene giusto nei tempi della Preistoria, non con l’evoluzione sociale e civile del genere umano. Perciò tale differenza si è fatta sempre più artificiale che naturale e come tale è divenuta assai precaria. Gli uomini hanno tendenzialmente puntato a trasformare un modello di ruoli solo sessuale in uno schema sociale, etichettandolo come naturale, servendosi talvolta di un complesso di sovrastrutture che giustificassero in qualche modo tale schema. Di lì l’uso pretestuoso di superstizioni, credenze religiose, le associazioni donne=diavolo, utili a “tenere le donne al loro posto”, che in realtà ha sempre nascosto il timore di essere raggiunti – e superati – dalle donne. Da qui l’odio. Perché solo ciò che ci incute timore può suscitarci odio e i misogini hanno sempre temuto le donne perché consapevoli che la loro “inferiorità” fosse solo una farsa.
A fomentare tale visione misognina, le tre grandi religione monoteiste hanno dato il loro contributo, cristianesimo compreso. Nonostante alcune studiose abbiano cercato di fornire una rilettura della Bibbia in chiave femminista, val la pena ricordare che nella Genesi stessa c’è l’attribuzione alla donna del primo peccato, che rende sospette tutte le figlie di Eva e le connota, fin dalla loro nascita, con un marchio d’infamia. Tanto che nelle Scritture si legge che dopo la nascita
L’impurità della madre dura 7 giorni; 14 per una bambina. La sua purificazione esige 33 giorni per un maschio, ma per una femmina 70.
Levitico 12: 2-6
Altri riferimenti, nella Genesi, durante la scelta che l’aspirante fidanzato fa rispetto alla donna prescelta dal padre.
Lui gli passa al naso un anello e la porta via
Genesi 24: 47
Da quel momento la donna è una sua proprietà:
Tu non desidererai la donna del tuo vicino, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né niente che gli appartenga.
Esodo 20: 17; Deuteronomio 5: 21.
La misoginia biblica emerge poi chiaramente nel Libro dei Proverbi:
La donna è frivola, stupida e ignorante.
Proverbi 9: 13
Un esempio iconico di come il cristianesimo si sia impegnato per mantenere entro i limiti concessi la donna è la cosiddetta caccia alle streghe.
I ruoli prefissati della donna erano quelli di madre, figlia o vedova, vergine o prostituta, santa o strega, ma soprattutto alle donne era vieta la libertà di scegliere per la propria vita. Chi non rientrava nell’iconografia classica della vergine Maria, o della devota Eva, moglie e madre, era considerata sospetta e, quindi rifiutata da una società in cui il potere maschile era assoluto. Nel Malleus Maleficarum (letteralmente “Il martello delle malefiche”, cioè “delle streghe”), un trattato in latino pubblicato nel 1487 dai frati domenicani Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer, si legge a proposito delle donne:
Si può notare che c’è come un difetto nella formazione della prima donna, perché essa è stata fatta con una costola curva, […] come se fosse contraria all’uomo. […] Fu Eva a sedurre Adamo, e siccome il peccato di Eva non ci avrebbe portato alla morte dell’anima e del corpo se non fosse seguita la colpa di Adamo, cui questi fu indotto da Eva e non dal diavolo, perciò la donna è più amara della morte […] perché la morte è naturale e uccide solo il corpo, ma il peccato, che è cominciato con la donna, uccide l’anima […] e perché la morte corporea è un nemico manifesto e terribile, mentre la donna è un nemico blando e occulto. […] E sia benedetto l’Altissimo che […] ha voluto nascere e soffrire per noi in questo sesso (maschile) e perciò lo ha privilegiato.
Anche l’Islam di Maometto non si dimostra tanto tenero con le donne, dato che lo stesso profeta dice di loro:
Ho visto che la maggior parte di coloro che sono nel fuoco dell’inferno sono donne… [Poiché] esse sono ingrate verso i loro mariti e deficienti in intelligenza e religione. Esse sono pericolose e impure nei loro corpi e nei loro pensieri. Io non tocco la mano delle donne e bisogna impedire loro d’imparare a scrivere.
L’Islam è, ad oggi, considerata una delle culture in cui la misoginia sia più forte e radicata: colpa anche del Corano, che afferma il principio d’inferiorità sociale della donna:
Gli uomini sono superiori alle donne per le qualità per cui Dio li ha posti al di sopra di esse, e perché gli uomini impiegano i loro beni per dare la dote alle femmine. Le donne virtuose sono obbedienti e sottomesse […].
In paesi come l’Arabia Saudita alle donne è proibito girare per strada senza la compagnia di un uomo, mentre solo da pochissimo tempo hanno avuto il diritto di prendere la patente. Nella società islamica le donne restano spesso a casa per educare i bambini e sbrigare le faccende domestiche, e solo l’uomo ha il diritto di ripudiarle, mediante il rito del ṭalāq.
Riguardo all’adulterio, il Corano distingue se a farlo è una donna o un uomo: nel primo caso, è confinata in casa fino alla morte, mentre l’uomo viene perdonato se prova il proprio pentimento.
Da sottolineare anche il ricorso all’infibulazione e alle pratiche di mutilazione genitale femminile, che dipendono proprio dal fatto che la donna non debba trarre piacere dal rapporto sessuale, funzionale solo alla procreazione.
Sul velo, il Corano dice
Alle credenti di abbassare lo sguardo, di non mostrarsi con ciò che hanno. Che esse abbassino i loro veli sul loro seno […]
Un’importante distinzione va però fatta tra i Paesi musulmani e gli Stati islamici, che fondano la propria autorità sulla legge islamica, ovvero la Charia. La quale, spesso, ha portato a sentenze decisamente misogine negli stati che la praticano. Alcuni esempi:
Storicamente gli ebrei sono stati poligami, e potevano ripudiare una moglie con il minimo pretesto, ad esempio per un cibo troppo cotto o troppo salato. Si lapidava la donna adultera e
La giovane sposa trovata non vergine
Deuteronomio 22: 21
Nel Talmud, il libro sacro dell’ebraismo, si legge addirittura una frase come
Tanto vale spezzare le Tavole della legge piuttosto che spiegargliele.
Per il Creatore le donne sono state create solo per essere fecondate, così da poter trasmettere alle generazioni la fede di un tempo. Anche se bella, è giudicata sempre pericolosa:
Il suo sguardo è una rete, i suoi seni una trappola, le sue braccia catene
Mentre, moralmente,
Vale più la malizia d’un uomo che la bontà d’una donna
Ecclesiaste 42: 14
In Nepal esiste la pratica del Chaupadi, di cui ci siamo occupati anche in questo articolo.
Si tratta di una tradizione tipica delle famigli hindu, secondo cui le donne con le mestruazioni devono essere isolate, dato che il sangue è considerato impuro.
Queste donne vengono segregate per tutta la durata del ciclo in minuscole capanne, al freddo e affamate. La testimonianza di una di loro ha portato allo scoperto una verità agghiacciante, in cui la misoginia è ancora terribilmente forte:
Se tocchiamo un uomo o qualsiasi altra cosa si trovi in casa, si crede che la contaminiamo, se cuciniamo o usiamo l’acqua dei pozzi e delle cisterne comuni, il nostro dio, Debti, ci punirà. Le nostre gambe e braccia verranno torte e ci verranno cavati gli occhi. La frutta marcirà, le mucche non daranno più latte, i pozzi si seccheranno, le nostre case bruceranno e le tigri ci attaccheranno nella notte.
Rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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