Great Gloom, cos'è la Grande Tristezza che attanaglia lavoratori e lavoratrici

Con il termine "Great Gloom" (dall'inglese great, "grande", e gloom, "infelicità", "perdita di speranza", "preoccupazione") ci si riferisce a quella serie di emozioni negative - quali, ad esempio, la tristezza, la frustrazione e una generale sensazione di disagio - che accompagnano una persona sul posto di lavoro. Vediamo di che cosa si tratta nello specifico e come si può affrontare.

Insoddisfazione e lavoro sono due termini che, ormai, viaggiano insieme sempre più spesso. Svegliarsi svogliati all’idea di andare in ufficio, privi di motivazione e desiderosi solo di tornare a casa il prima possibile è, infatti, una sensazione che sta divenendo sempre più pervasiva e perniciosa per il benessere psicofisico dei lavoratori.

Questo stato d’animo ha anche un nome specifico: “Great Gloom”, ossia la “Grande tristezza”. Vediamo di che cosa si tratta nel dettaglio e come può essere affrontata.

Great gloom: cosa significa e cos’è

Con il termine “Great Gloom” (dall’inglese great, “grande”, e gloom, “infelicità”, “perdita di speranza”, “preoccupazione”) ci si riferisce a quella serie di emozioni negative – quali, ad esempio, la tristezza, la frustrazione e una generale sensazione di disagio – che accompagnano una persona sul posto di lavoro.

La “Grande tristezza”, sempre più diffusa soprattutto tra i Millennial e la GenZ, si inserisce nel solco tracciato, nel corso degli anni post-Covid, dalla “Great Resignation” e dal “Quiet Quitting”, ovvero le dimissioni di massa, da un lato, e l’attenersi strenuamente alle ore previste dal contratto (senza straordinari o lavoro inteso come “ragione di vita”), dall’altro.

Un emblema di tale condizione è circolato in rete negli ultimi mesi del 2023, quando una ragazza americana, la 21enne Brielle Asero, ha pubblicato un video di sfogo su TikTok in cui ha raccontato quanto fosse estenuante la vita da pendolare per recarsi in ufficio e trascorrervi il canonico orario 9-17, a totale scapito della propria vita personale. Come spiega lei stessa:

È il mio primo lavoro dopo il college. Salgo sul treno alle 7:30 e non torno a casa prima delle 18:15. Non ho il tempo né l’energia di fare nulla – dice nel video – Quando arrivo a casa voglio lavarmi, mangiare e andare a dormire. Non ho voglia di cucinarmi la cena o di fare sport. Il turno 9-17 è folle, come si possono avere amici, appuntamenti? Non ho tempo per dedicarmi ad altro che non sia lavorare e riposare.

Le cause e le ragioni del Great Gloom

Alla base della “Great Gloom”, vi sono, senza dubbio, gli elementi tradizionali del malessere lavorativo, ovvero: precariato, contratti discutibili, stipendi bassi e non commisurati all’impegno profuso e alle competenze, stage non retribuiti, scarsa o assente flessibilità, mancato equilibrio tra vita lavorativa e vita privata e affini.

Aspetti posti in risalto dal Covid e dal correlato periodo di smart working, che ha avuto il potere di sovvertire le regole del lavoro e di far conoscere strade alternative, tra la comodità della propria casa e la possibilità di svolgere i propri compiti e le proprie incombenze letteralmente ovunque ci fosse una connessione internet.

Peccato che, al rientro alla “normalità”, molte aziende non abbiano mantenuto la duttilità conquistata durante la pandemia, costringendo i propri collaboratori e dipendenti a sottostare nuovamente a modalità professionali castranti e deleteri per il benessere dei lavoratori stessi.

Quali sono i settori più colpiti dalla “Grande tristezza”?

Ma quali sono i dati di questa “Grande tristezza”? Ce li rivela BambooHR, società tecnologica statunitense specializzata in software per le Risorse Umane che, mediante la sua piattaforma, ha rilasciato il primo Employee Happiness Index, un rapporto trimestrale che analizza l’eNPS (Employee Net Promoter Score), ossia la lealtà dei dipendenti nei confronti di un’azienda, e la loro correlata soddisfazione.

Ciò che è emerso è uno scenario allarmante, basata sulla disamina, condotta in un periodo di tempo compreso tra gennaio 2020 e giugno 2023, le risposte di circa 57.000 dipendenti, assunti in più di 1600 aziende e afferenti a otto settori dissimili (edilizia, tecnologia, viaggi e ospitalità, finanza, cibo e bevande, no profit, istruzione e assistenza sanitaria), non solo negli Stati Uniti, ma anche a livello internazionale.

In seguito alla raccolta dati, si è evinto che, dall’inizio della ricerca, l’eNPS è diminuito di circa il 16%, mentre da giugno 2022 a giugno 2023 ha visto una decrescita dell’11%, sgretolandosi a un ritmo di quasi quindici volte più veloce rispetto ai due anni precedenti considerati insieme.

I settori più colpiti sono i seguenti:

  • quello sanitario, caratterizzato da salari sempre più bassi, carenza di organico e aumento repentino delle responsabilità;
  • quello dell’istruzione, con una contrazione del 5%;
  • il settore finanziario, che tra chiusura delle banche, riduzione dei capitali delle venture capital, ritorni in sede e licenziamenti di massa, ha visto una decrescita della soddisfazione lavorativa dell’11%.

Seguono, poi, le organizzazioni no profit e il settore viaggi e ospitalità, l’ambito dei ristoranti, del cibo e delle bevande, l’edilizia e la tecnologia.

Le possibili soluzioni al Great Gloom

Come si può rispondere all’insoddisfazione provata dai lavoratori contemporanei? Secondo Giacomo Spazzini, imprenditore e fondatore di GS Loft, le soluzioni potrebbero essere le seguenti:

  • dedicare tempo e professionalità al benessere dei propri dipendenti e collaboratori, non solo attraverso una palestra aziendale o abbonamenti convenzionati, ma anche mediante la promozione di formazione, assistenza e motivazione costante, al fine di portare i dipendenti a comprendere i benefici dell’allenamento e applicarlo, così, nella loro routine;
  • curare l’alimentazione, affinché questa sia sempre sana ed equilibrata, anche sul posto di lavoro. Al via, quindi, dialoghi con nutrizionisti e specialisti del settore, in grado di fornire percorsi alimentari personalizzati, nonché di suggerire alle mense aziendali una dieta bilanciata, salubre e orientata all’aumento della produttività e della concentrazione;
  • lavorare sulla prevenzione, ossia consentire ai propri dipendenti di dedicare alcune giornate a esami, analisi e controlli di routine, per prevenire malesseri e giorni di malattia futuri e ridurre anche lo stress cronico di basso grado, la causa principale di organismi perennemente infiammati, invecchiamento cellulare e cali cognitivi.

Che cosa fare se si è insoddisfatti al lavoro?

E se a essere colpiti dalla “Grande tristezza” siamo proprio noi? Il primo passo è prenderne, come sempre, consapevolezza, e comprendere le motivazioni alla base del malessere: lo stipendio non rispecchia le nostre mansioni? Il clima in ufficio è teso e poco collaborativo? Il nostro titolare ha le idee poco chiare sul nostro ruolo e non ci dà il giusto valore?

Una volta individuata la causa, un tentativo può essere quello di parlarne apertamente, con le Risorse Umane, un collega di riferimento o il nostro datore di lavoro, al fine di esplicitare senza timori il nostro stato d’animo. Al contempo, risulta, infine, di fondamentale importanza nutrire il nostro corpo e il nostro spirito svolgendo attività appassionanti al di fuori dell’orario lavorativo, in grado di aumentare il nostro benessere generale e ripristinare l’equilibrio tra vita professionale e privata.

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