L’insoddisfazione sul lavoro è un fenomeno diffuso. Non lo dimostrano solo il fenomeno della Great Resignation, le grandi dimissioni che hanno portato milioni di persone a lasciare il posto di lavoro, o le diverse strategie di sopravvivenza che diventano altrettanti trend TikTok, ma anche i dati.

Secondo una ricerca MAW, solo tre persone su 10 sono pienamente soddisfatte della propria posizione lavorativa e circa una su due si sente abbastanza apprezzato e stimato sul posto di lavoro.

L’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, invece, ha rilevato che appena l’11% dei lavoratori appaga le tre dimensioni del benessere occupazionale: psicologica, fisica e relazionale. Quasi un italiano su 2 risulta insoddisfatto e l’incidenza sale al 77% se si parla di under 27. Ma quali sono le cause? E come cambiare le cose?

Insoddisfazione sul lavoro: le possibili cause

Ci sono diverse cause che possono portare un lavoratore a essere insoddisfatto: mancate prospettive di crescita o di carriera, incapacità di bilanciare dimensione lavorativa e vita personale, carichi di lavoro eccessivi o ambienti di lavoro tossici, in cui capi, responsabili e colleghi rendono difficile svolgere le proprie mansioni serenamente. Nei casi peggiori, molestie sessuali, bullismo e mobbing.

Secondo una ricerca di Personio, il 23% di chi ha lasciato il lavoro dopo la pandemia lo ha fatto a causa del peggioramento dell’equilibrio tra la vita privata e quella lavorativa mentre il 21% della cultura tossica sul mondo del lavoro. Uno dei fattori principali, però, è quello economico.

Una ricerca Changes Unipol ha mostrato che quasi la metà degli italiani (44%) è insoddisfatto della propria retribuzione, senza differenze per genere ma con picchi più alti tra i giovani della Gen Z (51%). La retribuzione, secondo lo studio, sarebbe il driver principale di scelta nella valutazione di un’offerta di lavoro, staccando di netto gli altri criteri. Un dato confermato dalla ricerca MAW, secondo cui il 76% degli intervistati cerca uno stipendio adeguato.

L’impatto sulla salute mentale e fisica

Stress, insonnia, ansia, depressione. L’insoddisfazione sul lavoro spesso ha effetti sulla salute mentale ben oltre l’orario d’ufficio.

Livelli di stress elevati possono anche danneggiare la salute fisica, con sintomi come mal di testa, nausea e dolori generali. Lo stress può indebolire il sistema immunitario e aumentare il rischio di malattie cardiache.

Anche dormire male la notte può avere un impatto sull’umore, sulla produttività e sul funzionamento del nostro cervello. Quando non dormiamo abbastanza, questo influisce sul nostro giudizio, sulla motivazione, sulla memoria e sulla concentrazione, spiega la psicologa Christine Keller, che aggiunge:

Fare un lavoro che odi ogni singolo giorno può metterti in uno stato di disperazione. L’accumulo di stress è inevitabile. Quando siamo stressati ci sentiamo irritabili e ciò danneggia sia il nostro benessere psicologico che quello fisico. Lo stress può causare problemi digestivi, affaticamento, problemi di concentrazione e altro ancora.

L’impatto sulla salute, però, è anche a lungo termine, tra cui malattie e aumento di peso:

Essere infelici sul lavoro ti rende suscettibile alle malattie perché le emozioni negative e lo stress indeboliscono il tuo sistema immunitario. Quando odi il tuo lavoro, il rischio di malattie cardiache, depressione e altri problemi di salute mentale è significativamente più alto.

Sentirti giù al lavoro può anche portarti a iniziare a trovare conforto nel cibo. «Questo fenomeno è noto come alimentazione da stress, che può farti aumentare di peso», ha detto Keller. Ha aggiunto che la mancanza di attività fisica dovuta alla mancanza di energia può anche far aumentare di peso. «Sentirsi svuotati al lavoro risucchia tutta la tua energia, quindi non te ne resta per altre cose, come l’esercizio fisico».

I fattori che possono portare soddisfazione lavorativa

Attraverso un sondaggio, nel 2015 la Society for Human Resource Management ha identificato i dieci principali fattori che contribuiscono alla soddisfazione lavorativa dei dipendenti.

Concentrandoti su questi fattori, le aziende possono avere un impatto positivo e misurabile sui livelli di soddisfazione di chi lavora per loro, mentre per i dipendenti possono essere un modo per valutare cosa non funziona e se e su quali aspetti concentrarsi per cambiare le cose.

  • Trattamento rispettoso del personale a tutti i livelli dell’organizzazione
  • Fiducia tra dipendenti e dirigenti
  • Benefit (permessi retribuiti, assistenza sanitaria, orari flessibili, piani familiari)
  • Retribuzione complessiva
  • Sicurezza sul lavoro
  • Rapporto con il supervisore immediato
  • Opportunità di applicare capacità e abilità
  • Le idee sono rispettate dal supervisore immediato
  • Stabilità finanziaria dell’organizzazione
  • La performance è riconosciuta dal management

3 possibili soluzioni all’insoddisfazione sul lavoro

Quiet thriving

Uno dei possibili approcci è quello che viene definito quiet thriving, che Miranda Kyte, esperta di tendenze di carriera, ha definito come «fare tutto il possibile per trovare appagamento sul lavoro e rimanere motivati». Un approccio che spiega, ha un duplice vantaggio: «Avere una visione positiva e godere del proprio lavoro aumenta la tua autostima e migliora la tua salute mentale, mentre impegnarti pienamente nel tuo lavoro ti aiuta a raggiungere il tuo potenziale e a progredire nella tua carriera». Come farlo? Evitando di puntare a cambiamenti rivoluzionari e concentrandosi sulle piccole modifiche che ispirano passione e produttività: il rapporto con i colleghi, la celebrazione dei propri successi, l’assunzione di nuove responsabilità.

Quiet quitting

Quello che molti datori di lavoro hanno fatto passare per l’approccio dei “fannulloni” – il quiet quitting – è in realtà un approccio nuovo al modo in cui viviamo e pensiamo il lavoro. Non si tratta, infatti, come potrebbe suggerire il nome di abbandonare il posto di lavoro, né di fare il minimo indispensabile per non essere licenziati, quanto piuttosto di evitare il burnout lavorativo, dando priorità alla propria salute mentale e al benessere personale, limitandosi a svolgere i propri compiti e le proprie mansioni ma rifiutano l’idea della overperformance appresa attraverso la hustle culture.

Lazy girl jobs

Uno stipendio adeguato combinato alla possibilità di coltivare il proprio benessere personale è l’obiettivo di chi, su TikTok ma anche nella vita reale, cercano lavori da “ragazza pigra”. Quali sono? Quelli con orari fissi 9-18, retribuzione dignitosa e buoni benefit, poche responsabilità e rischio di burnout basso: assistente amministrativa, receptionist, customer service manager, ma anche assistente marketing e content creator e simili. Attenzione, però, dicono alcune esperte: non è vero empowerment, ma potrebbe mettere a rischio le conquiste femminili nel mondo del lavoro.

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