La giustizia climatica pianta le sue radici negli anni ’60, nell’attivismo per i diritti civili, ma è negli anni ’80 negli Stati Uniti che il concetto acquista rilevanza: le comunità di colore si mobilitarono contro lo scarico di sostanze chimiche tossiche nelle loro aree di residenza per portare alla luce quanto fossero colpite più duramente dagli effetti dell’inquinamento.

Nel tempo il termine si è ampliato considerando tutti gli effetti del cambiamento climatico e vedendo nel rispetto per l’ambiente la chiave per raggiungere l’equità sociale.

Giustizia climatica, cos’è? Una definizione

La giustizia climatica mette in evidenza una delle più grandi sfide del nostro tempo, il cambiamento climatico, e si basa sui concetti di giustizia sociale e ambientale. Il concetto evidenzia le questioni etiche e di diritti umani in relazione agli effetti del cambiamento climatico.

Alla base c’è il riconoscimento che coloro che sono meno responsabili del cambiamento climatico ne subiscono le maggiori conseguenze negative sulla loro vita e il loro benessere.

Come evidenziato nel report Climate change and social justice: an evidence review,

la giustizia climatica consiste nel garantire, sia collettivamente che individualmente, che abbiamo la capacità di prepararci, rispondere e riprenderci dagli impatti del cambiamento climatico e le politiche per mitigare o adattarsi ad esso, tenendo conto delle vulnerabilità, delle risorse e delle capacità esistenti e previste.

La vulnerabilità agli impatti negativi dei cambiamenti climatici è infatti distribuita in modo diseguale ed è influenzata da una combinazione di fattori personali (ad esempio età e stato di salute), sociali (sesso, reddito, forza delle reti sociali) e ambientali. Il report sottolinea anche come coloro che sono più vulnerabili tendono ad avere una voce limitata o nulla nelle decisioni politiche e pagano proporzionalmente di più per attuare politiche che delineano strategie di adattamento e mitigazione.

A necessitare di giustizia climatica non sono solo le popolazioni che vivono in paesi con risorse limitate, bensì anche le comunità tribali che vivono in aree del pianeta ricche di risorse che vengono ampiamente sfruttate dai paesi del Primo mondo.

La giustizia sociale riguarda il trattamento equo e il coinvolgimento di tutte le persone e le comunità nello sviluppo, nell’implementazione e nell’applicazione di leggi, regolamenti e politiche.

Cosa comprende la giustizia climatica?

Gli effetti dei cambiamenti climatici sono in grado di inasprire problematiche sociali complesse e difficili da risolvere soprattutto in certe aree del globo. Ecco quali sono:

1. Capacità di adattamento

Condizioni climatiche estreme possono distruggere case e infrastrutture, e il cambiamento dei modelli meteorologici può ridurre la resa dei raccolti e rendere alcune condizioni impraticabili. Mentre i paesi più ricchi possono essere in grado di adattarsi a queste nuove circostanze, quelli più poveri stanno già lottando con l’aumento dei prezzi dei generi alimentari, la scarsità d’acqua e la riduzione dei raccolti.

2. Accesso al cibo

I raccolti essenziali, come il grano e il mais, sono già stati influenzati negativamente dal cambiamento climatico e un ulteriore aggravarsi della situazione avrebbe conseguenze devastanti sull’approvvigionamento della popolazione che non riuscirebbe a trovare delle fonti alternative per il sostentamento non avendo mezzi economici e risorse sufficienti. Anche le comunità costiere che vivono di pesca sono messe a dura prova, perché mareggiate, inondazioni e l’innalzamento del livello del mare devastano gli ecosistemi marini mettendo a rischio le loro vite.

3. Diritto alla salute

L’accesso e la fornitura dei servizi medici di base diventano sempre più difficoltose in quelle aree del mondo che risentono maggiormente degli effetti dei cambiamenti climatici. Condizioni sanitarie già precarie si aggravano a tal punto da indebolire in modo consistente la popolazione che vede peggiorare le patologie già esistenti assistendo anche all’aumento delle malattie.

4. Lotta alla povertà

La giustizia climatica è legata anche alla lotta alla povertà e nel tempo gli sforzi per ridurla subiscono dei rallentamenti consistenti, o delle vere battute d’arresto, ogni volta che un cataclisma di portata sempre maggiore si abbatte sulle popolazioni più bisognose di aiuto. Lo sviluppo economico viene compromesso e la possibilità di vedere miglioramenti concreti alle proprie condizioni di vita diventa remota. La forbice delle disuguaglianze sociali invece che ridursi si allargherà ulteriormente vanificando i passi fatti fino a quel momento.

5. Giustizia razziale

Come evidenziato in un articolo di Carmen G. Gonzalez della Loyola University Chicago School of Law, il problema dell’ingiustizia climatica è legato anche alla discriminazione razziale: la questione è infatti iscritta nella storia del capitalismo, dove la colonizzazione delle Americhe e la tratta transatlantica degli schiavi hanno posto le basi materiali e ideologiche di un sistema basato sull’estrazione, l’accumulo attraverso l’espropriazione e la supremazia bianca.

A seguito di uno studio dell’Haas Insitute del 2017, nella stragrande maggioranza dei casi, sono le persone di colore ad essere più suscettibili ai disastri legati al clima e agli eventi a insorgenza lenta perché risiedono in zone costiere a bassa quota, in piccoli stati insulari e nei territori dipendenti dall’agricoltura, aree tenute costantemente sotto scacco dai potenziali disastri ambientali.

6. Parità di genere

Anche la parità di genere è un tema centrale nella giustizia climatica. Come evidenzia Oxfam America nel report Climate Change & Woman, le donne, assieme ai bambini, sono i soggetti più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici. In queste situazioni di emergenza è tutt’altro che rara la violenza domestica e/o sessuale assieme alla privazione di assistenza sanitaria e ostetrica. Le donne sono costrette ad abbandonare l’istruzione (o non ne hanno proprio accesso) pur di risparmiare sui costi oppure per aiutare la famiglia nella raccolta dell’acqua e in qualsiasi attività necessaria per sopravvivere.

Il World Economic Forum riporta che meno del 20% della terra nel mondo è di proprietà delle donne, le quali, a seguito di eventi naturali ed economici catastrofici, fanno un’estrema fatica a riprendersi. In paesi come l’Africa poi, soprattutto in determinate aree come il Kenya, le agricoltrici sono fortemente discriminate e l’unico modo che hanno per accedere alle terre è tramite il marito o i figli, ma riuscire a ottenere la proprietà dei terreni è molto difficile.

La giustizia climatica può fare molto anche per le donne, spezzando un ciclo vizioso in cui gli viene impedita la propria emancipazione, oltre al mancato coinvolgimento nei processi decisionali in materia di cambiamenti climatici.

Giustizia climatica: perché è importante

L’impatto degli eventi climatici estremi ha delle conseguenze anche sul benessere in senso più ampio: dall’interruzione dell’istruzione delle bambine e dei bambini alla perdita di controllo sulla propria routine quotidiana, per chi è sotto il mirino dei cambiamenti climatici il senso di incertezza e frustrazione hanno effetti profondi anche sulla psiche.

La giustizia climatica è importante perché può creare le condizioni per lo sviluppo dell’individuo a 360°, migliorandone le condizioni perché riguarda il diritto di tutti ad avere una comunità, a vivere con dignità indipendentemente dalla parte del mondo in cui si è nati:

La giustizia climatica ci aiuta a contestualizzare gli impatti significativi del cambiamento climatico che stiamo già sperimentando oggi. – spiega la Dottoressa Adelle Thomas di Climate Analytics – Possiamo riconoscere meglio che gli impatti del cambiamento climatico sono vissuti in modo molto diverso da una famiglia a medio reddito in un paese sviluppato rispetto a quelli di un povero migrante nel mondo in via di sviluppo. Riconoscere questi impatti differenziali deve portare ad un’azione climatica giusta ed equa che affronti i bisogni di coloro che sono ingiustamente messi a rischio.

La giustizia climatica è infatti lo strumento attraverso il quale comprendere le conseguenze dei cambiamenti climatici sulle popolazioni ed elaborare assieme a loro dei piani di azione e delle politiche che rafforzino la resistenza delle comunità più vulnerabili. Fare questo è compito dei paesi del Primo Mondo, che oltre a detenere le risorse economiche e banalmente il potere a livello globale, sono i maggiori responsabili dei cambiamenti climatici e delle loro conseguenze.

Questa presa di coscienza è essenziale: la Scozia ad esempio, sembra avere fatto da apripista a livello europeo, impegnandosi non solo a raddoppiare il fondo per la giustizia climatica a 24 milioni di sterline, ma instaurando anche una partnership con il Climate Justice Resilience Fund per sostenere le comunità e affrontare le perdite e i danni, supportati dall’investimento di 1 milione di sterline.

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