Parità di genere, i 5 obiettivi e perché è il quinto goal dell'Agenda ONU 2030

Le Nazioni Unite hanno posto, tra le proprie priorità da raggiungere entro il 2030, la parità di genere, funzionale alla creazione di un mondo più sostenibile, equo e prospero di opportunità. Per tutte le fasce della popolazione.

Nel settembre 2015, i 193 Paesi membri dell’ONU hanno sottoscritto l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Il documento si suddivide in 17 Sustainable Development Goals (SDGs), per un totale di 169 traguardi da raggiungere, appunto, entro il 2030.

Volontà dell’Agenda è, infatti, quella di creare le condizioni per un mondo più sostenibile, pacifico e florido di opportunità per tutte le fasce della popolazione internazionale, in grado di elidere le disuguaglianze economiche, contrastare il cambiamento climatico e garantire il rispetto dei diritti umani.

Per questo, gli obiettivi stilati seguono i risultati degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio che li hanno preceduti e, al contempo, rappresentano finalità comuni a tutti i Paesi e individui membri delle Nazioni Unite: la lotta deve essere condivisa e nessuno ne è escluso.

Neanche le donne. Il quinto “goal” dell’Agenda 2030 è, appunto, relativo al raggiungimento della parità di genere, ulteriormente compromessa a causa della pandemia di Covid-19. Un dato significativo, che sottolinea l’urgenza di politiche in grado di livellare le disparità e promuovere lo sviluppo lavorativo, umano e sociale delle donne di tutto il mondo.

Gli obiettivi del goal “Gender Equality”

Come si legge sul sito dell’ONU:

La parità di genere non è solo un diritto umano fondamentale, ma una base necessaria per un mondo pacifico, prospero e sostenibile.

Un diritto che non trova ancora pieno rispetto in nessun ambito delle nostre esistenze, nonostante non siano mancati lievi progressi. Nel corso degli ultimi decenni, infatti, i Paesi di tutto il mondo hanno registrato una diminuzione delle bambine e delle ragazze costrette a matrimoni combinati, un aumento della scolarizzazione femminile e delle donne in posizioni apicali e una maggiore sensibilità nei confronti di leggi direzionate alla parità di genere.

Tutto ciò, però, non è sufficiente. Soprattutto in questo periodo storico, dove l’emergenza sanitaria sta incrinando più di prima la situazione già critica delle donne di tutto il mondo, vittime di un sistema soggiogante e di dinamiche patriarcali rese ancora più evidenti dalla pandemia stessa.

Dall’acuirsi della violenza domestica ai bisogni crescenti delle persone anziane, dal maggiore precariato lavorativo al peso mentale correlato alla cura dei membri della famiglia, sono ancora molti, quindi, gli ambiti in cui è opportuno intervenire al fine di introdurre una maggiore parità di genere e un rispetto dei diritti umani fondamentali delle donne.

Come riporta sempre l’ONU, infatti:

Le donne non sono solo le più colpite da questa pandemia, ma sono anche la spina dorsale della ripresa nelle comunità. Mettere le donne e le ragazze al centro delle economie porterà a risultati di sviluppo migliori e più sostenibili per tutti, sosterrà una ripresa più rapida e rimetterà il mondo nella giusta prospettiva per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

UN Women, l’organizzazione delle Nazioni Unite riservata all’uguaglianza di genere e all’emancipazione delle donne, ha, dunque, individuato le priorità su cui è necessario focalizzarsi da qui al 2030:

  • Eliminare tutte le forme di discriminazione contro le ragazze e le donne di tutto il mondo;
  • Eliminare tutte le forme di violenza, domestica e pubblica, compresa la tratta e lo sfruttamento sessuale (o di altro tipo);
  • Eliminare tutte le forme di pratiche dannose, dai matrimoni combinati, forzati e precoci alle mutilazioni genitali femminili;
  • Riconoscere e valorizzare il lavoro domestico e l’assistenza non retribuita, mediante la fornitura di infrastrutture, servizi pubblici e politiche di protezione civile e la promozione della responsabilità condivisa in ambito familiare;
  • Garantire la totale ed effettiva partecipazione delle donne, nonché pari opportunità di leadership, a tutti i livelli del processo decisionale, in contesti economici, politici e pubblici;
  • Garantire l’accesso alla salute sessuale e ai diritti riproduttivi;
  • Garantire riforme per concedere alle donne pari diritti e accesso alle risorse economiche, alle proprietà e al controllo della terra e di altre forme di proprietà, nonché servizi finanziari, eredità e risorse naturali;
  • Promuovere l’emancipazione femminile migliorando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione;
  • Promuovere leggi e politiche sane e applicabili per garantire l’uguaglianza di genere, a tutti i livelli.

Disparità di genere: dove, come, perché

A corroborare l’esigenza della parità di genere e di un mondo maggiormente egualitario e rispettoso, ci vengono in soccorso alcuni dati emblematici.

Il primo. Secondo quanto riportato dal report Global Gender Gap 2021 del World Economic Forum – impegnato, ogni anno, nella disamina della disparità di genere in 156 Paesi del mondo sulla base di quattro fattori (economia, educazione, salute e politica) –, gli anni necessari per raggiungere la parità sarebbero 135,6, contro i 99,5 stimati in precedenza.

Una situazione peggiorata notevolmente dall’avvento della pandemia, che ha acuito la discrepanza tra uomini e donne a scapito, ovviamente, di queste ultime. A questo proposito, sopraggiunge un altro dato: nel corso del primo anno dell’emergenza sanitaria, le persone che hanno perso il lavoro – come rivela il rapporto Istat dello scorso dicembre – sono state 101.000, di cui 99.000 donne. Ossia: il 70% delle persone inattive o disoccupate a causa della crisi.

Ma non finisce qui. All’inoccupazione si affiancano, poi, anche orari e incarichi ridotti, minore stima e considerazione sul posto di lavoro, un’inclinazione maggiore ad accettare impieghi precari e/o part-time, gap salariale e, nel caso di famiglia e bambini, un carico mentale nettamente maggiore rispetto al partner maschile.

Non stupisce, quindi, che l’Agenda 2030 dell’ONU abbia posto, tra le sue priorità, non solo la diminuzione della violenza e della discriminazione nei confronti delle donne, ma anche un maggior accesso a ruoli di potere e a posizioni apicali, in ambito sociale, economico e familiare, ricorrendo a concetti preziosissimi quali “condivisione”, “emancipazione” e “partecipazione”.

L’augurio è che le parole possano trasformarsi presto in fatti concreti e rivoluzionari, diminuendo la disparità di genere mondiale e riducendo quella faglia che, soprattutto a livello europeo, si impone tra Paesi più avanzati (come Norvegia, Svezia, Finlandia, Francia e Regno Unito) e nazioni in cui le donne sono ancora relegate a retaggi culturali che impediscono loro di avanzare a livello professionale e personale.

Come l’Italia, la quale, sempre in base al World Economic Forum, si attesta al 114esimo posto per partecipazione economica femminile (tra i Paesi peggiori in Europa), con un indice del 61,9%. Insomma, la strada è ancora lunga.

Gli altri obiettivi dell’Agenda 2030

Goals
Fonte: Pexels

Ad accompagnare il quinto obiettivo della lista, vi sono, però, altri 16 Sustainable Development Goals, altrettanto importanti e funzionali al raggiungimento di un mondo più prospero, sostenibile ed equo.

Gli altri “goals” sono, dunque, i seguenti:

  • Sconfiggere la povertà;
  • Sconfiggere la fame;
  • Salute e benessere;
  • Istruzione di qualità;
  • Parità di genere, come abbiamo visto;
  • Acqua pulita e servizi igienico-sanitari;
  • Energia pulita e accessibile;
  • Lavoro dignitoso e crescita economica;
  • Imprese, innovazione e infrastrutture;
  • Ridurre le disuguaglianze;
  • Città e comunità sostenibili;
  • Consumo e produzione responsabili;
  • Lotta contro il cambiamento climatico;
  • La vita sott’acqua;
  • La vita sulla terra;
  • Pace, giustizia e istituzioni solide;
  • Partnership per gli obiettivi.

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