Perché il blackfishing è un 'amore razzista', che offende più che omaggiare

Diffuso soprattutto sui social media, il blackfishing è la pratica in base alla quale influencer, artisti e persone dello spettacolo modificano il proprio aspetto per fingere di essere di colore. Senza considerare, però, l’enorme privilegio di cui godono e l’enorme offesa nei confronti di chi, con quelle caratteristiche, è quotidianamente vittima di razzismo e discriminazioni.

Le frontiere dell’appropriazione culturale non conoscono limiti. Lo dimostra il fenomeno del “blackfishing”, ossia la pratica di truccarsi, vestirsi e/o atteggiarsi di una persona non nera in modo tale da sembrare una persona di colore o di etnia mista.

Il termine, risalente a poco più di due anni fa, è tornato alla ribalta a metà ottobre. Casus belli: il singolo di debutto da solista di Jesy Nelson, ex membro della girlband Little Mix, intitolato Boyz e impreziosito dalla collaborazione di Nicki Minaj.

Nel video, la cantante inglese sfoggia un colorito diverso, molto più scuro e “abbronzato” del solito, labbra carnose, parrucche, treccine e un accento definito “Blaccent” (ossia “black”). Insomma, quella di Nelson sembrerebbe essere un’imitazione – a tratti caricaturale – delle donne di colore, o, perlomeno, un’appropriazione decontestualizzata e inappropriata delle loro caratteristiche. Di qui, l’accusa di blackfishing.

Ma che cos’è questo fenomeno e quali sono le sue peculiarità?

Blackfishing: che cos’è e perché è offensivo

Il termine “blackfishing” è stato coniato dalla giornalista Wanna Thompson nel 2018 e sorge dalla crasi tra le parole “black”, nero, e “catfishing”, espressione che designa il fingersi un’altra persona e, di conseguenza, l’alterare la propria identità sui social media al fine di raggirare altri utenti.

Ed è proprio sui social media che il fenomeno del blackfishing trova il suo terreno fertile. Non è un caso, infatti, che Thompson lo abbia plasmato e utilizzato in riferimento al mondo online, tratteggiando, con tale concetto, tutte le persone che fingono di essere afroamericane ricorrendo a make-up, vestiti, prodotti per capelli e, talvolta, anche a interventi di chirurgia tali da modificare in modo drastico il loro aspetto fisico (dai fianchi al sedere e alle labbra).

Come ha spiegato la giornalista alla CNN:

Il blackfishing si verifica quando personaggi pubblici bianchi, influencer e simili fanno tutto ciò che è in loro potere per apparire di colore, pur se questo significa rendere eccessivamente abbronzata la propria pelle per raggiungere una certa ambiguità e indossare acconciature e vestiti alla moda di cui sono state pioniere le donne nere.

Il blackfishing, dunque, operato soprattutto dalle influencer bianche del settore beauty e fashion – ma anche, più o meno consapevolmente, da attori/attrici, artisti e persone dello spettacolo –, è, come accennato, una pratica legata a doppio filo a quella dell’appropriazione culturale, sebbene esso si prefigga, almeno nei sui intenti, di omaggiare la cultura afroamericana e le sue caratteristiche, notevolmente ammirate e, quindi, esaltate dalle stesse influencer.

Il risultato, tuttavia, è ben lungi dall’amore ostentato. Ciò che ne consegue, infatti, è un “amore razzista”, scaturito dalla volontà di appropriarsi di qualcosa che non si possiede – la cultura, l’aspetto fisico, gli atteggiamenti, lo slang delle persone afroamericane –, in un modo che risulta essere offensivo, irrispettoso e spesso arrogante.

Invece di apprezzare la cultura nera da bordo campo – continua Thompson –, c’è questa necessità di possederla, di parteciparvi senza volere la piena esperienza della “nerezza” e della sistemica discriminazione che ne deriva.

Ad appropriarsi della “blackness” sono, appunto, persone detentrici del privilegio bianco, e, per tale motivo, distanti dal coacervo di persecuzioni, insulti e pregiudizi che proprio quelle caratteristiche da esse apprezzate hanno stimolato – o stimolano, tuttora – in contesti razzisti.

Le conseguenze sono, sovente, paradossali. Ciò che viene apprezzato in casi di blackfishing, infatti, è proprio ciò che provoca discriminazione o sdegno se manifestato dalle persone di colore. Con una differenza fondamentale: per chi finge di essere di colore, quella che indossano è solo una “maschera”, facilmente rimovibile con dischetti di cotone e struccante. Per chi, invece, vive quotidianamente il pregiudizio razziale, la pelle, le labbra carnose e le treccine non sono un vezzo estetico, bensì tratti identitari e solide radici culturali. Il razzismo nei confronti dei quali, però, non può essere facilmente rimosso da nessun dischetto di cotone.

Se lo chiede anche il giornalista Sourov Rayhan:

Perché io ho vissuto ingiustizie proprio per le mie caratteristiche fisiche naturali, mentre gli influencer bianchi sono considerati bellissimi scimmiottando le stesse identiche caratteristiche?

I vip che sono stati accusati di blackfishing

Alle accuse di blackfishing, la cantante inglese Jesy Nelson ha risposto così:

Personalmente, voglio dire che la mia intenzione non è mai stata quella di offendere le persone di colore con questo video e la mia canzone perché, come ho detto, crescendo da ragazza questa è la musica che ho ascoltato. Questi sono i video che ho guardato e ho pensato che fossero i migliori. Per me personalmente, l’hip hop degli anni ‘90 e 2000, la musica r&b, è stata la migliore era della musica. Volevo solo celebrarlo. Volevo solo celebrare quell’era della musica perché è ciò che amo.

Lesy Nelson, però, non è l’unica artista che, mossa dalla volontà di “celebrare” la cultura afroamericana e i suoi rappresentanti, ha peccato di blackfishing. Esempi emblematici sono, infatti, quelli offerti dalla modella svedese Emma Hallberg e dalla sua collega polacca Aga Brzostowska, che, sebbene non abbiano origini africane, ostentano, sui propri social, post e video in cui si atteggiano e si truccano come persone afro-discendenti, scurendosi la pelle con fondotinta di tonalità più accentuate e pettinandosi come le donne di colore.

Facendo proprie le peculiarità di un’etnia dissimile dalla propria, la persona che attua il blackfishing ottiene un effetto estetico di “etnia mista”, una sorta di ambiguità e di “tocco esotico” che, secondo alcuni canoni di bellezza largamente diffusi nella cultura occidentale – e nei suoi media –, renderebbe le donne più belle e attraenti. Senza recare con sé le conseguenze, però, che l’essere nera comporta, bensì mantenendo ben saldo il proprio privilegio di donna caucasica.

Seguaci di un’identità fittizia sono anche le celebri sorelle Kardashian-Jenner, in particolar modo Kylie e Kim, non esenti da molteplici critiche sui social proprio per aver emulato la cultura afroamericana mediante make up, vestiario e comportamenti inappropriati. È la stessa Wanna Thompson a notarlo:

[Le sorelle Kardashian-Jenner] hanno giocato un ruolo fondamentale nel normalizzare o rendere popolare il blackfishing con immagini di se stesse che proiettavano ambiguità razziale. Sono accusate di appropriazione culturale da più di un decennio, e non è un segreto che abbiano adottato molti stili delle donne nere o della cultura nera e che li abbiano resi più appetibili.

È come se, dunque, le persone autrici del blackfishing indossassero una maschera, cui decidono di ricorrere quando e come desiderano.

Il blackfishing – chiarisce, a questo riguardo, la scrittrice Ayanna Thompson, autrice del libro Blackface – rende gli standard di bellezza ancora più aderenti alla “bianchezza”, perché è come se si dicesse: “Wow, lei è così bella, perché è bianca, anche quando indossa la “blackface”. Lascia le donne nere al gradino più basso della desiderabilità. Che cos’è più desiderabile, infatti, se non una bellissima donna bianca che può apparire tale anche tentando di sembrare nera?

La lista di persone dello spettacolo (e non) accusate di blackfishing è, tuttavia, ancora lunga, e include nomi del calibro di Ariana Grande (apparsa su una copertina di Vogue, nel 2019, con una tonalità della pelle più scura del solito), Bruno Mars (imputato di essersi appropriato della cultura nera nel look e nella musica), la cantante australiana Iggy Azalea (con la pelle più scura nel suo ultimo video), e poi, ancora, Elettra Lamborghini, Rita Ora e molte altre.

Come non incorrere nel blackfishing

Il blackfishing si basa sull’appropriazione di elementi (perlopiù) estetici di una cultura minoritaria, in questo caso quella afroamericana. Da molti associato alla messa in scena caricaturale (e prettamente teatrale) del “blackface” – dal quale, però, si discosta per l’intento –, il fenomeno, come visto, trova una presa maggiore nel mondo dei social network.

Per evitare di incorrere in accuse di blackfishing, dunque, è bene avere a mente quali siano gli atteggiamenti e le azioni da eludere per non apparire offensivi e impertinenti. La linea guida da seguire, infatti, è sempre quella del rispetto: ogni azione deve essere effettuata in modo conscio e lucido, consapevole dell’ambito culturale di provenienza e dei significati, sociali e religiosi, che la caratteristica che si vuole omaggiare rappresenta.

Ciò che si potrebbe fare, quindi, è attivare un dialogo con le minoranze e informarsi, conoscere e studiare la storia e le problematiche da cui, a volte ingenuamente, vengono tratti alcuni aspetti culturali, senza ridurli a mere stereotipizzazioni e “vezzi” stilistici dettati dalla moda o dal trend del momento, bensì considerandoli per il background e il retaggio che gli sono propri.

Evitiamo, allora, toni della pelle che non ci appartengono, acconciature lontane dal nostro mondo culturale, vestiario palesemente distante dal nostro stile di vita e, in generale, tutto ciò che può essere ritenuto oltraggioso e fonte di razzismo da parte di etnie dissimili dalla nostra, e detentrici delle peculiarità che ammiriamo.

Seguiamo, pertanto, il buon senso, che suggerirebbe di valorizzare le caratteristiche che ci rendono unici, senza rincorrere dettami di bellezza imposti dalla società e, soprattutto, senza emulare ciò che non ci è proprio. E che potrebbe apparire offensivo a chi, con quelle caratteristiche imitate, vive un’esistenza di discriminazioni e pregiudizi.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!