Quando parliamo di razzismo, la prima manifestazione che viene in mente è quella individuale, in cui alcune persone ne odiano altre, che vengono discriminate, colpite da epiteti violenti o aggredite solo perché appartenenti all’etnia sbagliata.

La discriminazione e le ingiustizie, però, agiscono anche a un livello più profondo, quello del razzismo sistemico, più complesso da individuare e definire ma non meno pericoloso.

Cos’è il razzismo sistemico?

Ci sono molte definizioni di “razzismo sistemico”. Le parole cambiano, ma non il significato di base. Secondo la versione inglese di Wikipedia, si tratta della

formalizzazione di un insieme di pratiche istituzionali, storiche, culturali e interpersonali all’interno di una società che il più delle volte mette un gruppo sociale o etnico in una posizione migliore verso il successo, e allo stesso tempo svantaggia altri gruppi in modo consistente e costante, così che la disparità si sviluppi tra i gruppi per un periodo di tempo.

Non si parla quindi di un odio interpersonale, ma di un vero e proprio sistema in cui cultura, potere, tradizioni, politica e istituzioni si intrecciano, e che mantiene una parte della popolazione (identificata su base etnica) in una posizione svantaggiata, in favore di quella dominante, ovvero bianca.

Secondo Glenn Harris, presidente di Race Forward ed editore di Colorlines, «Il razzismo sistemico sta dando un nome al processo di supremazia bianca».

Alcune persone si interrogano addirittura sull’esistenza di questo fenomeno e criticano il fatto stesso che se ne possa parlare. Questo è legato in parte al fatto che la definizione originaria di razzismo sistemico lo ritenesse l’effetto di una serie di leggi, ordinanze e statuti promulgati da un governo per favorire una parte della popolazione e mantenerne un’altra – quella non bianca – in una posizione di subalternità.

Ovviamente, nel 2020 non si può parlare di razzismo sistemico in questi termini nelle democrazie occidentali, perché nessuna carta costituzionale discrimina esplicitamente le persone non bianche. I dati, però, mostrano in maniera evidente come

il razzismo sistemico crea disparità in molti “indicatori di successo” tra cui la ricchezza, il sistema di giustizia penale, l’occupazione, l’alloggio, l’assistenza sanitaria, la politica e l’istruzione.

Razzismo sistemico: come si manifesta?

Di razzismo sistemico si è parlato molto negli ultimi mesi, soprattutto in relazione alle violenze della polizia nei confronti degli afroamericani e delle conseguenze manifestazioni del movimento Black Lives Matter. Se la violenza poliziesca e l’impressionante numero di omicidi di persone di colore da parte delle forze dell’ordine è una delle manifestazioni più nette e impressionanti del razzismo sistemico, questo però non è che uno degli aspetti in cui esso si concretizza.

Un articolo di Vox ha voluto dimostrarlo attraverso i dati, partendo proprio da da quelli relativi alle forze dell’ordine ma allargando lo sguardo a sanità, governo ed economia per mostrare a quanti livelli queste disuguaglianze permangano. Alcuni esempi?

  • Covid-19: Sono state le popolazioni marginalizzate a subire l’impatto più forte della pandemia: non sono i dati mostrano tassi più alti di ricovero, ma anche un numero sproporzionalmente più elevato di morti. Per questo, si preferisce ormai parlare di sindemia e non di pandemia.
  • Stipendi: Ci sono grosse ineguaglianze legate all’etnia – oltre che al genere – dei lavoratori, anche tra quelli definiti “essenziali” durante la pandemia: secondo l’US Bureau of Statistics,

    nel primo trimestre del 2020, la retribuzione mediana per un lavoratore di sesso maschile di colore di età compresa tra 25 e 54 anni era di 891 dollari a settimana; per un uomo latino della stessa età, era di $ 796 a settimana. Nel frattempo, un uomo bianco della stessa età guadagnava in media 1.128 dollari a settimana. Le donne di tutti e tre i gruppi razziali hanno guadagnato meno dell’uomo bianco medio, con le donne bianche che guadagnano $ 906, le donne nere che guadagnano $ 767 e le donne latine che guadagnano $ 701.

  • Lavoro: Il tasso di disoccupazione è sensibilmente più alto tra le persone di colore, e anche i dati positivi che mostrano come dopo l’intensa contrazione del numero dei lavoratori molti siano riusciti a trovare una nuova occupazione non riguardano questa fascia della popolazione.

    Uno dei motivi per cui i numeri della disoccupazione per i neri americani tendono ad essere più alti, sottolinea Weller, è che i neri disoccupati impiegano in media circa cinque settimane in più per trovare lavoro rispetto ai bianchi americani, secondo i numeri del Bureau of Labor Statistics. Ciò significa più tempo per essere disoccupati e più tempo per sopravvivere con il reddito depresso fornito dall’assicurazione contro la disoccupazione. E quando si tratta di disoccupazione, i divari salariali discussi in precedenza iniziano a colpire anche coloro che sono disoccupati o in congedo.

  • Ricchezza. La sproporzione tra patrimoni e ricchezza delle persone di colore e quelle bianche rimane ancora oggi fortissima:

    I dati della Fed sulla ricchezza delle famiglie statunitensi mostrano che non esiste una misura in base alla quale gli americani di colore si avvicinino alla ricchezza di proprietà degli americani bianchi – un paradigma che ha resistito per secoli. Nell’ultimo trimestre del 2019, i bianchi americani detenevano l’84,2 percento delle attività statunitensi; i neri americani detenevano il 4,8 per cento. I bianchi americani detengono l’85,5% del patrimonio netto del paese; neri americani, 4,2 per cento.

  • Istruzione: La disparità economica e patrimoniale si riflette fortemente sulle possibilità di accedere allo studio e alla necessità di richiedere prestiti studenteschi (oltre che sulla possibilità di restituirli)
    È probabile che coloro che ottengono prestiti abbiano maggiori difficoltà a pagarli rispetto alle loro controparti bianche, perché, ancora una volta, i neri americani guadagnano meno degli americani bianchi con i loro stessi livelli di istruzione e abilità. I giovani neri americani, in particolare, hanno altri oneri di debiti che drenano il loro reddito, in parte perché le loro famiglie avevano meno ricchezza per cominciare. La bassa ricchezza familiare significa che i frequentatori di college neri prendono più prestiti agli studenti rispetto agli studenti bianchi; i dati raccolti da Wesley Whistle della New America hanno rilevato che nel 2016 l’84 percento dei frequentatori di college neri ha preso prestiti agli studenti, rispetto al 67 percento degli studenti bianchi.

Questi, però, non sono che alcune manifestazioni del razzismo sistemico, che influisce profondamente sulla vita delle persone non bianche a tutti i livelli, persino su quello della salute in rapporto alle condizioni ambientali: le popolazioni marginalizzate, infatti, vivono più spesso in aree ad alto inquinamento e sono più soggette a malattie correlate, a causa di politiche governative che riflettono pregiudizi etnici.

Il razzismo sistemico negli Stati Uniti d’America

Gli Stati Uniti d’America è il Paese in cui più evidenti sono gli effetti del razzismo sistemico, un’eredità della schiavitù prima e della segregazione razziale poi.

Le leggi discriminatorie sono state abolite e la maggior parte degli americani bianchi si dichiarano antirazzisti e contro ogni idea di suprematismo bianco.

Tuttavia, questo non significa in alcun modo suggerire che il razzismo non sia prevalente in America oggi. Il “razzismo istituzionale” è piuttosto diffuso nella società americana di oggi ed è stato così fin dagli albori del governo costituzionale degli Stati Uniti. […]
È il razzismo istituzionale che costringe molti agenti delle forze dell’ordine a vedere gli afroamericani come meno umani degli europei americani e quindi l’uso della forza mortale diventa giustificabile anche se una forza meno letale avrebbe potuto essere un’opzione da utilizzare per sottomettere il soggetto afroamericano. È il razzismo istituzionale che costringe molti giudici statali e federali a imporre una pena detentiva di 30 anni a un condannato afroamericano, contro la condanna a 15 anni data alla sua controparte europea per lo stesso identico crimine. È il razzismo istituzionale che fa sentire obbligati ad assumere molti europei americani che lavorano come risorse umane rispetto a un afroamericano anche se quest’ultimo è più qualificato con esperienza e competenze tecniche.

Come ricorda USA Today, le disparità iniziano in sala parto – dove le donne di colore muoiono 3 volte più spesso – e si dipanano lungo il corso della vita e riflettendosi anche sulla sua durata media, più corta di 5 anni per gli uomini e 3 per le donne. Meno educazione, meno lavoro, minor rappresentanza, pene giudiziarie più lunghe: il razzismo sistemico negli USA condiziona ogni step della vita delle persone non bianche, dalla culla alla tomba.

Come superare il razzismo sistemico

Sconfiggere il razzismo sistemico significa sconfiggere alla radice le cause che lo provocano. Ma come farlo?
Ijeoma Oluo, autrice di So You Want To Talk About Race, un testo sul razzismo sistemico, alla domanda «Cosa ci vorrebbe per porre fine al razzismo sistemico? Capisco che sia una domanda molto grande, ma se ci fossero un paio di cose che potresti indicare – diciamo, tra 25, 30 anni, per rendere questo paese meno razzista nel suo – nel suo nucleo, nei suoi sistemi, cosa indicheresti?» ha risposto:

Direi che per allora avremmo definanziato le forze dell’ordine e messo a punto un nuovo sistema di prevenzione e di costruzione di comunità che riduca in modo positivo la criminalità. Vedrei una revisione dei nostri sistemi di salute mentale che non criminalizzi i problemi di salute mentale. E vedrei una revisione del nostro sistema educativo. Direi che questi sono dei buoni punti di partenza, sai, ma potremmo andare avanti per sempre onestamente.

Educazione, giustizia, salute, sono solo alcuni dei passi da fare, ma tutti in questa rivoluzione devono fare la loro parte, dalla politica alla cultura. Un esempio è quello della rivista Nature, che non solo si è schierata apertamente contro il razzismo sistemico, ma si è impegnato per combatterlo, mostrando come in ogni ambito si possano – e debbano – fare cambiamenti, piccoli ma radicali:

Abbiamo reso una priorità editoriale esporre e affrontare il razzismo nella scienza pubblicando più ricerche, commenti e giornalismo sul razzismo e l’ingiustizia razziale. L’anno prossimo, produrremo un numero speciale, sotto la guida di un gruppo di redattori esterni, che esamina il razzismo sistemico nella ricerca. Entro la fine dell’anno lanceremo uno stage per giornalisti neri. Stiamo facendo ulteriori passi per diversificare i nostri autori, revisori e collaboratori. E sappiamo che ci sono troppe poche persone di colore nella nostra redazione, quindi stiamo lavorando per cambiare questa situazione.

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