Kerry Kennedy: "La differenza tra una vittima e un eroe è l’azione, è l'attivismo!"

"Quando le persone soffrono o quando sono vittime ci sono due cose che possono fare. Una è dire “Sono una vittima”, si rassegnano e provano rabbia e odio, ma l’altra cosa che possono fare è attivarsi e la differenza tra una vittima e un eroe è l’azione, è l’attivismo."

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Quando si nasce in una famiglia importante come quella dei Kennedy, si potrebbe essere tentati di adagiarsi sul proprio benessere oppure di cedere allo sconforto a fronte delle tante tragedie che negli anni hanno colpito più volte i membri della famiglia.

Kerry Kennedy di sicuro non è incline a nessuna di queste tentazioni. Settima degli undici figli di Robert F. Kennedy, è non solo una scrittrice e attivista, ma anche la Presidente della Robert F. Kennedy Human Rights, una delle fondazioni che lottano per i diritti umani più importante del mondo.

Kerry a 4 anni ha dovuto affrontare la notizia dell’assassinio dello zio, il presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy, ucciso nel famoso attentato di Dallas il 22 novembre 1963; ma non solo: a 8 anni ha perso anche il padre, Robert, anch’egli assassinato a Los Angeles il 6 giugno del 1968.

Ho molti ricordi di mio padre. – Ci ha raccontato quando l’abbiamo incontrata in visita a Milano – Era un padre meravigliosamente presente. […] Quando morì il presidente Kennedy, scrisse a ognuno di noi una lettera. Andò alla Casa Bianca, nell’ufficio Ovale e scrisse quelle lettere per ognuno dei suoi 11 figli. Ognuno di noi ne ebbe una.

È indubbio che l’influenza del padre abbia pesato molto sulla crescita di Kerry, che ha fatto proprie le grandi lezioni che il Senatore impartiva ai suoi figli.

Lui credeva che ognuno di noi avesse la capacità di fare la differenza e voleva che ognuno di noi creasse quel cambiamento. Credo che questa sia una lezione che ognuno di noi avrebbe bisogno di sentire oggi.

Tali importanti insegnamenti sono alla base dell’organizzazione no profit diretta da Kerry, che si impegna per portare avanti l’eredità morale di Robert F. Kennedy e per realizzare il suo sogno di un mondo più giusto e pacifico, questo grazie ai diversi programmi e all’attività di sensibilizzazione ed educazione ai diritti umani, rivolta soprattutto alle nuove generazioni.

È per questo che abbiamo voluto chiedere il suo pensiero riguardo a grandi tematiche che a oggi ci interessano particolarmente. A partire dalla condizione femminile nel mondo:

Credo sia meglio nascere donna oggi rispetto al passato, in quasi tutti i Paesi del mondo. Questa è la bella notizia. La cattiva notizia è che abbiamo ancora molta strada da fare.

Che la strada sia ancora lunga è infatti palese dai dati che ci fornisce lei stessa: A oggi una donna su tre subisce ancora una violenza durante la sua vita.” Cosa fare dunque, nel nostro piccolo, per cercare di contrastare queste violenze? 

A volte i giovani uomini mi chiedono “Cosa posso fare?” Io rispondo loro: “Vai a casa stasera e lava i piatti!” Non chiedere, non dire “guarda cosa sto facendo”, fallo e basta. Inizia a creare il cambiamento attorno a te, nella tua casa, nella tua scuola, questo può fare la differenza e far sentire le persone più accettate.

L’idea di iniziare a fare qualcosa, fosse anche piccola come lavare i piatti, è alla base del messaggio di Kerry:

Quando le persone soffrono o quando sono vittime ci sono due cose che possono fare. Una è dire “Sono una vittima”, si rassegnano e provano rabbia e odio, ma l’altra cosa che possono fare è attivarsi e la differenza tra una vittima e un eroe è l’azione, è l’attivismo. Tutti noi abbiamo questa capacità, tutti noi dobbiamo prendere questa decisione: mi devo rassegnare o ho intenzione di passare all’azione, di creare un cambiamento, di essere sicuro che non accada più?

È lo stesso principio con cui la R.F.K. Human Rights combatte contro il bullismo e le ingiustizie che ogni giorno accadono nel mondo. La capacità di reagire è, per Kerry, come un muscolo che va allenato ogni giorno. Se si inizia sin da piccoli, a scuola, a non lasciar correre quando subiamo o assistiamo ai soprusi, saremo in grado una volta adulti di sapere immediatamente cosa fare.

Kerry ce lo racconta anche in merito alle delicate situazioni che la crisi migratoria ha causato nel mondo. Ormai si parla di uomini, donne e bambini come fossero semplici numeri, perdendo ogni volta un po’ della nostra umanità. Ci parla delle difficoltà ai confini del Texas, dove figli sono stati strappati dalle braccia dei loro genitori o della paradossale situazione che la presidenza Trump ha causato, in cui persone che vivono da sempre negli USA rischiano di perdere ogni diritto da un giorno all’altro:

Una mia cara amica infatti venne portata negli Stati Uniti quando aveva appena 8 mesi. I genitori non le hanno mai detto di non essere nata negli Stati Uniti. Oggi ha 35 anni, ha 5 figli americani, è sposata con un cittadino americano e in ogni momento potrebbe essere presa e deportata a El Salvador, in un Paese che non ha mai visto, in cui non conosce nessuno e di cui non parla la lingua. Questa è un’ingiustizia, è la disumanità di questo sistema terribile, ma non è solo negli Stati Uniti, anche qui in Italia abbiamo visto un sistema politico estremo dove le persone cercano di aumentare il loro potere fomentando l’odio e accusando gli immigrati che hanno lasciato il loro Paese scappando dalle persecuzioni perché la vita dei loro figli, la loro vita, era in pericolo. 

Sono situazioni complicate, che non possono avere semplici soluzioni, ma la cosa importante è fermarci un attimo, fare un bel respiro, ricordare la nostra umanità, provare a pensare per un momento alle nostre madri, ai nostri padri, ai nostri figli… È questo il modo in cui i bambini dovrebbero essere trattati? È questo il modo in cui i genitori dovrebbero essere trattati? Bisogna trovare una soluzione che sia giusta e umana”.

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