
Centri antiviolenza: una guida da condividere con tutte le donne che conosciamo
Quando una donna è in pericolo, può chiedere aiuto: ecco cosa sono i centri antiviolenza e come funzionano.

Quando una donna è in pericolo, può chiedere aiuto: ecco cosa sono i centri antiviolenza e come funzionano.
La violenza di genere sembra spesso un mero dato sulle cronache locali. Non pensiamo mai che donne a noi vicine possano essere vittime di violenza – anche perché pensiamo che si tratti sempre e solo di violenza fisica ma non è così – tuttavia la statistica dice che ci sbagliamo. Gli ultimi dati Istat risalgono al 2017, quando l’istituto ha svolto un’indagine sui servizi offerti dai centri antiviolenza nei mesi di giugno e luglio 2018. Sono stati ascoltati gli addetti di 281 Cav e di questi 253 hanno compilato il questionario. Le donne che vi si sono rivolte sono 49152, con delle punte massime al Nord-Est della penisola e minime al Sud. Tra queste donne, il 26,9% è straniera e il 63,7% ha figli – nel 70% dei casi minorenni.
Perché quando le donne – ma a volte anche gli uomini – hanno bisogno di aiuto concreto per sfuggire alla violenza su più livelli, si rivolgono ai centri antiviolenza. Si tratta di organizzazioni senza scopo di lucro – come per esempio delle Onlus – che hanno un primo approccio con le donne vittime o potenzialmente vittime di violenza – che sia fisica, psicologica o economica poco importa – e che le guidano in un percorso di liberazione dalle vessazioni più varie e naturalmente dalla paura (anche se quest’ultimo percorso è lunghissimo e accidentato). Perché a volte il primo e più difficile passo è proprio chiedere aiuto. Ci si sente molto sole in queste situazioni, soprattutto perché quasi sempre il carnefice tende a isolare la vittima e vive in casa con lei.
Per fortuna, in tutta Italia e anche in altri Paesi, ci sono tanti professionisti che, con il loro lavoro volontario, riescono a far fronte a quelle situazioni che potrebbero perfino diventare dei femminicidi.
Dicevamo, i centri antiviolenza sono strutture in cui delle persone prestano aiuto volontariamente per contrastare la violenza. Solitamente i casi riguardano la violenza di genere e quindi sono soprattutto le donne a rivolgervisi. In queste strutture, le donne in pericolo possono trovare l’aiuto di psicologi, avvocati, medici e le più varie categorie di professionisti per una consulenza e un aiuto pratico.
Perché non ci può essere l’uno senza l’altro, cioè non si può dare semplicemente il consiglio a una donna in difficoltà senza poi aiutarla fattivamente, e analogamente non la si può aiutare a trovare una casa e un lavoro (una dimora sicura e un’indipendenza economica quindi) senza indicarle la strada da fare insieme.
Il funzionamento dei centri antiviolenza è molto semplice. Ci si reca o si telefona a quello più vicino a casa vostra e si ha un primo contatto con un operatore. Questo operatore vi mette in contatto, in forma assolutamente discreta, con le altre figure che abbiamo enunciato poco sopra – psicologi, avvocati e medici in primis – per poi passare a una svolta pratica per la donna in difficoltà. Solitamente si agisce immediatamente sulla questione economica e sull’eventuale custodia dei figli – per allontanare il pericolo dell’uomo violento sia dalla donna che dalla prole – con una casa, un lavoro e un iter di natura legale. Il supporto però avviene a 360 gradi.
Oltre a quelli che vi abbiamo raccontato, i centri antiviolenza offrono servizi che non hanno a che fare con la risoluzione dei problemi tout court, ma con un’azione alla radice: ovvero quella che si chiama prevenzione. La prevenzione significa organizzare manifestazioni ed eventi di sensibilizzazione – spesso questi centri aderiscono e promuovono ad esempio la Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne a novembre – ma non solo. Significa agire sul territorio di riferimento, cercando di eliminare alla radice i retaggi maschilisti – perché violenze di genere e femminicidi partono proprio da lì. In particolare, quest’azione è tanto più importante sulle nuove generazioni, che solitamente sono più sensibili e ricettive a queste input.
Ci sono due strade per trovare un centro antiviolenza. Intanto c’è un numero istituzionale che può essere chiamato, il 1522 – il cosiddetto Telefono Rosa, che serve per dare un primo supporto alle donne in difficoltà a metterle in contatto con il centro più vicino. Inoltre, sul sito comecitrovi.women.it, esiste una mappatura di queste strutture sul suolo italiano (anche se potrebbe non essere esaustiva, tanto che sul sito si invita a suggerire delle correzioni e soprattutto delle integrazioni). Il sito racconta come sia nata l’iniziativa, che risale agli anni ’90, quando la Casa delle Donne aveva pensato di realizzare un repertorio del genere – all’inizio con una guida su carta, e dal 2000, grazie alla diffusione delle nuove tecnologie, anche sul Web – tanto che il sito completo è stato messo online nel 2011.
È molto difficile, quando si è all’interno della spirale di un rapporto malsano, comprendere il pericolo. Quando la violenza giunge dall’esterno è decisamente più facile accorgersene. Le avvisaglie della violenza domestica ci sono sempre e sono molteplici, perché riguardano la violenza fisica, psicologica ed economica.
Più spesso possono essere le nostre amiche a notare tutto, i genitori, fratelli e sorelle o altri parenti che siamo riuscite a tenere vicino. Ma se ce lo dovessero far notare, non sminuiamo quello che ci dicono perché ormai il maltrattante ci ha fatto capire di essere in torto. I sintomi più comuni della violenza domestica sono infatti
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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