Cosa sono le dimissioni di coscienza e perché è un fenomeno in esplosione

Dimettersi quando i valori dell'azienda non rispecchiano quelli personali, quando un posto di lavoro delude per la poca attenzione e consapevolezza dei problemi e delle crisi che stiamo vivendo nel nostro pianeta. Vediamo cosa sono le dimissioni di coscienza e da cosa sono spinte.

In un momento di grande crisi sociale, economica, culturale, climatica e ambientale che riguarda tutto il mondo, non c’è più tempo da perdere in occupazioni e aziende che non rispecchiano i nostri valori. È ciò in cui credono fortemente oggi sempre più persone, che hanno portato a diventare un fenomeno diffuso nell’ultimo anno le dimissioni di coscienza.

Dopo il boom delle Grandi dimissioni nel 2021 e del quiet quitting nel 2022, il 2023 sembra essere l’anno dell’abbandono del lavoro consapevole, per trovare uno scopo sempre più nobile e utile al proprio impiego.

Cosa sono le “dimissioni di coscienza”?

Con “dimissioni di coscienza” si intende la scelta di lasciare il proprio lavoro per motivazioni etiche, perché l’azienda, il datore di lavoro o l’impiego stesso non condividono i valori personali. Il periodo storico che stiamo vivendo è caratterizzato da grandi incertezze e crisi di diversa natura. Le persone che lavorano, specialmente le più giovani che stanno iniziando ad affacciarsi al mondo lavorativo, dichiarano sempre di più la volontà di dare un senso alla propria attività, al proprio impiego.

Tra le ragioni per cui Millennials e Generazione Z stanno cambiando lavoro negli ultimi anni c’è la ricerca di stabilità economica, non facile da trovare all’interno della crisi economica. La volontà di creare equilibrio tra vita lavorativa e vita privata, non più messa da parte per decenni in favore di impieghi che assorbono tutte le energie. Il desiderio di lavorare per società e aziende che danno un contributo reale per far fronte alle crisi a cui siamo di fronte. Prima fra tutte la crisi ambientale e climatica.

Quest’ultimo aspetto risulta essere, come vedremo dai numeri nei paragrafi successivi, molto determinante nelle scelte delle persone per quanto riguarda il lavoro. Tanto che nel 2023 questo fenomeno ha assunto un nome, appunto le dimissioni di coscienza. I valori a cui fa riferimento il licenziamento etico non riguardano solamente la crisi climatica, ma qualsiasi motivazione morale. Se l’azienda non rispetta i diritti umani, o va contro uno qualsiasi dei principi personali della persona, quest’ultima sente di voler cambiare, per far valere i propri valori.

Le cause dell’esplosione del fenomeno

Le cause del fenomeno delle dimissioni di coscienza si possono ritrovare nel momento storico che stiamo vivendo. Un periodo che dura ormai da decenni che sembra non lasciare tregua all’essere umano. Le altalenanti crisi economiche, la pandemia, le guerre in aumento, le crisi sociali e culturali, e, in costante e allarmante crescita, la crisi climatica e ambientale. Se le generazioni passate ignoravano o sottovalutavano queste problematiche, i lavoratori di oggi non possono più fare finta di nulla, e nemmeno lo vogliono.

Per questo sono soprattutto i Millennials e la Generazione Z a dare grande attenzione alle proprie scelte, ai propri valori, e all’impatto che loro stessi hanno sull’ambiente e sulla società. Tra i fattori più impattanti nella decisione di trovare un lavoro adatto ritroviamo sicuramente la crisi climatica. In un sondaggio pubblicato dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI) il 67% dei lavoratori europei ha paura del futuro, pensa con estrema serietà a che genere di pianeta lascerà ai posteri.

Accompagna la preoccupazione per l’ambiente anche la crisi sanitaria, e la crisi sociale. I continui affronti ai diritti umani da parte dei governi e delle leggi, la violenza dilagante. Infine, le dimissioni di coscienza sembrano avere una causa di origine anche psicologica. I conflitti etici che portano alle dimissioni di coscienza possono portare ansia e stress. Oppure essere dovuti proprio al burnout di un lavoro che non soddisfa, verso il quale non si nutre rispetto, o nel quale ci si sente inutili.

I numeri e la portata del fenomeno

dimissioni di coscienza
Fonte: iStock

Lo studio più approfondito sulle dimissioni di coscienza è stato realizzato da Paul Polman, l’ex amministratore delegato dell’azienda Unilever. La ricerca si chiama From quiet quitting to conscious quitting, e mette in evidenza appunto lo spostamento di fenomeno dal licenziamento silenzioso dello scorso anno a quello etico che si sta verificando negli ultimi mesi. Lo studio ha intervistato 4.000 lavoratori americani e britannici, di diversa età.

I risultati dimostrano come sempre più persone siano pronte a lasciare il proprio posto di lavoro se i valori dell’azienda non coincidono con i loro. Il 45% degli inglesi e il 51% degli americani, all’interno dei quali spiccano i giovani: più di 4 persone su 10 appartenenti alle ultime generazioni hanno dichiarato di aver già abbandonato almeno una volta un lavoro per motivazioni etiche.

Lo studio di Polman riguarda in particolare le popolazioni anglosassoni, ma anche in Europa la situazione è molto simile. Il sondaggio realizzato dall’impresa francese Odoxa ha dimostrato come un lavoratore europeo su 4 potrebbe lasciare un’azienda in favore di una con valori che coincidono maggiormente con i propri. Secondo invece lo studio citato precedentemente della BEI, è addirittura il 62% degli europei a preferire un datore di lavoro che dia priorità allo sviluppo sostenibile.

Anche in questo caso, sono i giovani ad avere un impatto maggiore sulle percentuali. Il 76% degli europei tra i 20 ei 29 anni sostiene che l’attenzione alla crisi climatica e a nuove forme di sviluppo sostenibile siano uno dei fattori principali nella scelta di un’azienda o datore di lavoro, per il 24% questo è addirittura decisivo.

Esempi di dimissioni di coscienza

Come abbiamo detto, il fattore predominante che porta alle dimissioni di coscienza è la paura per il futuro. Di conseguenza, è molto spiccata la consapevolezza di voler lasciare un mondo migliore ai posteri, dal punto di vista specialmente dell’ambiente e della società. Si può scegliere di dimettersi perché l’azienda per cui si lavora non rispetta le normative per rendere la produzione più sostenibile. Oppure, un ambiente lavorativo dove non c’è la giusta attenzione all’emergenza climatica.

Fare la raccolta differenziata, abbassare le temperature del riscaldamento invernale e alzare quelle degli impianti di condizionamento, non sprecare energia elettrica, evitare l’uso della plastica. Sono tutti piccoli passi che, in un’ottica più ampia, possono fare la differenza. E dimostrano che il posto in cui si lavora è attento e consapevole della crisi che stiamo vivendo.

Allo stesso modo, la decisione di lasciare un posto di lavoro può essere dettata da valori che riguardano la cultura e la società. Molte persone dichiarano di poter abbandonare un’azienda o un datore di lavoro se questo non rispetta i diritti delle donne. Ancora oggi sussistono in tantissimi ambienti lavorativi differenze e disparità di trattamento tra uomini e donne. Non sempre sono esempi lampanti: domande che agli uomini non verrebbero fatte, sia al colloquio di lavoro che durante le giornate lavorative, battute, assunzioni di verità, e tante altre piccole cose che dimostrano di non essere in linea con l’evoluzione della società.

Lo stesso discorso si può fare riguardo le minoranze etniche. E non solamente per i datori di lavoro, ma anche i colleghi. Le dimissioni di coscienza si possono fare anche se comportamenti scorretti da parte di colleghi che non rispettano i diritti degli altri rimangono impuniti. Inoltre, è ritenuta importante oggi l’attenzione alla comunità LGBTQIA+. Lavorare per un datore che riconosce le esigenze di tutti i suoi lavoratori, non discrimina ed è aperto all’ascolto attivo e al cambiamento.

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