Quando era ancora una bambina, Anna May Wong amava avventurarsi sui set cinematografici a Los Angeles. “Mi facevo strada tra la folla e mi avvicinavo alle telecamere, il più vicino possibile”: ancora non sapeva che quelle stesse telecamere si sarebbero innamorate dei suoi grandi occhi neri e del suo viso di porcellana.

Nella sua lunga carriera di attrice, apparve in oltre cinquanta film tra cui il capolavoro Shanghai Express del 1932, dove recitava al fianco di Marlene Dietrich. Era però una tipica creatura della Hollywood di inizio Novecento, plasmata sui desideri dello spettatore bianco e maschio.

Quasi sempre costretta a vestire i panni dell’inserviente o della seduttrice con un intento malefico, ne Il ladro di Bagdad la coprirono a malapena con drappi di seta. Mostrando grande determinazione e orgoglio, decise così di lasciare la California per lavorare in Europa. In un’intervista del 1933, ricordata in un vecchio articolo del Los Angeles Times, motivò la sua scelta.

Ero così stanca delle parti che dovevo interpretare. Perché il cinese dello schermo è quasi sempre il cattivo dell’opera, ed è un cattivo davvero crudele: assassino, infido, un serpente nascosto nell’erba. Non siamo così.

La storia di Anna May Wong

Wong Liu Tsong, vero nome dell’attrice, nacque nel 1905 nella Chinatown di Los Angeles, dove la sua famiglia possedeva una lavanderia a gettoni. Passò l’infanzia aiutando i genitori nel loro lavoro e frequentando prima la scuola pubblica, dove fu presa di mira per motivi razziali, e poi quella per i cinesi.

La sua vera passione erano i film: capitava che saltasse la scuola per andare al cinematografo, pagando il biglietto con i soldi del pranzo. Fu così che a nove anni decise di diventare una star del cinema, a undici scelse il nome d’arte Anna May Wong e a quattordici ottenne il suo primo ruolo come comparsa in La lanterna rossa.

Mentre frequentava il liceo continuò ad apparire su Grande Schermo; poi, nel 1921, abbandonò lo studio per lavorare a tempo pieno come attrice. In quello stesso anno recitò in tre film muti: era già nata una stella.

Il successo

La grande occasione di Anna May Wong arrivò nel 1922, quando ottenne un ruolo da protagonista in Fior di loto, uno dei primi film realizzati in Technicolor. Seguirono altre parti, più o meno importanti, ma tutte per personaggi stereotipicamente asiatici.

Sognava di essere la classica eroina romantica, come Ava Gardner o Vivien Leigh, ma le leggi anti-meticciato statunitensi le proibivano di condividere un bacio sullo schermo con un attore di un’altra razza. Si sentiva americana, proprio come le famose colleghe, ma le sue origini asiatiche la mettevano un gradino sotto le altre.

Siamo una civiltà che è molto più antica di quella dell’Occidente. Abbiamo le nostre virtù. Abbiamo il nostro rigido codice di comportamento, d’onore. Perché non li mostrano mai sullo schermo? Perché dovremmo sempre tramare, rapinare, uccidere?

Arrivata in Europa alla fine degli anni Venti, si sentì ben accolta e valorizzata. Recitò in film e produzioni teatrali inglesi, francesi e tedesche, senza mai essere doppiata. Aveva talento, vero talento, e finalmente qualcuno lo aveva capito.

Il ritorno in patria

Se fosse rimasta in Europa, forse il destino di Anna May Wong sarebbe stato diverso. Tuttavia, la nostalgia di casa ebbe il sopravvento e dopo qualche anno decise di tornare. Riaccolta a Hollywood, capì che nulla era cambiato e che lei era destinata a interpretare l’elegante e misteriosa maliarda vestita in cheongsam, l’abito tradizionale cinese.

Il momento più basso fu sicuramente il casting per il film La buona terra, tratto dall’omonimo romanzo di Pearl S. Buck, l’autrice grazie a cui aveva scoperto qualcosa in più sulla sua terra d’origine.

La MGM scelse la tedesca Luise Rainer, che poi vinse anche l’Oscar, per interpretare il ruolo della protagonista cinese O-lan. Anna May Wong accettò di fare il provino per la parte secondaria di una concubina, ma fu molto chiara con i produttori.

Sarò felice di fare il provino, ma non reciterò la parte. Se mi lascerete interpretare O-lan, sarò invece molto contenta. Mi state chiedendo – a me che ho sangue cinese – di interpretare l’unico ruolo da cattiva della pellicola, con un cast tutto americano che interpreta personaggi cinesi.

Alla fine le offrirono solo la parte secondaria, come previsto, e lei la rifiutò. Decise invece di partire per la Cina, alla scoperta delle sue origini, e passò un anno in viaggio, immergendosi completamente nella cultura locale.

Tornata a casa, lavorò solo a una manciata di film, per poi ritirarsi negli anni Quaranta, ancora trentenne. Non si sposò mai e l’unico suo ritorno al cinema, un anno prima della sua morte, fu nel 1960 in Ritratto in Nero: interpretava la cameriera di Lana Turner. Nulla era cambiato.

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