Meritocrazia: benvenuti nel Paese che ha fallito. Soprattutto con le donne

La meritocrazia esiste o è solo un'utopia? In realtà, il concetto nasce nel secolo scorso, ed è il sistema migliore per premiare il talento e l'impegno di una persona. Ma in Italia purtroppo ancora oggi è difficile essere assunti o ottenere posizioni importanti grazie al proprio merito.

Come scegliere a chi dare un posto di lavoro, chi ammettere all’università, a chi affidare la dirigenza di un’azienda? Ciò che dovrebbe sempre valere è il merito, quanto una persona si merita quel lavoro o quel ruolo. La meritocrazia si basa proprio sulle capacità di una persona, e sull’impegno che questa ci ha messo per raggiungere l’obiettivo.

Purtroppo non sempre e non in tutti gli ambiti si applica la meritocrazia, specialmente in Italia. Il Paese con il maggior numero di casi di nepotismo, e i valori più bassi di diversificazione e pari opportunità in tanti settori. E anche in questo caso, a pagare le conseguenze di queste abitudini sono soprattutto le donne.

Meritocrazia: significato e origine del termine

La parola meritocrazia deriva dall’unione di due termini, uno latino e uno greco. Il verbo latino merere, mereor significa “guadagnare, meritarsi, essere degno di qualcosa”, mentre kratos è il termine greco che vuol dire “potere”. Pertanto, meritocrazia significa “meritarsi il potere“, oppure “il potere del merito“. In sostanza, fa intendere la rilevanza del merito per ottenere un potere, inteso come un obiettivo, una possibilità, un ruolo.

Il termine è stato introdotto per la prima volta dal sociologo inglese Michael Young nel 1958 nel saggio satirico L’avvento della meritocrazia (o in lingua originale The Rise of the Meritocracy). Inizialmente questa parola aveva una connotazione negativa, poiché indicava le disuguaglianze dovute al governo dispotico dell’epoca, dove la posizione sociale era determinata dal quoziente intellettivo e dall’attitudine al lavoro, senza contare le possibilità economiche, culturali e sociali di tutti.

L'avvento della meritocrazia di Michael Young

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Successivamente, specialmente in Italia, ha assunto invece una visione positiva. La meritocrazia valuta il talento di una persona e il suo impegno, ed è ciò che rende possibile assumere per posizioni di lavoro o di potere, soprattutto per quanto riguarda le cariche politiche e amministrative, solo chi merita. E si scontra pertanto con consuetudini opposte che da sempre e ancora oggi sono intrinseche nella cultura italiana, come il nepotismo, e le assunzioni per amicizia o conoscenze.

Meritocrazia e pari opportunità

La meritocrazia in una società è fondamentale per garantire le pari opportunità, ma l’Italia in questo ha fallito e continua a fallire. Un esempio significativo e di questo fenomeno si vede bene nelle università, dove siamo il Paese con il maggio numero di ricercatori, rettori e professori con lo stesso cognome. Questo dimostra, anche se le coincidenze sono possibili specialmente tra persone della stessa area geografica, come il nepotismo sia molto più utilizzato della meritocrazia.

Il nepotismo e la mancanza di meritocrazia nell’assegnare i già pochi posti dei dottorati e delle cattedre sono ulteriori motivi alla base della fuga dei cervelli e del fenomeno dei Neet, i ragazzi che non studiano e non lavorano. Noi italiani ci lamentiamo spesso perché i nostri connazionali sono costretti ad andare fuori dal Paese per trovare un lavoro consono al loro merito.

Ma finché non viene dato lo spazio a tutti, e le pari opportunità vengono sovrastate dalle conoscenze e dalle amicizie, non rimane altra scelta a chi vuole ottenere un riconoscimento per il proprio impegno.

L’Italia continua ad essere la prima in classifica per nepotismo non solo nella scuola ma anche nelle aziende, dove esiste anche chi inventa mansioni nuove pur di dare impiego a un parente, e dove per arrivare ai vertici della società devi essere uomo, bianco e amico di qualcuno al potere. Le pari opportunità non si possono raggiungere dove, sopratutto per quanto riguarda i ruoli decisionali e politici, si continua a rifiutare la meritocrazia.

Meritocrazia e donne

meritocrazia
Fonte: Web

Il fallimento dell’Italia nel fornire meritocrazia si vede in modo significativo con la scarsa presenza di donne in ruoli e settori soprattutto politici ed economici. In particolare, la mancanza di rappresentanza femminile è molto alta nei ruoli apicali e di potere. Come riportato dal quotidiano Assi News le donne oggi occupano una buona percentuale delle principali posizioni, ovvero il 42%, più alta per alcuni settori. Tuttavia, la meritocrazia viene a cadere quando si guarda alle posizioni di responsabilità.

Solo il 17% dei dirigenti e l’11% di chi possiede ruoli apicali del business è femminile, mentre le donne che hanno il ruolo di amministratore delegato sono solamente il 5%. La giornalista Riccarda Zezza sul Sole24Ore spiega come questa disparità sia dovuta a un insieme di fattori che è difficile soverchiare. Antropologicamente l’essere umano è spinto a scegliere i propri simili, sia per colore della pelle ed estrazione sociale, ma anche per il sesso.

Inoltre, il numero delle donne nelle posizioni più alte da cui poter selezionare un amministratore delegato o un presidente è ancora molto basso. Si aggiunga poi il fatto che la visione che da millenni abbiamo di un leader è sostanzialmente maschile. Nella storia dell’umanità ancora non abbiamo avuto la possibilità di vedere come si caratterizza la leadership di una donna. Le donne al potere fanno paura, o semplicemente non sono nemmeno prese in considerazione.

Il caso delle task force per il Covid-19

Una delle dimostrazioni più attuali e recenti del fallimento dell’Italia nel scegliere in modo meritocratico riguarda le task force istituite per prendere le decisioni in merito al coronavirus e le diverse fasi della pandemia. In più di 15 task force, la rappresentanza femminile è bassissima, quasi nulla. Ciò significa ancora una volta che le donne sono escluse dalle decisioni fondamentali della società e dell’Italia.

Il problema non è passato inosservato, tanto che è stata creata la community online #DateciVoce, un’organizzazione di donne, anche professioniste, che chiedono di avere una rappresentanza nelle decisioni per il Paese.

Si è espressa a riguardo anche Emma Bonino sul Corriere della Sera:

I gruppi di chi dovrebbe ridisegnare l’Italia di domani già ci sono ed escludono le donne. […] Io sono contro (le quote rosa ndr.) perché i cittadini sono tutti uguali e hanno uguali diritti. Però noto che dove ci sono le quote la parità di genere si afferma perché non se ne può fare a meno. Appena non c’è una legge che obbliga, come nelle task force governative, sparisce.

In Italia la parità di genere esiste solo il sabato e la domenica nei convegni. Poi dal lunedì chi ha il potere reinserisce il pilota automatico e sceglie gli uomini che conosce, di cui è amico, che gli girano intorno. […] È un aspetto del rifiuto della meritocrazia. Il potere in Italia tende a riprodursi per cooptazione, il potere dà dipendenza, è un grande afrodisiaco. Così prevale la cultura che gli inglesi chiamano della old boys’ net, la rete dei vecchi amici che si frequentano e si conoscono.

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