La violenza psicologica sulle donne è sottovalutata: riconoscerla per reagire

Perlopiù subdola e silenziosa, la violenza psicologica miete innumerevoli vittime - soprattutto donne -, tra gaslighting, minacce, umiliazioni, controllo e gelosie. Un fenomeno pericoloso e da tenere d'occhio, poiché spesso anticamera di violenze fisiche e femminicidi. Vediamone i dettagli.

Esiste un tipo di violenza che non si manifesta sotto forma di lividi o maltrattamenti fisici, bensì si esplica in umiliazioni, controllo, svalutazioni, isolamento e restrizioni di diversa natura (pratica, economia, emotiva).

Si tratta di un tipo di violenza spesso silenziosa e particolarmente subdola, non sempre immediatamente chiara a chi la subisce o semplice da spiegare agli esterni. La violenza psicologica, infatti, è ancora un argomento ignoto ai più, degno di essere esplorato, conosciuto e, di conseguenza, interrotto per tempo. Prima che possa trasformarsi in atti più concreti.

Quali sono le sue caratteristiche e come riconoscerla? Vediamone i dettagli.

Violenza psicologica e violenza fisica

Quando si parla di violenza, la prima forma cui la nostra mente ci ricollega è quella fisica. Maltrattamenti, percosse, schiaffi, fino ai casi più eclatanti di femminicidio: la violenza, soprattutto se di genere, sembra condurre sempre al medesimo epilogo di sofferenza corporea.

In realtà, però, come accennato, la violenza può assumere diverse sfumature, anche più invasive e apparentemente “innocue” rispetto a quella fisica. La violenza psicologica figura tra di esse, proprio per il suo modo di condurre la vittima a uno stato di umiliazione, spaesamento e perdita di dignità mediante un processo carsico, lento e infido.

Ma come si esprime? Le declinazioni possono essere molteplici, ma quelle più diffuse sono senza dubbio le seguenti: atti denigratori, accuse, offese, mancata assistenza in caso di bisogno e/o malattia, isolamento sociale, proibizioni, controllo, limitazione della libertà e, in generale, tutto ciò che mira a inficiare l’autostima e la dignità della vittima, facendole credere di non valere “abbastanza” e di non essere degna di attenzione e amore.

Senza dimenticare che, purtroppo molto spesso, la violenza psicologica si configura proprio come l’anticamera di quella fisica.

La violenza psicologica sulle donne

Sebbene possa colpire tutti gli individui indistintamente, i dati parlano chiaro: a essere maggiormente atterrite dalla violenza psicologica sono le donne.

Dove? Perlopiù nella coppia e, dunque, da parte dei propri partner. Come spiega la psichiatra e psicoanalista Sandra Filippini su Unobravo:

I maltrattamenti psicologici si sviluppano maggiormente nelle relazioni perverse, connotate da un forte aspetto di distorsione della realtà da parte dell’aggressore. All’inizio è molto difficile riconoscere dei tratti perversi nella relazione di coppia, poiché entrano in circolazione nel rapporto in modo subdolo: per lungo tempo infatti, la donna non ha una chiara percezione di quello che sta succedendo e si sente confusa e disorientata.

Le conseguenze, sulle donne che subiscono questo tipo di violenza, divengono via via sempre più invalidanti, portandole addirittura a dubitare di se stesse e del proprio valore.

Esempi di violenza psicologica

Come è possibile che succeda, anche alle donne più centrate, consce e femministe – dunque consapevoli di determinate dinamiche?

Tra i comportamenti messi in atto dagli individui manipolatori, ve ne sono alcuni che, più di altri, corrompono il benessere psicofisico delle donne che ne sono vittime. Facciamo qualche esempio:

  • Il gaslighting: una forma di manipolazione psicologica – particolarmente studiata in questi anni – che, come si legge su Save the Children, vede l’abusante presentare alla vittima una serie di false informazioni (o la negazione reiterata di fatti accaduti) che la inducono a dubitare di se stessa, delle sue percezioni e dei suoi ricordi, fino a farla sprofondare in uno stato di confusione, spaesamento e inadeguatezza;
  • Il controllo: dal modo in cui si è vestite alla compagnia con cui si esce, fino agli orari dei pasti e ai colleghi di lavoro, il controllo manipolatorio ingabbia la donna e ne limita i margini di libertà, facendola sentire intrappolata e costretta a sottostare alle imposizioni che derivano dal partner;
  • La gelosia patologica: strettamente connessa al controllo, la gelosia, quando eccessiva e soffocante, invalida lo stile di vita, e il conseguente benessere, della vittima di violenza psicologica, sfociando in richieste di esclusività, sospetti continui, scenate e rimproveri spropositati e dubbi infondati;
  • Le umiliazioni e le critiche avvilenti: che siano fatte in intimità o in pubblico, le umiliazioni fungono da valvola di sfogo della rabbia dell’abusante, e mirano a denigrare la donna e le sue qualità al fine di non farla sentire meritevole di stima e affetto, attraverso atteggiamenti quali il sarcasmo, parole offensive, osservazioni discutibili e commenti sprezzanti;
  • L’isolamento: in questo caso, il manipolatore convince la vittima a isolarsi dal resto delle proprie reti affettive, convincendola che non sarebbero in grado di comprendere l’amore che lega la coppia o le dinamiche che ne sono alla base. In tal modo, famiglia, amici e colleghi sono esclusi da qualsiasi tipo di socialità, la quale si limita alla mera vita di coppia;
  • Le minacce: per porre in risalto il proprio potere, l’abusante può ricorrere anche alle intimidazioni, più o meno velate, come quelle di: lasciare la donna senza soldi, toglierle i figli, picchiarla o maltrattarla, fare del male a conoscenti e parenti o suicidarsi;
  • L’indifferenza nei confronti delle richieste d’affetto: essendo la vittima una sorta di oggetto privo di emozioni di cui tenere conto, il manipolatore appare indifferente alle sue richieste affettive, e, nel complesso, a tutte le difficoltà di carattere emotivo e fisico che essa può avanzare, da dolori corporei per cui sarebbe necessario recarsi in ospedale a stati di malessere psicologico. In tal senso, l’abusante può addirittura giungere a pretendere rapporti intimi in seguito a discussioni accese o che la donna si prenda cura della casa anche se malata o debilitata.

Il profilo psicologico di chi la commette

Ma che tipo di persona è quella che perpetra la violenza psicologica? Nella maggior parte dei casi, si tratta di uomini affetti dal disturbo narcisistico di personalità, il quale può esprimersi in una varietà di diramazioni differenti e più o meno intense.

A caratterizzare questo genere di disturbo, secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), vi sarebbero, in particolare, la mancanza di empatia, il sentimento di grandiosità e il bisogno costante di ammirazione.

Per tale motivo, gli individui narcisistici fanno fatica ad amare realmente l’altra persona, considerata al pari di uno “specchio” mediante cui far risplendere se stessi e la propria autostima, dimostrandosi, perciò, inclini a vessare la vittima con insulti, denigrazioni, manie di controllo e tutte le altre sfumature sopra elencate afferenti alla violenza psicologica.

Come comportarsi e come reagire

Le conseguenze della violenza psicologica possono essere particolarmente deleterie nelle persone che la subiscono, soprattutto perché la violenza risulta essere meno “palese” rispetto a quella fisica, ma è, al contrario, piuttosto subdola, silenziosa e progressiva.

Gli effetti, infatti, sono tanto concreti quanto quelli causati dai maltrattamenti corporei. Come spiega la psicologa e psicoterapeuta Ada Garofalo sulla Gazzetta:

Due volte su tre il maltrattamento psicologico sfocia in maltrattamento fisico. Ma non c’è solo questo. La violenza psicologica, infatti, tende ad uccidere lentamente. Proprio perché non la si conosce, non la si vede e più difficilmente si è consapevoli di esserne vittime, la si sopporta più a lungo. E con il tempo modifica le nostri reti neurali, portandoci a credere quello che il maltrattante vuol farci credere.

Il primo passo, e più importante, è, quindi, quello di prendere consapevolezza di quanto sta accadendo all’interno della coppia: solo in questo modo sarà possibile parlarne con gli individui più prossimi a livello emotivo e, soprattutto, chiedere aiuto a professionisti, primi tra tutti quelli dei Centri antiviolenza.

Oggi – continua Garofalo -, grazie anche alle campagne di sensibilizzazione degli ultimi anni, le giovani generazioni sono più consapevoli. Non bisogna mai smettere di esserlo. Dobbiamo sempre essere presenti a noi stesse e non permettere ad un uomo di mettere in discussione il nostro valore. La violenza psicologica non si vede, ma fa altrettanto male della violenza fisica.

Per richiedere assistenza, consigli o informazioni, o per sapere qual è il centro più vicino, il numero dei Centri antiviolenza è il 1522: non abbiate paura di chiedere aiuto.

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