WomenInMaleFields: il trend che sfida gli stereotipi di genere

Il movimento WomenInMaleFields, letteralmente "donne in ambiti maschili", è ultimamente tornato al centro dell'attenzione grazie a un trend nato e diffusosi sui social con un intento tanto divertente quanto, sotto la superficie, serio e degno di riflessione: mettersi nei panni degli uomini e ripetere frasi stereotipate riferite alle donne, ponendo in risalto quegli atteggiamenti che sembrano innocui e banali ma che, a ben guardare, nascondono dinamiche di potere, disuguaglianza e prevaricazione. In realtà, il movimento è in atto già da molti anni, e supporta la presenza femminile in campi "tradizionalmente" maschili. Vediamo di che cosa si tratta nel dettaglio.

Uno dei modi più efficaci per sovvertire gli stereotipi e i ruoli di genere consiste nel contravvenire alle regole – palesi o latenti – che essi impongono da tempo immemore alle donne.

Uno di questi è, senza dubbio, popolare i settori tradizionalmente considerati maschili, o, anche, comportarsi come si comporterebbero gli uomini (o, perlomeno, esorcizzare i loro atteggiamenti “scherzandoci su”). È quello che sta accadendo con WomenInMaleFields, trend tramutatosi velocemente in una sorta di movimento socio-culturale che ribalta gli stereotipi di genere e cambia la prospettiva di numerosissime frasi largamente enunciate da partner, amici, colleghi, datori di lavoro e parenti.

Vediamo di che cosa si tratta nello specifico, quali sono le sue caratteristiche e quali i suoi effetti.

Cos’è il movimento WomenInMaleFields

Il movimento WomenInMaleFields, letteralmente “donne in ambiti maschili”, è ultimamente tornato al centro dell’attenzione grazie a un trend nato e diffusosi sui social con un intento tanto divertente quanto, sotto la superficie, serio e degno di riflessione: mettersi nei panni degli uomini e ripetere frasi stereotipate riferite alle donne, ponendo in risalto quegli atteggiamenti che sembrano innocui e banali ma che, in realtà, nascondono dinamiche di potere, disuguaglianza e prevaricazione.

Si tratta, quindi, di video simpatici, in cui le donne coinvolte ricreano scene o situazioni nelle quali un uomo giustifica i cambiamenti di un rapporto o la fine di una relazione in modi altamente discutibili (“Scusa, sono preso dal lavoro”, anche se siamo nel pieno delle vacanze estive, o “L’ho ghostato, ma gli ho lasciato un Like alle storie”), o rievocano disagi subiti in ambito lavorativo o sociale, di cui sono sottolineati gli stereotipi a danno delle donne.

Storie di successo di donne in settori tradizionalmente maschili

In senso lato, tuttavia, il trend si riaggancia a un movimento, in atto già da molti anni, il cui obiettivo precipuo è quello di lottare contro gli stereotipi di genere supportando la partecipazione femminile in settori tradizionalmente dominati dagli uomini, come quello STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), quello politico, quello sportivo, quello manageriale (soprattutto per quanto concerne i ruoli apicali), quello manifatturiero e quello militare.

Negli ultimi tempi, per fortuna, alcune barriere sono già state valicate, e sono molte le donne che stanno abbattendo gli stereotipi di genere in campi tipicamente maschili. Tra queste, si annoverano:

  • Samantha Cristoforetti, la prima donna italiana a diventare astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea;
  • Mary Teresa Barra, la prima donna a guidare una grande casa automobilistica globale, la General Motors, di cui è amministratrice delegata dal 2014;
  • Zaha Hadid, la prima architetta a ottenere il Pritzker Architecture Prize (nel 2004), ossia il massimo riconoscimento in questo settore;
  • Kathryn Bigelow, la prima donna a vincere il Premio Oscar al miglior regista (nel 2010) per il film The Hurt Locker;
  • Megan Rapinoe, ex calciatrice statunitense vincitrice di molteplici Mondiali di calcio e strenua sostenitrice dei diritti delle donne, della parità salariale e dell’inclusione LGBTQ+;
  • Maria Telkes, scienziata ungherese conosciuta come la “Regina del Sole” per il suo contributo decisivo alle ricerche inerenti all’energia solare nel corso del Novecento;
  • Ada Lovelace, matematica britannica considerata la prima programmatrice della storia, fondamentale per il suo apporto alla macchina analitica ideata da Charles Babbage tra gli anni ’30 e ’40 dell’Ottocento.

Impatto del trend sulla percezione dei ruoli di genere

Ma un trend/movimento può avere un’ingerenza sulla percezione dei ruoli di genere? Certo che sì, soprattutto se ha la capacità di diffondersi in maniera capillare come sta accadendo da qualche anno a questa parte. Gli effetti possono notarsi, in particolar modo, nella ridefinizione delle aspettative, sociali, culturali e professionali. Vediamo quali sono le conseguenze principali:

  • sfida agli stereotipi di genere: che si tratti di un video scherzoso che offre il punto di vista delle donne sugli atteggiamenti più comuni degli uomini o dell’ingresso delle donne stesse in campi tradizionalmente maschili (come l’ingegneria, la tecnologia o il management), il movimento WomenInMaleFields ha senza dubbio instillato nelle nuove generazioni l’idea che le donne possano fare carriera anche in settori “non convenzionali”, aiutando a ridurre progressivamente il peso degli stereotipi – e liberando, al contempo, anche gli uomini, più propensi a considerare professioni “tipicamente femminili”, quali l’educazione e l’assistenza sanitaria;
  • cambiamento delle dinamiche di lavoro: avere donne in ruoli apicali, decisionali e di leadership contribuisce a modificare le dinamiche professionali, conducendo le aziende ad adottare politiche più inclusive e flessibili e a riconoscere, nella diversità, un motore propulsore per la produttività, l’innovazione e il cambiamento;
  • maggiore consapevolezza delle disuguaglianze di genere: la presenza sempre più preponderante delle donne in settori a esse precluse per molto tempo ha, senza dubbio, messo ancora più in risalto la condizione impari in cui vigevano (e vigono tuttora) e alcune delle sue caratteristiche più evidenti, come il gender pay gap, il sessismo imperante sul posto di lavoro e la mancanza di mentorship, con il conseguente avvio di iniziative volte alla promozione della parità di genere e dell’inclusione.

Come i social media amplificano il movimento WomenInMaleFields

In questa sempre più cristallina consapevolezza, un ruolo di primo piano è certamente ricoperto dai social media, dove il trend dei video citati più sopra ha preso piede negli ultimi mesi. Nel complesso, come per ogni tema che approda sulle piattaforme online, il movimento WomenInMaleFields ha, grazie a esse, la preziosa possibilità di creare un’occasione per il dialogo, il cambiamento e la sensibilizzazione.

Nello specifico, i social hanno il grandissimo potere di sottolineare storie di successo femminile, in settori, come abbiamo detto, tipicamente associati solo agli uomini: post, storie, articoli e video al riguardo sono, infatti, una testimonianza di un mondo che sta evolvendo e sta superando, piano piano, le barriere di genere.

Naturalmente, piattaforme come Instagram, TikTok, LinkedIn, X e Twitter possono dare voce non solo a leader “conclamate”, ma anche alle giovani donne, le quali possono così condividere le loro piccoli, grandi storie quotidiane di successo e incoraggiare, ispirare e motivare anche altre persone, che potrebbero sentirsi isolate e bisognose di rassicurazioni e modelli di riferimento nell’intraprendere percorsi “non tradizionali”.

Questo, infine, porta all’opportunità di creare vere e proprie comunità virtuali, dove i social media possono costituire un punto di incontro cruciale per individui che condividono obiettivi e interessi e possono consentire alle donne di tutto il mondo di connettersi, fornirsi supporto, collaborare e scambiarsi risorse utili.

Sfide e opportunità per le donne nei campi dominati dagli uomini

Come ogni grande cambiamento, anche quello di popolare ambiti dominati storicamente dagli uomini presenta sia sfide, sia opportunità per le donne che vi si apprestano. Iniziando dalle prime, le più impattanti sono, senza dubbio:

  • la lotta contro gli stereotipi di genere, che, come accennato, relegano le donne a determinati settori (in primis, educazione e cura) e le considerano “non adatte” per ruoli tecnici, di leadership o manageriali, svalutandone le competenze e instillando, nelle donne, la necessità di dimostrare costantemente il proprio valore (e faticare di più);
  • il divario retributivo, e, quindi, il minor guadagno, anche a parità di ruolo ed esperienza rispetto ai colleghi maschi, e, di conseguenza, una sottorappresentanza e un isolamento dilaganti, evidenti nella mancanza di colleghe o modelli di riferimento che possano rendere l’ambiente lavorativo meno solitario – e senza incorrere nel rischio di far desistere le donne che vogliono proseguire la propria carriera nei settori “maschili”;
  • il sessismo e la discriminazione, i quali confluiscono in microaggressioni, molestie, linguaggio sessista, ambiente ostile e scarsamente inclusivo e, dunque, in una totale esclusione dalle reti informali di networking, che ostacolano le donne nell’avanzamento di carriera.

Al contempo, tuttavia, abitare settori da sempre preclusi può presentare anche una serie di significative opportunità, tra cui:

  • pionierismo e modelli di ruolo, dal momento che le donne che riescono a distinguersi in tali campi possono rappresentare una fonte d’ispirazione per altre donne, creare un effetto a catena, aumentare la rappresentanza femminile e divenire, così, emblemi del cambiamento e fautrici di una ridefinizione delle norme di genere;
  • aumento della diversità, dovuta a un progressivo riconoscimento, da parte delle aziende, dei suoi benefici e vantaggi per la produttività, l’innovazione e la creatività nel complesso, il cui risultato è un acuirsi di programmi di leadership e reclutamento inclusivi;
  • espansione delle reti professionali, ossia, come abbiamo visto, comunità, offline e online, in cui le donne possono scambiarsi risorse, opportunità di crescita lavorativa, punti di vista, suggerimenti, mentorship e prospettive vantaggiose per colmare il gender gap e avanzare, nel cambiamento, in maniera coesa e focalizzata.

I limiti di fare empowerment imitano gli uomini

Fare empowerment femminile imitando gli uomini, però, può avere anche una sequela di limiti non indifferenti, dal momento che non si affrontano le radici reali della disuguaglianza di genere e si rischia di rinforzare l’idea secondo la quale il successo si debba conformare agli standard e ai modelli maschili imposti e preesistenti.

L’imitazione degli atteggiamenti degli uomini, infatti, può corroborare la visione per cui le caratteristiche associate tradizionalmente alla mascolinità (come l’aggressività, il focus costante sul lavoro e il senso di agonismo) costituiscano l’unica via per avere successo in determinati settori, portando a escludere quelle qualità tipicamente correlate alle donne (come l’empatia, l’intelligenza emotiva e la collaborazione) che, invece, potrebbero apportare un contributo essenziale.

Ne consegue che seguire le orme degli uomini possa portare le donne a perdere la propria autenticità, reprimendo parti di sé, il proprio stile di gestione e leadership o il proprio modo di relazionarsi alle altre persone e favorendo, così, un’immagine più aderente alle aspettative socio-culturali tramandate. Una conseguenza di questo approccio è la superwoman syndrome, ovvero l’aumento del carico mentale ed emotivo delle donne e la loro tendenza a rispondere alla pressione di “essere più brave degli uomini”, con rischio di burnout, stress e una complessità maggiore nel bilanciare vita lavorativa e privata.

Imitare gli uomini, infine, può condurre le donne che hanno raggiunto posizioni apicali o di maggior prestigio anche ad “allontanare” altre donne che non si riconoscono nei modelli maschili, rafforzando il pregiudizio secondo il quale le qualità considerate “femminili” non siano degne di valore o meno utili in determinati contesti professionali, e perpetuando, perciò, una cultura in cui le donne sono ancora giudicate inferiori rispetto agli uomini.

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