Cosa si intende per last chance tourism e quali sono le destinazioni più a rischio

Il last chance tourism (traducibile come "turismo delle ultime opportunità") consiste nel visitare luoghi e destinazioni fortemente compromessi dalla crisi climatica, che, per tale ragione, potrebbero non essere più "disponibili" in futuro. Vediamo quali sono le sue caratteristiche.

La crisi ecologica si estende a macchia d’olio in tutti gli ambiti della nostra quotidianità, intaccando l’aria che respiriamo, i mari che attraversiamo, il suolo che coltiviamo, gli animali che abitano il nostro pianeta. E, di conseguenza, anche i paesaggi naturali che osserviamo, e che, nell’arco di qualche decennio, potrebbero mutare o scomparire per sempre.

Si parla, in questo caso, di last chance tourism, ossia la volontà di visitare a tutti i costi luoghi gravemente minacciati dal cambiamento climatico, provocando, però, a essi ulteriori danni. Di che cosa si tratta? Scopriamolo insieme.

Che cosa si intende per last chance tourism?

Il last chance tourism (traducibile come “turismo delle ultime opportunità”) consiste nel visitare luoghi e destinazioni fortemente compromessi dalla crisi climatica, che, per tale ragione, potrebbero non essere più “disponibili” in futuro.

Ne deriva una vera e propria frenesia nel vedere, prima che scompaiano del tutto, posti della Terra particolarmente vulnerabili e a rischio, minacciati dall’innalzamento del livello del mare, dalla scomparsa di specie animali, dalla perdita e/o distruzione di habitat naturali e dal deterioramento di monumenti dalla forte valenza storica e culturale.

Il last chance tourism reca con sé sia innumerevoli danni – che affronteremo di seguito -, sia potenziali benefici. Come si legge su La Svolta, infatti:

Potrebbe rappresentare una risorsa, dal momento che visitare luoghi soggetti al cambiamento climatico potrebbe rendere le persone più coscienti della situazione e sensibilizzare verso stili di vita e comportamenti maggiormente sostenibili.

Il legame tra turismo e cambiamento climatico

Eppure, come abbiamo accennato, a essere presenti non vi sono solo eventuali vantaggi, ma anche, e soprattutto, conseguenze negative. Si pensi al fatto che il turismo, in generale, sia uno dei principali fattori del cambiamento climatico, in particolar modo per quanto concerne le emissioni di gas serra prodotte dai mezzi di trasporto, di cui è un emblema l’aereo, responsabile di una quantità significativa di CO2 nell’atmosfera.

Senza dimenticare l’effetto sulle risorse naturali. Come si legge su Borsa Mediterranea del Turismo:

Il turismo di massa ha un impatto negativo sulle risorse naturali dei luoghi visitati. L’espansione delle strutture alberghiere, delle strade e delle infrastrutture necessarie per supportare l’industria turistica richiede la distruzione di habitat naturali, l’uso intensivo di risorse idriche e il consumo eccessivo di energia. Questo comporta un impoverimento della biodiversità e una maggiore pressione sull’approvvigionamento idrico nelle aree già vulnerabili.

Il turismo, dunque, può deteriorare coste, paesaggi e habitat mediante la produzione ingente di rifiuti – che sovraccarica lo smaltimento locale -, un consumo eccessivo di acqua – che può portare alla sua scarsità, soprattutto in aree soggette a siccità -, l’inquinamento dei mari – mediante i prodotti chimici o gli scarichi di rifiuti di hotel, resort o strutture dagli atteggiamenti insostenibili – e la distruzione di siti naturali – a causa del sovraffollamento e della mancanza di rispetto nei confronti degli stessi.

Quali sono le destinazioni più a rischio?

Ma quali sono le mete su cui si concentra il last chance tourism? Tra queste, si annoverano, in particolare:

  • ecosistemi naturali fragili, come: la Grande Barriera Corallina in Australia, minacciata dall’acidificazione degli oceani e dal riscaldamento globale; le foreste pluviali dell’Amazzonia, compromesse dalla deforestazione e dai cambiamenti climatici; le regioni artiche, come il Polo Nord, a rischio a causa dell’innalzamento delle temperature, responsabile dello scioglimento dei ghiacciai;
  • patrimoni culturali e storici, tra cui: Venezia, minacciata dall’innalzamento del livello del mare e dal turismo di massa; Machu Picchu, in Perù, danneggiata dall’erosione del suolo e dalla pressione turistica; e Petra, in Giordania, compromessa a causa dell’erosione e dal turismo non sostenibile;
  • destinazioni insulari, come le Maldive, a rischio a causa dell’innalzamento del livello del mare, e le isole del Pacifico, come Kiribati e Tuvalu, minacciate anch’esse dall’innalzamento del livello del mare e dalla salinizzazione dei terreni agricoli;
  • habitat della fauna selvatica, tra cui si citano: il Parco nazionale di Galapagos, in Ecuador, minacciato dall’urbanizzazione e dalla pressione turistica; la riserva delle tigri di Sunderbans, in India e Bangladesh, danneggiata dall’innalzamento del livello del mare e dalla perdita di habitat;
  • destinazioni vulnerabili ai cambiamenti climatici, come le Alpi, minacciate dallo scioglimento dei ghiacciai e dall’instabilità climatica, e città costiere quali New York e Miami, a rischio a causa dell’innalzamento del livello del mare e dagli eventi climatici estremi.

Perché il last chance tourism può essere controproducente

Sebbene l’intento possa anche apparire positivo – dal momento che spinge le persone a rendersi conto della bellezza naturalistica, storica e paesaggistica che le circonda -, il last chance tourism, nel suo modo di porsi, può condurre a una serie di effetti deleteri per i luoghi stessi che si intendono salvare dall’oblio.

Come si legge su Ohga!, appunto:

Il last chance tourism è un paradosso: si viaggia per visitare mete vulnerabili alla crisi climatica e ambientale, ma spesso il viaggio stesso, con i suoi iper-consumi energetici e di risorse, contribuisce ad accelerarne la distruzione.

Paradossalmente, infatti, correre alla visita di destinazioni fortemente minacciate dal cambiamento ecologico potrebbe danneggiarle ulteriormente, a causa dei seguenti fattori:

  • pressione aggiuntiva sull’ambiente: l’incremento del turismo verso mete già vulnerabili può accelerare il deterioramento delle risorse naturali e culturali, mentre il sovraffollamento può compromettere gli ecosistemi delicati, causare l’erosione dei siti storici e disturbare la vita selvatica del luogo;
  • esaurimento delle risorse: il numero ingente di turisti può esaurire rapidamente le risorse – già limitate – disponibili in una determinata area, come acqua, energia e cibo, portando a problemi di approvvigionamento idrico, congestione del traffico e aumento dei rifiuti, con conseguenze pericolose e negative sull’ambiente e sulla salute pubblica del posto – dei cui abitanti è anche inficiata la qualità della vita;
  • minaccia alla conservazione: il last chance tourism potrebbe, infine, condurre a una sorta di effetto da self-fulfilling prophecy, dove l’attenzione sui luoghi a rischio li porrebbe ancora di più in pericolo a causa dell’afflusso significativo di turisti – il quale, come abbiamo visto, potrebbe, così, danneggiare irrimediabilmente gli ecosistemi o i siti storici che ci si augura(va) di preservare.
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