Eleonora Rocca: "Flessibilità e leadership gentile, così cambia il mondo del lavoro" - INTERVISTA

In previsione della terza edizione di WomenXImpact (cui Roba da Donne partecipa come media partner) abbiamo intervistato la fondatrice, Eleonora Rocca, per capire con lei quali sono le dinamiche del mondo del lavoro attuali e come le donne possono inserirsi per cambiare le cose.

Il Global Gender Gap Report condotto dal World Economic Forum (WEF) ci dice che, nel 2022, il divario di genere globale è stato colmato al 68,1%: ciò significa che per raggiungere la parità lavorativa si  è passati dai 136 anni del 2021 ai 132 dei dati più recenti, e quindi che il lavoro è tutt’altro che terminato.

Complici, tra le altre cose, anche gli anni di pandemia, le donne hanno spesso visto crollare i progressi raggiunti sul posto di lavoro, e hanno continuato a essere deputate, per larga parte, alla cura di figli e casa, secondo una concezione decisamente patriarcale e fatta per comparti stagni del lavoro e della divisione dei compiti familiari. Insomma, ancora oggi (e il Covid ha solo esasperato una situazione già abbondantemente collaudata) in caso di necessità è molto più facile che siano le donne a rinunciare alla propria carriera, complici il gender pay gap e l’impossibilità, frequente, di avanzamenti, o più semplicemente perché considerate le uniche “adatte” a occuparsi dei figli (e i padri?).

Del resto, facendo un rapido confronto, sono le politiche legate alla maternità stesse a farci avere un quadro estremamente chiaro: appena 10 giorni di congedo di paternità dopo la nascita di un figlio, di cui usufruire fino al compimento del quinto mese (ed è una conquista recente, visto che fino al 2013 non esisteva se non in caso di infermità o morte della madre, di abbandono o di affidamento esclusivo al padre), fra i più bassi in Europa, e in seguito congedo parentale retribuito al 30% (con una piccola modifica apportata dal governo Meloni), che tradotto significa A) che il carico familiare, anche con un bambino appena nato, è quasi del tutto sulle spalle della madre, e B) indurre le donne a scegliere tra lavoro e famiglia.

Saranno questi, e molti altri, i temi di cui si discuterà nella terza edizione di WomenXImpact, l’evento nato per iniziativa di Eleonora Rocca interamente dedicato all’imprenditoria e alla leadership femminile, che si svolgerà il 23 e il 24 novembre al FICO di Bologna e il 25 in modalità online, a cui, per il secondo anno consecutivo, partecipa in qualità di media partner anche Roba da Donne.

La nostra direttrice, Ilaria Maria Dondi, sarà protagonista del panel Non è un lavoro per (potenziali) madri, il 23 novembre, incentrato proprio sul tema dei diritti riproduttivi.

In attesa dell’evento, abbiamo intervistato la founder di WomenXImpact, Eleonora Rocca, con cui abbiamo discusso e anticipato alcuni degli argomenti che saranno il focus di questa terza edizione, dalle difficoltà delle donne ad accedere o a mantenere posizioni di prestigio nel mondo del lavoro, fino alla sostenibilità e al concetto di soft leadership.

Impossibile, quando si parla del mondo del lavoro, non menzionare il gender pay gap o il cosiddetto soffitto di cristallo, eppure, dati alla mano, le donne in ruoli di leadership fanno funzionare meglio le aziende e sono anche più sostenibili. Alcuni dati:

  • le aziende più inclusive hanno un incremento dei ricavi che varia dal 21 al 23%
  • senza il gender gap il PIL pro capite aumenterebbe dal 6,1 al 9,6%, e si avrebbero, fra le altre cose, 10,5 milioni di posti di lavoro in più entro il 2050
  • le aziende con rappresentanza di genere hanno il 25% in più di redditività
  • le aziende che hanno 1/4 di donne nell’organico hanno un margine di profitto più alto del 10% rispetto a quelle che non hanno donne nei CdA.

Perché quindi le donne fanno “funzionare” meglio le aziende e in cosa sono più sostenibili rispetto agli uomini?

“Secondo me, pur senza generalizzare, la donna ha delle attitudini verso determinate cose che sono per natura differenti dagli uomini, non meglio o peggio, ma semplicemente diverse, ad esempio il multitasking o la parte di emotional intelligence, visto che la parte emozionale in azienda è diventata sempre più importante. Veniamo da un passato in cui le persone venivano misurate solo in base a quanto performavano, mentre oggi le aziende devono adattarsi a team che lavorano da remoto, multiculturali, ci sono elementi che fanno si che l’intelligenza emotiva o le soft skills servano più di quanto servissero prima, e visto che la donna, per natura, riesce meglio in questa parte, allora funziona meglio sul lavoro.

Idem vale per il discorso perfezionismo: di nuovo, senza fare generalizzazioni, non si può negare che la donna sia molto più perfezionista, e per come il lavoro si sta evolvendo diventa sempre più importante; il perfezionismo, pur non essendo sempre corretto, fa sì che nell’outcome di un progetto le persone siano portate a metterci sempre più impegno.

Quelle che sono le caratteristiche più naturali insite nell’essere femminile oggi fanno sì che la componente femminile diventi importante nel contesto di ecosistema aziendale. Ancor di più, però, è il team diverse a essere fondamentale, perché questi team performano meglio, e questo è un dato indiscutibile e assodato. Non si fatica a capire perché: avere persone sedute a un tavolo con background, culture, anche religioni diverse, rappresenta un valore aggiunto per le aziende.

Rispetto al modo di lavorare stesso, invece, secondo me un tema fondamentale è quello della flessibilità: io ho l’esempio di Londra, dove vivo da anni. Qui nessuno si permette di chiamarti durante le vacanze, non esistono gli straordinari, alle cinque e mezza tassativamente si esce dagli uffici, c’è un fortissimo rispetto del lavoratore, cosa che in Italia non ritrovo. In Italia si dà per scontato che il lavoro è un favore, io stessa ho lasciato l’Italia pur avendo un buon lavoro perché non avevo orari e una paga non adeguata a quanto lavoravo. Il mercato del lavoro italiano non è flessibile, è proprio un sistema che deve essere scardinato e rivisto alla base, anche per offrire condizioni migliori alle donne, siano esse madri, che non dovrebbero essere obbligate a scegliere tra lavoro e famiglia, siano non madri, che spesso si ritrovano a essere caricate anche del lavoro a cui le madri hanno dovuto rinunciare.

Le cose devono cambiare, ma non cambiano da un giorno all’altro, e visto che siamo in un momento di svolta nel mondo del lavoro, di approccio al lavoro ma anche rispetto alla genitorialità, allora è il momento giusto per riscrivere nuove regole, che siano inclusive, meritocratiche, mirate a valorizzare il talento.

Anche rispetto alla genitorialità, in Italia c’è un problema di fondo, basti pensare al congedo di paternità ridicolo che concediamo ai padri, che spesso invece sono i primi a volersi occupare maggiormente dei figli o vorrebbero essere più presenti nella vita familiare ma non hanno la possibilità di farlo. Se noi dobbiamo operare un cambiamento socioculturale fare una guerra ‘di sessi’ è assurdo e controproducente, dobbiamo semmai cooperare, lavorare insieme, uomini e donne, perché spesso gli uomini sono i primi a pagare la situazione e a essere esclusi, non per volontà loro, dalle dinamiche familiari, fagocitati dal sistema del lavoro”.

Eppure, nonostante tutte queste premesse, pare che le donne, anche in posizioni di prestigio, mollino prima:  in tempi recenti è successo all’amministratore delegato di YouTube Susan Wojcicki, alla chief business officer di Meta Marne Levine, e, sempre restando in Meta, se ne sono andate prima il il capo della pubblicità globale Carolyn Everson nel 2021, e poi il direttore operativo Sheryl Sandberg nel 2022. Perché? Fortune, parlando in un articolo delle dimissioni del primo ministro neozelandese Jacinda Ardern, sottolinea che gli uomini ricevono meno pressioni rispetto alla loro vita personale. È così? 

“Ci sono diverse ragioni per cui le donne mollano prima. In tutto il mondo i dati parlano chiaro, le donne devono ancora fare i conti con il soffitto di cristallo, quando devono fare il salto non riescono, la mentalità del lavoro è ancora men-friendly. Per le aziende l’uomo è tuttora la scelta più safe, perché, ad esempio, non va in maternità.

Allora come si scardina questa mentalità? Anzitutto considerando, ad esempio, che la maternità non è una malattia, e che, con la flessibilità del lavoro, le famiglie potrebbero riuscire a gestire meglio le dinamiche familiari, i figli e anche il lavoro”.

Al di là del “maschile e femminile”, se così vogliamo dire, la cosa assodata è che esista una differenza sostanziale tra capo e leader, soprattutto alla luce di quel concetto di leadership gentile che sempre più aziende ricercano e che, a differenza di quanto si potrebbe pensare in superficie, non è in realtà solo una prerogativa femminile.

È importante cambiare l’approccio alla leadership, visto che le nuove generazioni non accettano di lavorare per te se tu non li fai sentire parte di un contesto in cui si ritrovano, che hai dei valori che condividi con loro. Prima il rapporto era solo con il boss, lui dava ordini e tu obbedivi, ma oggi la Gen Z non accetta più questo tipo di condizioni. La nostra generazione accettava stage non retribuiti e straordinari non pagati, oggi no. Anche a livello di team, quindi, i ragazzi devono ritrovarsi in un contesto in cui sentirsi a proprio agio, in cui si sentono valorizzati e in cui sanno che la loro parola è ascoltata. Adesso il leader è sempre più quello che viene scelto dal team, si è rovesciata la prospettiva, chi guida un team deve condividerne non solo obiettivi, ma anche linea di pensiero, principi, valori.

Per questo è così importante fare formazione, educare i manager, altrimenti non possiamo fare altro che aspettare che la Gen Z cresca per avere sempre più leader gentili“.

Esiste la possibilità di una leadership non femminile, ma femminista?

La leadership femminista mi sta bene se è costruttiva, se dà la possibilità vera di aprire una conversazione. Come ho già detto, non dobbiamo fare l’errore di pensare che la colpa sia degli uomini, perché spesso anche gli uomini sono penalizzati dal sistema del lavoro così com’è oggi e dalle politiche legate alla genitorialità, ad esempio. Dobbiamo lavorare insieme per cambiare le cose, impegnarci nel rispetto, nell’ascolto e nell’inclusione a 360°. Che il lavoro sia male oriented è innegabile, ma è importante che siano gli uomini stessi a protestare contro il sistema e ad ascoltare le donne, per questo io ai miei eventi sono sempre attenta che siano presenti degli uomini, affinché riescano davvero a capire quali sono le problematiche, dalla bocca stessa delle donne. Bisogna formare, non possiamo mantenere le stesse ideologie e politiche di 60 anni in un contesto in cui il mondo si è evoluto. Non basta l’evento fine a se stesso per ‘ripulirsi la coscienza’, altrimenti è solo pinkwashing, ci vuole un vero lavoro di formazione e di educazione”.

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