Sei vittima di ricatto emotivo? Come saperlo e i modi per difendersi

Il ricatto emotivo mira a far sentire a disagio il proprio interlocutore, al quale viene richiesto di soddisfare i propri bisogni e le proprie esigenze in modo spesso aggressivo, arrogante e subdolo, causando sensi di colpa e malessere nella vittima del ricatto stesso. Come riconoscerlo e come difendersi? Scopriamone i dettagli.

«Se mi ami davvero, non lo fai», «Non ti saresti comportata così, se mi volessi bene sul serio…», «Senza di te non posso farcela: da sola non vado», et similia. In apparenza, sembrano frasi d’amore, fiducia, conforto. In realtà, invece, si tratta di veri e propri ricatti emotivi.

Tutti, infatti, almeno una volta nella vita, siamo stati vittime di frasi manipolatorie, tese a convincerci di fare una determinata cosa o mutare – anche solo leggermente – le nostre abitudini in nome dell’amore e/o dell’affetto provato nei confronti della persona richiedente.

Se abbiamo ceduto, però, non significa che siamo stati “bravi”, ma, nella maggior parte dei casi, è la conseguenza di un ricatto emotivo, volto a persuaderci e a farci cambiare idea. Vediamo di che cosa si tratta.

In che cosa consiste un ricatto emotivo?

Il ricatto emotivo, come accennato, è una forma di manipolazione particolarmente subdola e dai confini labili, dal momento che è tendenzialmente perpetrata dalle persone a noi più vicine, appartenenti alla cerchia di amici stretti, partner, colleghi o parenti.

Esso, infatti, si configura come una minaccia, talvolta velata, altre volte palese e diretta, finalizzata a convincere la vittima del ricatto e a portarla a compiere ciò che il manipolatore desidera ottenere da quest’ultima. Come si legge su Psicoadvisor:

Alla base della dinamica transazionale del ricatto affettivo vi sono due ruoli: controllore, o ricattatore, e controllato. Il primo esercita pressione sul secondo, che “cede” sotto scacco della tensione e del disagio insostenibile che sperimenta. Quando una persona è oggetto di ricatto emotivo si sente spaventata, in colpa, a disagio, in obbligo, infastidita e costretta a fare qualcosa che limita sua libertà d’azione e di scelta.

La relazione tra controllore e ricattato è, appunto, impari, e si basa su un principio di mancata proporzionalità: si può trattare di potere, denaro o presa affettiva, ma, in ogni caso, il ricattatore sente di poter manipolare il suo interlocutore sulla base di un “vantaggio” – ovviamente solo apparente – e di poterlo fare al fine di soddisfare il proprio bisogno di affetto, considerazione, supporto e rassicurazione.

Il ricatto emotivo in psicologia

La persona che opera il ricatto emotivo, dunque, minaccia la vittima – in modo diretto o indiretto – di una possibile punizione nell’eventualità in cui questa non soddisfi le richieste presentate dalla prima e disattenda le sue aspettative.

Il controllore, inoltre, conosce perfettamente le debolezze e le crepe dell’individuo che intende ricattare – più o meno consapevolmente -, ed è proprio su di esse che pone maggiore attenzione ed enfasi, facendo leva sui lati d’ombra e sulle insicurezze che caratterizzano la vittima (dalla paura di essere abbandonati al timore di perdere il lavoro).

Non tutti i ricattatori, tuttavia, agiscono nello stesso modo. Come spiega State of Mind, infatti, possono esistere quattro tipologie differenti di controllori (ma i confini, ovviamente, non sono netti):

  • Sadico/punitivo: manipola e punisce in modo esplicito, rendendo evidente alla vittima la punizione cui andrebbe incontro nel caso in cui non facesse ciò che le viene richiesto. Il comportamento è, pertanto, aggressivo e prepotente, fino a giungere a scatti d’ira, minacce di ripercussioni fisiche, abbandono e svalutazione dell’altra persona;
  • Masochista/autopunitivo: anche in questo caso, le conseguenze della mancata soddisfazione di un bisogno sono rese immediatamente palesi, ma non sono rivolte verso la vittima, bensì verso se stessi. Le minacce, infatti, sono più lievi e intercettano la compassione e il “buon cuore” della vittima, informata di possibili danneggiamenti – alla propria salute e/o alla propria felicità – in caso di rifiuto;
  • Vittima: chi si comporta in tal modo non opera delle vere e proprie minacce, ma si presenta come debole, insicuro, sfortunato, infelice, ossia, appunto, alla stregua di una “vittima”, che, se non ottiene ciò di cui necessita, starà male, patirà e proverà dolore – ovviamente per colpa della “vera” vittima, il controllato;
  • Seduttore: la tipologia più subdola e pericolosa, la quale promette appoggio e supporto in cambio di un “premio” – dal denaro all’amore, da un avanzamento di carriera a un determinato favore -, per poi ammettere candidamente che tali vantaggi saranno ottenuti solo se saranno soddisfatte certe richieste.

Chi ne è vittima e alcuni esempi concreti

Il controllore ricorre al ricatto emotivo perché ha bisogno di dimostrare a se stesso di essere sicuro e forte, e, agendo in tal modo, crede di difendersi dal dolore e dalla vulnerabilità che lo contraddistinguono, facendo sentire – anche solo per un attimo – la persona di fronte a sé più “piccola” e indifesa.

Ma quali sono, invece, le caratteristiche di quest’ultima? Generalmente, la vittima di ricatto emotivo è un individuo che avverte un bisogno eccessivo di approvazione e conforto, il quale, perciò, pensa che, rispondendo positivamente alle richieste del suo ricattatore, possa ottenerli concretamente.

Di qui, deriva il desiderio di non incorrere in eventuali conflitti, soddisfacendo totalmente le esigenze del controllore, nei confronti del quale percepisce un elevato senso di responsabilità (e correlato senso di colpa, nel caso in cui un suo rifiuto potesse scatenare in lui dolore e sofferenza). Alla base, infatti, vi è assenza di amor proprio, e la convinzione che il benessere personale sia meno importante di quello altrui, collocato sempre al primo posto rispetto al proprio.

Una situazione spesso non semplice da individuare, dal momento che chi attua il ricatto emotivo – mediante minaccia, senso di colpa o altri mezzi, come regali e promesse – è particolarmente abile nel far apparire altamente ragionevoli le proprie richieste. Lo dimostrano gli esempi più comuni di manipolazione affettiva, quali: «Ti ho tradito perché mi hai trascurato», «Se mi lasci, mi uccido», «Ho parlato con i miei amici e la mia famiglia, e sono tutti d’accordo nel pensare che sei pazza!», «Se tu comprassi solo cibo sano, non sarei grasso», e così via.

Come difendersi da un ricatto emotivo

Come difendersi? Ma, soprattutto, come uscirne? Il primo passo, come sempre, è prendere consapevolezza della situazione in cui si trova: se ci si rende conto di provare soggezione nei confronti di una determinata persona, di cambiare spesso le proprie abitudini in virtù del benessere di quest’ultima e di avere paura/difficoltà a comunicare con lei, è, allora, bene ammettere a se stessi di essere vittima di un ricatto affettivo.

Bisogna, perciò, essere onesti e chiari con sé, tenendo traccia delle frasi manipolatorie di cui si è succubi e degli atteggiamenti aggressivi e arroganti che le accompagnano, compresi gesti e/o apprezzamenti – di natura verbale o economica – che possono esservi correlati.

Infine, è necessario chiedere aiuto e abbandonare al più presto la condizione castrante in cui si è immersi, parlandone con uno psicoterapeuta che possa dare supporto sia nel gestire il disagio legato al ricatto emotivo, sia nello scoprire i motivi alla base dell’accettazione di tale comportamento.

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