La violenza economica di cui non si parla e impedisce alle donne di ricominciare

La violenza economica è un abuso di cui si parla ancora troppo poco. Eppure è un fattore fondamentale, dal momento che spesso impedisce alla donna di ricominciare una nuova vita, tenendola legata ad una situazione di soprusi e violenze da cui non riesce ad uscire.

C’è un tipo di violenza di cui si parla ancora troppo poco, ma che non dovrebbe essere affatto sottovalutato. Si tratta della violenza economica, che migliaia di donne subiscono da anni senza, a volte, esserne addirittura consapevoli. Ha inizio con piccoli gesti, che spesso non vengono avvertiti come un vero e proprio abuso, e si finisce con la totale soppressione dell’indipendenza economica di una donna, che non può più liberarsi della vita alla quale si è trovata incatenata.

Ma è davvero una realtà così terribile, quella che si viene delineando in questo modo? Sì, e lo è maggiormente proprio perché più subdola: si infiltra nelle maglie di una relazione senza essere notata, e quando i suoi effetti sono ormai evidenti è troppo tardi per fare marcia indietro. Una donna studia, segue i suoi sogni e magari si realizza nel mondo del lavoro, poi incontra l’uomo di cui si innamora e decide di mettere su famiglia.

A quel punto ci sono due strade: entrambi i partner, dividendosi equamente le incombenze domestiche e quelle relative ai figli, proseguono con la propria carriera. Oppure la donna rimane a casa ad occuparsi di tutto, rinunciando al lavoro e – naturalmente – al suo stipendio. La terza via non viene quasi mai contemplata: l’uomo che lascia il lavoro e permette alla sua compagna di vita di farsi una carriera.

Quello che comporta realmente l’abbandono del lavoro da parte di una donna è l’inizio di una dipendenza economica che può essere estremamente pericolosa. Se non può più contare su un proprio stipendio, se non può permettersi degli acquisti in autonomia, se il suo partner continua a tenere attentamente sotto controllo ogni spesa e a criticare la sua gestione degli affari, fino a decidere di amministrare il denaro di casa senza la sua partecipazione, ecco che la donna si trova in una posizione di sudditanza.

E se, a seguito di questa violenza, volesse tagliare i ponti con la sua vita e ricominciare da zero, si troverebbe in un mare di guai. Senza soldi, è quasi impossibile fare i bagagli e riprendere in mano la propria vita, a meno di non avere alle spalle una solida rete di aiuti. Non si può prendere in affitto un appartamento, non si hanno le risorse economiche per i beni di prima necessità quali il cibo e i vestiti. E trovare un lavoro diventa sempre più difficile.

E i figli? Il mantenimento – se e quando arriva – spesso è insufficiente per provvedere alle loro esigenze e ciò crea un ulteriore carico emotivo alla donna, che per evitare di mettere i suoi bambini in condizioni di miseria rinuncia a liberarsi dal giogo della sua relazione.

Ma il problema non riguarda solamente la famiglia. Una donna può essere vittima di violenza economica anche da parte del proprio datore di lavoro, che approfitta della sua necessità di avere uno stipendio per approfittare di lei psicologicamente e, talvolta, fisicamente. E non è certo una novità che, a parità di competenze e di mansioni, spesso una donna guadagna molto meno di un uomo. Non è che un riflesso della violenza economica che serpeggia nella nostra società, l’ennesima dimostrazione di una violenza di genere che dobbiamo impegnarci ad abbattere.

Una recente indagine di Procter & Gamble, l’azienda americana di beni di largo consumo, ha dimostrato come effettivamente questo tipo di violenza sia ancora molto sottovalutato, proprio dalle stesse donne che ne sono spesso vittime principali. Su oltre 500 intervistate – tutte donne over 50 – il 71% ha dichiarato di trovare più umiliante la violenza verbale che non quella economica. Eppure, uscirne è molto più complicato. Dobbiamo riprendere in mano la nostra vita e la nostra indipendenza finanziaria, abbattendo una mentalità maschilista che vuole ancora la donna a casa a crescere i figli. Dobbiamo farlo per noi stesse, e per le donne – e gli uomini – di domani.

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