La povertà sanitaria è soprattutto donna

La povertà sanitaria interessa circa 390.000 italiani e colpisce soprattutto le donne, limitando l'accesso alle cure mediche e ai farmaci. Una situazione molto grave, evidenziata dal 10° Rapporto "Donare per curare – Povertà Sanitaria e Donazione Farmaci", realizzato da OPSan - Osservatorio sulla Povertà Sanitaria con il contributo di ABOCA e IBSA Farmaceutici. Vediamone i dettagli.

Sono circa 390.000 gli italiani che, nell’arco del 2022, non hanno potuto permettersi di acquistare i farmaci di cui avevano necessità. È quanto è emerso dal 10° Rapporto “Donare per curare – Povertà Sanitaria e Donazione Farmaci”, realizzato da OPSan – Osservatorio sulla Povertà Sanitaria (l’organo di ricerca del Banco Farmaceutico) con il contributo incondizionato di ABOCA e IBSA Farmaceutici.

I dati, presentati nel corso di un convegno tenutosi il 12 dicembre e promosso da AIFA e Banco Farmaceutico, rivelano le ancora gravi difficoltà riscontrate da un numero ingente di individui in relazione all’accesso alla salute e alle cure mediche, ponendo in evidenza un aspetto preoccupante: la percentuale sempre più elevata di persone che versano in povertà sanitaria.

Ma di che cosa si tratta nello specifico e quali sono i modi per contrastarla? Vediamone i dettagli.

Che cosa si intende per povertà sanitaria?

Con povertà sanitaria ci si riferisce alla condizione nella quale si trovano tutti gli individui che, a causa di un reddito troppo basso, non riescono a provvedere alle cure mediche necessarie a se stessi e/o alla propria famiglia. In base al Rapporto sopra citato, questo significa, dunque, che il 7% della popolazione italiana non ha le risorse economiche sufficienti per salvaguardare la propria salute, soprattutto quando si tratta di cure o medicinali che il Sistema Sanitario Nazionale non riesce a garantire.

Come spiega il Rapporto, infatti, per povertà sanitaria

si intende identificare le conseguenze della scarsità di reddito sull’accesso a quella parte delle cure sanitarie che restano a carico degli indigenti a causa del mancato intervento del SSN, come tipicamente accade per l’acquisto dei farmaci da banco e per la compartecipazione alla spesa sanitaria mediante il pagamento dei ticket.

Una situazione maggiormente aggravata dal Covid-19 e dalla guerra in corso in Ucraina, che ha innalzato il costo della vita e, contestualmente, ha inficiato il benessere collettivo e individuale. Per tale motivo, sono numerosissimi coloro che hanno chiesto aiuto a una delle 1.806 realtà assistenziali messe a disposizione dal Banco Farmaceutico, al fine di ricevere gratuitamente cure mediche e farmaci.

Chi soffre di povertà sanitaria

A soffrire di povertà sanitaria sono, quindi, le persone indigenti. Si stima che queste ultime abbiano mensilmente un budget di 9,90 euro per le spese mediche, mentre un individuo non povero avrebbe a disposizione sei volte tanto, ossia 61,83 euro al mese.

Il budget si abbassa drasticamente quando si considerano solo i farmaci: 5,85 euro per le persone povere, 24,51 euro per quelle non povere. Eppure l’acquisto dei medicinali interessa ben il 60% delle spese mediche sostenute dalle prime. Il perché è presto detto:

Il Sistema Sanitario Nazionale non offre alcuna copertura per i famaci “da banco”, non avendo introdotto distinzioni tra chi è sotto la soglia di povertà e chi è al di sopra.

A ciò si aggiungono, poi, anche le difficoltà economiche che interessano sia le famiglie povere, sia quelle non povere, soprattutto per quanto concerne il costo delle visite mediche. Come si legge, infatti, nel comunicato stampa diffuso dal Banco Farmaceutico:

Nel 2021 hanno cercato di ridurre le spese sanitarie (rinunciando o rinviando a visite mediche/accertamenti periodici) complessivamente oltre 4 milioni 768 mila famiglie (10 milioni 899 mila persone), di cui quasi 639 mila (1 milione 884 mila persone) in povertà assoluta. La rinuncia alle cure è stata praticata da 27 famiglie povere su 100 a fronte di 13 famiglie non povere su 100, per un totale di 15 famiglie su 100.

Insomma, la situazione sta diventando sempre più preoccupante, sia per le famiglie povere, sia per quelle non povere.

Donne e povertà sanitaria

Se si focalizza l’attenzione su una certa fascia della popolazione, si scopre, però, che a essere maggiormente colpite dalla povertà sanitaria sono proprio loro: le donne.

Le motivazioni, anche in questo caso, sono – ahimè – facilmente rintracciabili: contratti part-time, contratti a termine/non standard, conciliazione tra famiglia e carriera (a scapito della seconda), mancati rinnovi contrattuali, pagamenti in nero, posizioni apicali a mero appannaggio degli uomini, gender pay gap, e così via.

Le donne, nonostante i loro impieghi, continuano a essere povere e a essere relegate ad alcuni settori lavorativi specifici, come quelli della cura e dell’assistenza nel complesso. Come si legge su InGenere, vi è, però, un paradosso:

Da un lato le lavoratrici sono maggiormente a rischio di lavori sottopagati e sotto qualificati e hanno più probabilità di essere impiegate con contratti non standard; dall’altro, questi svantaggi non vengono conteggiati nella posizione socio-economica delle donne perché la povertà lavorativa si misura sulle risorse complessive del nucleo familiare. Si trascura, dunque, la disparità di potere economico e decisionale tra i membri del nucleo familiare – indipendenza economica e carico di cura –, contando su una presunta equa redistribuzione delle risorse all’interno della famiglia.

Senza dimenticare le donne straniere, single e con figli a carico, il cui reddito risulta ancora più menomato – e nei confronti delle quali l’investimento, in termini di impieghi, è ancora minimo, per non dire assente.

Come debellarla e garantire le cure a tutti

Qual è, allora, una soluzione adeguata per concedere a tutti la possibilità di accedere alle cure mediche necessarie? Le possibilità sono molteplici.

Un primo passo potrebbe essere, per esempio, quello di acuire i servizi sociosanitari locali e territoriali, promuovendo logiche di mutuo aiuto, solidarietà e prossimità. In questo senso, si potrebbero istituire ambulatori solidali, favorire gli interventi di telemedicina e assistenza domiciliare e garantire, inoltre, la distribuzione di farmaci e materiale sanitario a carico della comunità (un po’ come il “caffè sospeso”, ma con i farmaci).

In tal modo, si potrebbe offrire un sostegno a tutte quelle persone che, come abbiamo visto, versano in condizioni drammatiche – dagli immigrati agli homeless, fino ai nuclei familiari più indigenti – e non dispongono delle risorse necessarie per pagare farmaci e ticket delle visite mediche.

Come afferma Sergio Daniotti, presidente della Fondazione Banco Farmaceutico Onlus, infatti:

Purtroppo, le condizioni di chi vive in Italia non sono destinate, nell’immediato futuro, a migliorare; questo, a causa di alcuni effetti persistenti della crisi economica derivata dalla pandemia, e della grave situazione internazionale. Speriamo che i dati del nostro Rapporto siano letti con attenzione dalle istituzioni, e che rappresentino per esse uno strumento per comprendere più a fondo i bisogni di chi è in difficoltà e attuare, così, misure e politiche in grado di rispondervi con efficacia.

Speriamo che i provvedimenti possano essere celeri.

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