Skoliosessualità, chi è skoliosessuale e perché l'etichetta non convince

Di derivazione greca, il termine skoliosessualità si riferisce alle persone che provano attrazione sessuale nei confronti di individui che si identificano in un genere non binario. Non tutti, però, sono d’accordo con questa espressione, soprattutto alcuni membri della comunità LGBT. Vediamo perché.

Non c’è limite alla fantasia, quando si tratta di “etichette” con cui nominare orientamenti sessuali e identità di genere. E per fortuna, in molti casi: anche se categorizzare le persone non dovrebbe essere la nostra priorità, avere a disposizione parole, concetti ed espressioni con cui poter parlare di se stessi è, nella maggior parte delle occasioni, un sollievo per numerosi individui e, al contempo, un modo per affermare con forza la propria presenza e dignità all’interno della società.

Non tutti i termini, però, convincono. È il caso della “skoliosessualità”, locuzione diffusa già da più di dieci anni nell’ambito del dibattito circa gli orientamenti sessuali, ma tuttora ancora fonte di ambiguità, contraddizioni e diverse invettive da parte della comunità LGBTQI+.

Per quale motivo? Alla base delle critiche vi sarebbe il significato della parola stessa, in apparenza poco lusinghiero e definito, da molti, offensivo nei confronti delle persone cui il termine si riferisce. Perché? Scopriamone i dettagli.

Skoliosessualità: che cosa significa?

Il termine deriva dalla crasi tra il prefisso di origine greca “skolio-” (“storto, curvo”) e sessualità. Essere “skoliosessuale” significa, quindi, provare attrazione nei confronti di chi è “diverso”, inteso nel senso di ciò che appare distante da quello che è tendenzialmente considerato la “norma”.

Nello specifico, le persone skoliosessuali sono affascinate sessualmente da individui che si identificano in un genere non binario. In poche parole: tutte quelle persone che non si pongono nel solco creato dal binarismo maschio-femmina e che lo superano, lo eludono, collocandosene al di fuori.

In questo ambito rientrano, dunque, gli individui transgender, transessuali e, in generale, genderqueer, ossia tutti coloro che, appunto, non accettano la tradizionale distinzione tra maschile e femminile imposta a livello sociale. Dicotomia negata, a loro volta, dagli stessi skoliosessuali, i quali si affrancano, così, dalle etichette collettivamente diffuse e “accettate”.

Non è un caso, infatti, che l’espressione abbia visto la propria diffusione mediante il web, apparendo su un forum nel 2010 all’interno di un diagramma utilizzato per esporre e spiegare tutte le molteplici sfumature connesse all’attrazione sessuale.

Dall’epoca, non vi è mai stata una definizione univoca della skoliosessualità, ma quella che prevede la fascinazione per le persone genderqueer è, al momento, la più accreditata.

Comunità LGBTQI+ e skoliosessualità

Come accennato, tuttavia, la gran parte delle critiche che si riservano a tale espressione scaturiscono proprio dal suo significato o, meglio, dalla sua derivazione etimologica. Come precisa la terapista sessuale Stephanie Buehler su Shape:

Etichettare le persone transgender e di genere non binario come “storte” è stigmatizzante, perché la parola “storto” ha numerosi significati, alcuni dei quali particolarmente negativi.

E sono, appunto, questi ultimi a far storcere il naso a molti membri della comunità LGBTQI+, che vedono, nella skoliosessualità, un tentativo di “feticizzazione” delle persone trans e, in generale, non binarie, raggruppate, in un certo senso, in una grande e unica “categoria queer”. Senza considerare, come spesso accade, che le persone che la compongono sono dotate di identità, caratteri e inclinazioni differenti e individualità proprie, non catalogabili ed etichettabili.

Spezza una lancia a favore dell’espressione, invece, Jesse Kahn, terapista sessuale e direttore del Gender & Sexuality Therapy Center di New York, che su Vanity Fair afferma che:

La creazione del termine credo volesse segnalare la consapevolezza culturale e la rilevanza della varietà di genere, della fluidità di genere e delle persone trans e non binarie.

Un modo per designare, dunque, la fluidità della nostra sessualità, agglomerando, in una sola locuzione, corpi e identità anche molto distanti tra loro.

Come sempre in caso di diatribe e disaccordi, l’ultima parola, però, deve spettare alle persone che, in tale locuzione, vi si riconoscono. Sono solo loro le più legittimate a dichiarare se l’espressione utilizzata si trova in sintonia con ciò che sentono a livello profondo e se rispecchia pienamente la propria attrazione e “posizione” nel mondo. E nessuno può farlo al posto loro.

Da chi sono attratti gli skoliosessuali?

Abbiamo detto che le persone skoliosessuali sono attratte da individui genderqueer. Ma che cosa significa, esattamente, essere genderqueer?

Il termine è una “espressione-ombrello” utilizzata per designare tutti coloro che non amano rientrare nella distinzione canonica tra maschile e femminile. Nello specifico, significa che le persone queer non si identificano, necessariamente, né con il sesso attribuito alla nascita, né con la dicotomia comunemente accettata tra i generi.

Come si legge su Bossy:

I genderqueer possono dunque appartenere a un terzo genere, a entrambi o a nessuno. Possono inoltre scegliere un percorso medicalizzato per avvicinarsi di più alla rappresentazione fisica che sentono appartenere loro, così come possono non farlo (c’è chi si fascia il seno, c’è chi lo rimuove, chi non effettua operazioni ma intraprende una cura ormonale, chi esprime il proprio io mischiando capi convenzionalmente considerati femminili con quelli maschili, e così via).

In questo bacino di possibilità possiamo, quindi, incontrare persone bigender (chi si identifica in entrambi i generi), agender (coloro che, al contrario, non sentono proprio nessun genere), transgender (gli individui che sentono di possedere un’identità di genere diversa da quella assegnata alla nascita) e transessuali (ossia i transgender che hanno deciso di avviare un percorso medicalizzato per la riassegnazione dell’identità di appartenenza).

Le possibilità sono innumerevoli, così come le forme dell’attrazione. L’importante è lasciarsi liberi di essere se stessi e di essere affascinati da chi desideriamo. Al di là delle convenzioni.

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