È giusto fare coming out al primo appuntamento? Una delle discussioni più accese che ho spesso avuto la sfortuna di osservare, sul web o nei programmi televisivi, riguarda il coming out delle persone transgender.

Tutte le volte ho tristemente letto e sentito frasi abominevoli, da far accapponare la pelle, pronunciate con arroganza da persone cisgender che credono di poter decidere della vita di una persona trans* e che credono di poter decidere cosa sia giusto o sbagliato per loro. Dimenticandosi però che ci sono cose nella vita che non sono opinabili: una di questa è il coming out.

Tante, troppe persone assolutamente estranee alla comunità T sostengono che una persona transgender debba fare coming out già dal primo appuntamento con un/una ipotetic* partner appena faccia una nuova conoscenza.

Dovrebbe essere scontato il fatto che nessun individuo può decidere sui coming out altrui, ma vorrei snocciolare la questione e spiegarvi le varie motivazioni per cui una persona T non è costretta a fare coming out al primo appuntamento.

Non è sicuro

Per una persona trans* il coming out, in determinate circostanze, potrebbe non essere sicuro e potrebbe addirittura essere un rischio per la propria sicurezza personale.

Fare coming out al primo appuntamento o non appena si conosce qualcun* potrebbe essere davvero molto pericoloso, dal momento in cui non si conosce la persona che si ha di fronte e non si potrà  prevedere la sua reazione in seguito a una confidenza così intima e personale.

Se pensiamo che le vittime di transfobia (persone assassinate solo per il fatto di essere trans*) solo nel 2021 ammontano a più di 400, credo sia molto semplice comprendere che non è assolutamente sicuro fare coming out con qualcuno che non si conosce a fondo.

Oltre al rischio di transfobia esplicita (violenza verbale, violenza fisica, omicidio) fare coming out al primo appuntamento può innescare episodi di transfobia implicita o microaggressioni dovute al fatto che la persona a cui si sta rivelando la propria transgeneritá non ha gli strumenti necessari per affrontare la questione.

Non spetta a te decidere

Una cosa che forse ci siamo totalmente dimenticat* è che non possiamo decidere noi per la vita di un’altra persona. Questo vale ovviamente anche per le persone trans* e in particolare per la loro scelta o meno di fare coming out.

Il coming out deve essere sempre consensuale (altrimenti sarebbe outing) e non può essere preteso. Solo una persona trans* può sapere quale sia il momento giusto per uscire dall’armadio!

Ognun* di noi ha i propri tempi e può (e deve!) decidere in totale libertà e sicurezza quando e come uscire allo scoperto.

Il coming out non è un dovere

Se si crede che una persona trans* abbia il dovere di fare coming out al primo appuntamento o la prima volta che si conoscete si ha un serio problema: la transfobia.

Non c’è assolutamente nessun motivo valido per cui una persona transgender debba riferire a una persona sconosciuta o quasi qualcosa di così intimo e personale.
Se si pretende che qualcuno dica fin da subito della sua transgeneritá molto probabilmente è perché non si vuole avere nulla a che fare con una persona T nella propria vita.

La presunzione che troppe persone hanno nel credere che una persona trans* sia costretta a uscire allo scoperto fin dal primo momento deriva da anni e anni di stereotipi dolorosissimi che la comunità T si porta sulle spalle. Stereotipi e pregiudizi che ci mostrano le persone trans* come mostri deformi, predatori o predatrici sessuali o imbroglion*.

La realtà dei fatti è che una persona transgender è un essere umano come qualsiasi altro e la sua transgeneritá è solo una sua caratteristica secondaria, non la sua intera essenza e non l’unica cosa importante da conoscere di quella persona.

È discriminatorio

Pretendere che una persona transgender faccia da subito coming out e giustificare questa assurda pretesa con affermazioni del tipo “io voglio avere relazioni solo con veri uomini o vere donne” è quanto di più transfobico e discriminatorio ci possa essere.

Significa considerare le persone T come qualcosa di “altro”, qualcosa di non desiderabile e anzi disgustoso. Questo atteggiamento è molto discriminatorio perché mina la validità e l’identità delle persone trans* in questione, considerate a un livello inferiore rispetto alle persone cisgender.

Le persone transgender, in realtà, sono già vere donne e veri uomini: bisogna smetterla di giustificare la transfobia con la biologia.

Riconosci i propri privilegi

Costringendo una persona transgender a fare coming out al primo appuntamento si sta affermando (e non troppo velatamente) che si ritengono le persone T inferiori, riconoscendo quindi il proprio privilegio di persona cisgender e abusandone. Una persona cisgender infatti non è chiamata a fare alcun coming out sulla propria identità.

Si sta in questo modo oggettivando le persone T come una perversione sessuale, calpestando la loro dignità di esseri umani.

La diversità fa paura

Spesso si pensa che una persona transgender dovrebbe fare coming out al primo appuntamento per paura di essere criticati e giudicati dalla società per essere sgattaiolati fuori dall’etero-norma.
Si crede che uscire con una persona trans*  ci renda meno accettabili agli occhi della società e di chi ci sta intorno. Si antepone un proprio pregiudizio alla libertà altrui di scegliere quando e se condividere una parte di sé.

“E se volessi dei figli?”

Molte persone, per giustificare la propria transfobia, sostengono che una persona transgender debba fare coming out al primo appuntamento perché potrebbe pregiudicare la scelta di volere figli.

Questo ragionamento non ha alcun senso e provo a spiegare brevemente perché: come prima cosa, credo che quasi nessuno parli di figli a un primo appuntamento. In secondo luogo, non credo che si chieda a ogni donna o uomo cis con cui si esce se sia fertile o meno. Pretendere di avere una relazione con una persona fertile è una violenza e anche un abuso di potere sulla persona stessa. Ci sono tantissime donne cisgender e tantissimi uomini cisgender che non possono avere figli. Non penso che si direbbe loro che avrebbero dovuto dirlo al primo appuntamento. Oltretutto, le persone trans* possono avere dei figli, siamo nel 2021, mica nel medioevo.

Il mio coming out

Il coming out, per me che sono un ragazzo trans* di soli 25 anni, è stato un dramma. Ho sempre sentito addosso la pressione di dover uscire allo scoperto, mi sono sentito sporco, sbagliato, un imbroglione. Mi sono sempre sentito in dovere di dire a tutti e tutte qualcosa di così intimo e personale che spesso, per evitare di dover fare coming out, ho sprecato tante occasioni o perso amori e amici.

Ho sofferto così tanto per questa pressione sociale e per questo sentirmi in dovere di fare coming out che ho trasformato la mia paura in un libro: Controcuore, non avere paura di essere chi sei.

Controcuore. Non avere paura di essere chi sei

Controcuore. Non avere paura di essere chi sei

Nonostante il protagonista non voglia, si ritrova costretto ad affrontare la durezza della vita e a combatterla. Il timore di non apparire giusto agli occhi degli altri lo tormenta, costringendolo a nascondersi, fino a chiudersi in se stesso. È un ragazzo transgender, e questa è la causa di tutte le sue paure.
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Un libro tutto incentrato sulla paura di fare coming out, sulla paura di farlo e poi di essere rifiutato da chi si ama, dalla famiglia, dagli amici. Una storia di invisibilità che ha lo scopo di far comprendere a tutti e tutte come ci si sente a stare chiusi dentro al proprio armadio e sentire che il mondo fuori cerca di tirartici fuori in tutti i modi e contro la propria volontà.

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