Sull’attesissimo palco di Sanremo si è scatenata, dopo ieri sera, la furia della comunità transgender (e non solo!) per lo sketch comico di Checco Zalone.

Proverò a spiegare brevemente perché quello sketch, visto dagli occhi di una persona trans*, è altamente problematico, offensivo e transfobico.

Ancora una volta è stata sottratta la possibilità alla comunità transgender, marginalizzata e invisibilizzata, di parlare al grande pubblico.
Ancora una volta è una persona cisgender a parlare al posto della comunità T.

Il problema dell’invisibilizzazione

Al posto di un ridicolo e squallido sketch comico (se abbia fatto ridere o meno non è quello che ci interessa) sulle persone transgender, se davvero si voleva fare informazione sulla tematica, si sarebbe dovuto invitare un* attivist* T sul palco.
Bisogna passare il microfono, far parlare i diretti interessati a non parlare di loro senza interpellarli.

Quella che ieri è andata in onda è stata a tutti gli effetti una ridicolizzazione della comunità transgender e nient’altro.
Non c’è stata alcuna sensibilizzazione sull’argomento e non è passato nessun messaggio sociale.

Umorismo punch-down

Lo sketch di Checco Zalone è stata una vera e propria dimostrazione di umorismo punch-down, ovverosia quando una persona che ha dei privilegi (in questo caso Zalone) ottiene risate e consensi a spese di coloro che hanno meno potere e sono invisibilizzati.

Se il reale scopo dell’intervento di Checco Zalone al Festival di Sanremo era quello di sensibilizzare sulla transfobia dobbiamo ammettere che ha fatto un vero e proprio buco nell’acqua e che dovrebbe solo scusarsi.

Il messaggio tra la righe non è stato colto o forse non c’era: la comunità transgender si è sentita fortemente offesa e discriminata.

Oltretutto, se personaggi come Salvini o Adinolfi (conosciuti proprio per il loro astio verso la comunità LGBTQIA+) hanno condiviso sui propri canali social messaggi di acclamazione e supporto verso lo sketch di Zalone, credo proprio che il messaggio che si voleva mandare non è arrivato.

Basta stereotipi

Il siparietto portato avanti da Checco Zalone è stato molto violento, transfobico e pieno di stereotipi. Proviamo a capire insieme perché.

Chi continua a sostenere che non ci sia nulla di problematico o transfobico nelle parole di ieri sera di Checco Zalone ha solo un motivo per farlo: perché considera normale il fatto che le persone trans* vengano rappresentate in quel modo.

Nelle parole usate da Checco Zalone per descrivere la donna trans, personaggio del suo sketch, non c’è nulla di normale.

La rappresentazione che è venuta fuori dallo spettacolo di ieri sera è solamente un accumulo di stereotipi dannosi e discriminatori che le donne trans* (e le persone trans* in generale) si portano addosso come un macigno da secoli.

Ma quali sono questi stereotipi?

Come prima cosa, Zalone ha rappresentato il rapporto tra un uomo cisgender e una donna transgender come omosessuale, andando a rafforzare lo stereotipo secondo cui le donne trans* sono “ancora uomini”, “non sono abbastanza donne” e possono stare solo con uomini gay.

Rappresentare una donna transgender come un uomo travestito, scimmiottato e che si prostituisce è quanto di più transfobico possa esistere.

Perché? Semplicemente perché non è la realtà dei fatti. Semplicemente perché va a creare una rappresentanza falsa, un immaginario sulle persone transgender che non rispecchia la realtà.

Oltretutto, Zalone ha utilizzato un linguaggio fallo-logo-centrico, mettendo sempre in evidenza il (presunto) pene della donna trans* protagonista dello sketch, come fosse l’unica cosa che la rappresenti.

Quella portata da Checco Zalone sul palco di Sanremo è una rappresentazione nociva e problematica delle persone transgender che nel 2022 siamo stanchi di vedere:

La macchietta

Quello che è andato in onda a Sanremo è stato di una violenza inaudita nei confronti della comunità transgender.
Ancora una volta le persone T rappresentano la “macchietta”, lo scherzo, la burla, qualcosa che fa ridere, che sta “a metà”.

Se per far ridere dobbiamo ancora fare battute transfobiche, discriminatorie, razziste o sessiste abbiamo un grande problema.
No, lo sketch di Checco Zalone non ha nessun messaggio sociale nascosto.
Ipersessualizzare, misgenderare e rendere uno stereotipo vivente una donna trans* non sensibilizza contro la transfobia.

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