Una terribile notizia di cronaca del mese scorso ha scosso la comunità transgender di tutto il mondo: due donne trans*, in Camerun, sono state condannate a 5 anni di carcere, con l’accusa di “tentata omosessualità”.

Shakiro e Patricia, questi i nomi delle donne, come riporta Reuters, erano state poste in arresto lo scorso 8 febbraio da una pattuglia di polizia la quale, facendo irruzione in un ristorante di Doula dove le due stavano cenando, le ha trascinate fuori dal locale con la forza. Le due donne sono state arrestate, secondo quanto hanno riportato i testimoni, solamente perché indossavano abiti femminili. 

Da quanto riportato dagli avvocati difensori delle due donne sembrerebbe che le autorità si stiano accanendo contro di loro, accusandole anche di oltraggio a pubblico ufficiale e mancanza di una carta d’identità nazionale. Questi due reati, a detta degli avvocati, vengono raramente perseguiti nella Repubblica unitaria dell’Africa equatoriale.

Siamo nel 2021 ma sembra di aver fatto un salto indietro nel medioevo, viste le dichiarazione che Shakiro e Patricia hanno rilasciato tramite i loro avvocati: le donne hanno infatti detto di essere state interrogate senza la possibilità di chiamare alcun legale, di aver ricevuto minacce di morte e di essere state insultate più volte e in modo violento con frasi transfobiche da parte delle forze dell’ordine.

In seguito all’arresto le due donne sono state processate, ritenute colpevoli, e condannate a 5 anni di carcere. Come se non bastasse la violenza e l’umiliazione che le due hanno dovuto subire, queste sono state condotte in un carcere maschile per scontare la loro pena.

Questo, oltre a essere un gravissimo atto transfobico il quale mina la validità della loro identità di genere e la annulla, è un gesto che può mettere in serio pericolo la loro vita: le donne transgender che vengono condotte in carceri maschili spesso ricevono minacce, percosse, stupri, rischiano di venire brutalmente uccise o decidono di porre fine alla loro sofferenza togliendosi la vita.

L’incarcerazione delle due donne, oltre a essere un oltraggio a qualsivoglia diritto umano, è un gravissimo colpo che viene inferto alla comunità T di tutto il mondo: le nostre vite non sono riconosciute, non sono salvaguardate e non sono libere. La cronaca è piena di notizie che ci raccontano di vicende atroci ai danni delle persone trans*: Ciro e Maria Paola possono essere un recente esempio che lascia un gran segno in Italia.

Non possiamo più lasciare che una persona muoia solo perché è transessuale, non possiamo più chiudere gli occhi e girarci dall’altra parte, come se non ci riguardasse. Quello che più spaventa è la totale sordità da parte delle istituzioni davanti a questo gravissimo problema sociale, davanti a questa falla culturale che continua a tramandare l’idea che le persone trans* siano malate, uno scarto della società da allontanare o addirittura uccidere.

Dopo essere state condotte in carcere non abbiamo più notizie di Shakiro e Patricia. Chiediamo, essendo anche nel mese del Pride, che le due donne vengano scarcerate e che le istituzioni si muovano per condannare le vomitevoli discriminazioni a cui queste  sono state sottoposte dalle autorità Camerunesi.

I 72 paesi in cui l’omosessualità è un reato

Come forse troppi non sanno, attualmente, in Camerun, l’omosessualità è la transessualità sono ritenute illegali. Le persone della comunità lgbt+ vengono perseguitate, torturare, arrestate, sottoposte a perquisizioni anali o uccise. Troppo spesso ho sentito dire che l’omofobia e la violenza nei confronti delle persone lgbt+ è cosa superata ormai. Peccato che questo non sia assolutamente veritiero, anche per il nostro Paese, dove ogni giorno si sentono notizie di cronaca riportanti aggressioni ai danni di coppie omosessuali o persone trans.

Se volgiamo lo sguardo possiamo renderci conto che nel resto del mondo la situazione è critica: son ben 72 i paesi e le entità politiche indipendenti in cui l’omosessualità e la transessualità sono criminalizzate.

Ancora oggi, in cinque Stati dell’Africa e dell’Asia, quali la Mauritania, il Sudan, l’Iran, lo Yemen e l’Arabia Saudita, esiste ancora l’esecuzione capitale per le persone omosessuali o transessuali.

In altri paesi il reato di omosessualità è punito con la reclusione che può andare da un minimo di 14 anni fino all’ergastolo.

Come Shakiro e Patricia, tantissime altre persone appartenenti alla comunità lgbt+ sono in pericolo di vita e la loro unica colpa è quella di essere, di esistere e di richiedere da parte di chi ne compete maggiori tutele e maggiori diritti.

Non possiamo più fingere che il problema non esista e non possiamo più rimanere in silenzio di fronte a tanta violenza e a tanta disumanità.
Soltanto un cambio di rotta, un completo stravolgimento della nostra cultura dominante e oppressiva, potrà far strada a una nuova umanità in cui i diritti di alcune minoranze non saranno più ignorati o calpestati.

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