Nei mesi scorsi ho parlato pubblicamente di violenza ginecologica.

È stata un’esperienza strana e difficile. Non immaginavo di sperimentare una diffusione mediatica così repentina del mio caso e sicuramente molte persone non hanno capito il punto fondamentale della denuncia che stavo facendo. Trovate l’articolo su Mashable.

Ma tante altre sì. In molt* hanno scritto di aver vissuto esperienze simili, sia sotto il mio post che sotto i quotidiani che hanno ricondiviso l’articolo. Tante donne, tante storie di parti e visite traumatiche, ma anche le testimonianze di alcun* ragazz* trans e non binary.

Per violenza ginecologica/ostetrica si intende un’esperienza medica resa inutilmente dolorosa, traumatica, umiliante, senza rispetto dell* paziente e delle sue necessità e volontà. Quello che ho letto sotto i miei post è veramente difficile anche solo da immaginare. Da manovre completamente futili a battute insensibili sui corpi e la sessualità fino a situazioni in cui l* pazienti si sono sentite davvero in pericolo per la propria incolumità.

Giorni fa il mio amico e attivista Majid Capovani ha pubblicato un post su Instagram in cui denunciava la sua esperienza, molto simile a quella da me vissuta. Majid è un ragazzo trans e anche un survivor.

Ho ritenuto fondamentale, affrontando questo argomento qui, come contributor, lasciar parlare la sua storia, perché la mia è stata condivisa già ampiamente ovunque, e so bene che se non avessi avuto il privilegio di essere una donna bianca cis non sarebbe successo. Almeno non così.

Perché abbiamo bisogno di ascoltare, imparare e non stare più zitt*. Mai più.

Majid, vuoi raccontarci l’accaduto dall’inizio?

Un paio di settimane fa ho fatto la mia prima visita completa dalla ginecologa. È stato un dramma e ne ho risentito anche nei giorni seguenti, tanto che la mattina dopo ripensandoci mi sono messo a piangere.

Mi sono trovato davanti a una persona che non sapeva minimamente come approcciarsi a un paziente trans, come accade nella maggior parte dei casi. 

Ha fatto domande e affermazioni inopportune e invadenti profondamente influenzate dagli stereotipi di genere, confondeva identità, espressione di genere e orientamento sessuale. Per esempio, insisteva a chiedermi perché avessi lo smalto (perché a quanto pare a una persona socializzata come uomo non può piacere a meno che non abbia un “lato femminile”) e quali operazioni avessi fatto… Insomma, cose che ormai purtroppo sono solito aspettarmi. 

Una delle cose che mi ha messo più a disagio però, è stata l’invalidazione che ho subìto quando le ho detto di essere stato violentato

Era la prima volta che riuscivo a confidarlo a una figura medica e mentre raccontavo mi sono sentito dire: “eh no, ma se non ci sono state lesioni era più che altro violenza psicologica, non sessuale”. 

A parte il fatto che le lesioni ci sono state (e infatti ho perso sangue), se c’è una cosa che trovo inaccettabile, in particolar modo da parte di una figura medica, è la tendenza a riconoscere uno stupro come tale solo quando presenta precise dinamiche limitate, quando invece le dinamiche che può seguire sono molte di più e possono essere anche molto subdole, tanto che molte persone non si rendono subito conto che quella che hanno subito è violenza sessuale. La violazione del consenso, così come un rapporto sessuale ottenuto attraverso la coercizione, sia essa fisica ed evidente o psicologica e subdola, è SEMPRE stupro. 

Ci sono stati episodi fisici che ti hanno dato particolarmente fastidio?

Sì, durante la visita non ha nemmeno cercato di mettermi a mio agio ed è entrata con il dito senza prima avvisarmi, una cosa gravissima da fare quando si ha a che fare con un* paziente che soffre di disturbo post-traumatico da stress, in quanto può scatenare flashback e attacchi di panico. Grazie al cielo ho avuto un paio di secondi di tempo per capire cosa stava per fare, ma non ho avuto il tempo per cercare di rilassarmi e mi ha fatto malissimo. Mi diceva di non contrarmi, ma come potevo stare tranquillo in quelle condizioni? 

Come se non bastasse, continuava costantemente a ripetere in modo pressante: “eh ma dovevi venire subito quando è successo il fatto, non devi aspettare così tanto”. Certo, come se fosse facile trovare il coraggio, riconoscere e metabolizzare il trauma di un evento così pesante. Sentirselo ripetere con quel tono di rimprovero durante la prima visita che ho avuto il coraggio di fare a un anno e mezzo dallo stupro psicologicamente non aiuta. 

Mi sono sentito poco ascoltato e trattato da meno.

Tutto questo è accaduto in un consultorio che sarebbe dovuto essere uno spazio sicuro.

Qual è secondo te la problematica più grave quando si parla di inclusività e visite ginecologiche?

Spesso i medici dicono di non aver mai avuto pazienti transgender. Il fatto è che tantissime persone trans evitano di effettuare visite e di andare dal medico (se non in casi urgenti) proprio perché sanno che potrebbero trovarsi davanti a situazioni del genere, molto pesanti e spesso invalidanti.

Nelle università non viene insegnato nulla riguardo la nostra esistenza e i percorsi di transizione che spesso intraprendiamo, non viene insegnato come rapportarsi a noi, come trattarci con rispetto, né come rapportarsi nel modo corretto a una persona che ha subìto violenza sessuale. 

Questa mancanza di informazioni e di formazione ha un fortissimo impatto sulle nostre vite. 

Di fatto, ci impedisce l’accesso alla sanità. Lede il nostro diritto alla salute e calpesta quindi i nostri diritti. 

I corpi che vengono studiati durante la formazione professionale sono solo quelli delle persone cisgender (persone la cui identità di genere coincide con il sesso assegnato alla nascita, non transgender). E non basta dire “eh sì, ma tanto il vostro apparato è identico a quello delle donne”, perché i nostri genitali cambiano con le terapie ormonali, la vulva degli uomini trans o delle persone non binarie in terapia con testosterone va incontro a delle modificazioni. 

Giuro di essermi ritrovato in situazioni in cui io, paziente, ho dovuto spiegare a un medico come funziona la terapia ormonale sostitutiva e quali cambiamenti si verificano, non è ammissibile una cosa del genere.

Per non parlare del continuo misgendering e deadnaming e del pensiero estremamente binario ancora diffusissimo nella società, che porta all’invalidazione e all’invisibilizzazione delle persone non binarie e delle loro necessità, anche mediche.

È accessibile la salute ginecologica per un ragazzo trans?

Non sempre purtroppo. Infatti c’è un altro grande problema: quando ci vengono rettificati i documenti e di conseguenza anche il codice fiscale, non ci arrivano più i test di screening gratuiti e per noi diventa impossibile prenotare le visite ginecologiche nel settore pubblico, dobbiamo per forza andare nel settore privato, il quale ha dei costi che non lo rendono accessibile a chiunque. 

È questo ciò a cui mi riferisco quando parlo di accesso negato alla sanità e lesione del diritto alla salute. I nostri corpi non sono previsti, ma la nostra salute è importante quanto quella delle persone cisgender. È un problema del sistema e non solo delle singole figure mediche, in quanto ci sono persone che comunque cercano di informarsi e di fare del loro meglio. 

Purtroppo però non ci sono solo quelle…

Già, non sempre è così, la transfobia è molto diffusa anche nell’ambiente medico e c’è anche chi la sfrutta per continuare a fomentare odio verso le persone trans. Quando ho scritto il post in cui ho raccontato la mia esperienza assieme ad alcune considerazioni, sono stato attaccato e messo pubblicamente alla gogna da una medica (già conosciuta per le sue posizioni transfobiche) che mi ha accusato di attaccare e sminuire il lavoro di tutta la categoria professionale (cosa non vera), affermando anche che dobbiamo smetterla di criticare in continuazione e di comportarci costantemente da vittime. Questo è il perfetto esempio di una persona che si rifiuta di riconoscere il proprio privilegio e che invalida e sminuisce le battaglie e le richieste legittime di un gruppo marginalizzato.

Ah, questa persona ha anche affermato che l’empatia non dev’essere una caratteristica obbligatoriamente richiesta alle figure mediche. Peccato però che quest’ultime non abbiano a che fare con delle macchine prive di emozioni, ma con degli esseri umani che hanno quindi anche bisogno di comprensione, aiuto, consigli e che possono avere alle spalle un vissuto anche molto difficile. Come si può affermare di non essere obbligat* a mostrare empatia neanche quando ci si trova davanti a una persona che ha subito violenza sessuale? Rabbrividisco al pensiero che un’eventuale paziente con questo tipo di vissuto possa ritrovarsi nelle mani di un* medic* del genere.

Cosa è necessario cambiare secondo te?

Occorre formare le figure professionali affinché siano pronte ad interfacciarsi con pazienti transgender e non binary. Devono essere introdotti dei corsi di formazione obbligatori e non solo opzionali, perché i nostri corpi e le nostre esistenze non sono un’opzione. È necessario anche uscire dall’ottica della patologizzazione dei nostri vissuti e dei nostri corpi, perché non siamo persone malate, non ci stancheremo mai di ripeterlo. Anche l’ICD-11, pubblicato il 18 giugno 2018, ha ufficialmente depatologizzato la cosiddetta incongruenza di genere, rimuovendola dal capitolo dei disturbi mentali e inserendola in un capitolo sulla salute sessuale appositamente creato.

Le nostre esistenze e i nostri corpi devono essere studiati e tenuti in considerazione, la medicina non può continuare a studiare e a basarsi su corpi e modelli cisgender (spesso maschili). Ciò non gioverebbe soltanto alle persone transgender e non binary, ma anche a quelle intersex.

Inoltre, è necessario formare le persone affinché sappiano cosa fare e come comportarsi quando si trovano davanti ad un* paziente che ha subito uno stupro, qualsiasi sia il suo genere.

Abbiamo diritto alla salute tanto quanto le persone cisgender ed è ora che lo Stato, le Università e la medicina ci ascoltino. 

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