Mobbing, quando lo scopo del capo è farti fuori o costringerti a qualcosa

La parola mobbing è ormai tragicamente entrata a far parte del vocabolario comune, per via dei frequenti e continui abusi che le persone, in grande maggioranza le donne, subiscono sul luogo di lavoro. Vediamo meglio cosa significa e cosa si verifica ai danni delle donne.

Il mobbing è l’insieme di comportamenti psicologici, fisici e verbali aggressivi esercitati da un gruppo di persone verso altri soggetti. Viene considerato dalla psicologia una vera e propria forma di violenza e abuso. Il mobbing protratto nel tempo, specialmente di tipo psicologico, porta infatti a gravi danni per la vittima.

Il termine deriva dall’inglese, e significa “molestare, assalire”. Anche se si riferisce a qualsiasi tipo di emarginazione da un gruppo sociale o familiare, è conosciuto per le situazioni che riguardano il lavoro, attuate non solo dai capi verso i dipendenti, ma anche dagli stessi colleghi di lavoro. Il mobbing sul lavoro si manifesta con l’assegnazione di turni e orari, ferie e mansioni scomodi, e con molestie di ogni genere.

Mobbing e donne: la gravidanza

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Fonte: Web

Il mobbing è una forma di abuso subita da tutti, ma secondo i dati raccolti dai sindacati in Italia le donne sono molto più colpite, non solo da molestie ma anche dal gender gap. Su L’Espresso si leggono le stime del 2015 dell’Osservatorio Nazionale Mobbing, l’ente a cui rivolgersi per segnalare casi di abuso sul lavoro. In due anni si sono registrate circa 800.000 donne licenziate o costrette a dimettersi, delle quali 350.000 per maternità o per richieste di conciliazione con la vita familiare.

È evidente pertanto come il mobbing sulle donne sia in gran parte legato alla gravidanza, e sono moltissime le testimonianze di persone che hanno subito violenza psicologica. Ne fanno parte sia le donne incinte, che quelle al rientro dalla maternità, quando si presenta il cosiddetto “mobbing post partum“. Il datore di lavoro continua a dare mansioni psico-fisiche pesanti alla donna incinta, o la trasferisce di sede o livello con conseguente degradamento dei compiti e dello stipendio.

Molte sono anche le storie di donne che, per paura di perdere il lavoro, si sentono costrette a nascondere la gravidanza il più possibile, anche con conseguenze gravi per la salute loro e del bambino. Sono inoltre tante le donne che al rientro dal lavoro non trovano più il loro posto, perché sono state sostituite durante la maternità, subiscono licenziamenti o sono costrette a dimettersi.

Mobbing sulle donne single e senza famiglia

La legge oggi tutela la persona contro i licenziamenti per maternità, con l’art. 54 del d.lgs. 151/2001, se viene dimostrata la discriminazione. Tuttavia la situazione è grave anche per l’altra faccia della medaglia. Le donne single e senza famiglia infatti subiscono ogni giorno mobbing da parte non solo dei datori di lavoro, ma dai colleghi, anche del loro stesso sesso.

Le donne cosiddette “libere”, ossia non legate sentimentalmente a un partner o senza figli, sono spesso costrette a lavorare nei periodi peggiori, come durante le vacanze estive, nei ponti o durante le feste, perché i datori di lavoro preferiscono concedere le ferie a chi ha i figli da accudire, o un marito con cui conciliare le vacanze. E sono spesso le stesse colleghe mamme e mogli a fare pressioni e chiedere favori in questo senso. Inoltre le donne single sono costrette a subire maggiormente le molestie di capi e colleghi. Questi si sentono infatti più liberi di fare battute e inviti, complimenti non voluti e talvolta anche molestie sessuali vere e proprie.

Tutto ciò provoca sofferenza psico-fisica e disagio per le donne che hanno scelto di concentrarsi sulla loro carriera e dedicarsi alla loro indipendenza, o che non hanno ancora trovato qualcuno con cui formare una famiglia. Sono molti anche i danni esistenziali per la loro vita privata, che rischia di essere fortemente compromessa.

Mobbing sessuale sul lavoro

Donne e uomini sono vittime ancora al giorno d’oggi di molestie sessuali sul lavoro. Non si tratta solamente di molestie che si concludono con l’effettivo rapporto in cambio di favori sul lavoro. Si parla di “mobbing sessuale“, come lo ha definito una giornalista nella storia riportata sul Fatto Quotidiano. Più subdolo e difficile da dimostrare, è quello che consiste in battute più o meno velate, inviti e complimenti insistenti, e promesse di carriera.

Sono ricatti emotivi, vera e propria violenza psicologica che purtroppo è difficile da provare in tribunale, e che costringe spesso le vittime, in maggioranza donne, al silenzio, o alla mancata denuncia. Questo accade in ogni ambito di lavoro, ed è una realtà che nella cultura di oggi ancora non si è risolta. Continua a esistere il pensiero che fare complimenti a un dipendente o collega sia normale, e dovrebbe addirittura essere apprezzato, invece che essere considerato molesto.

Mobbing e salute: i possibili danni

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Fonte: Web

Il mobbing come violenza vera e propria comporta danni, più o meno gravi, che si dividono in quelli di tipo patrimoniale e non patrimoniale. Questi ultimi comprendono i danni alla salute psicofisica che è medicalmente accertabile; il danno morale; e il danno esistenziale, ossia l’alterazione delle abitudini e delle relazioni di una persona, che ne peggiora la qualità della vita.

Se un lavoratore subisce uno di questi danni e vuole proporre una causa deve stabilire di che tipo di danno si tratta. In secondo luogo deve poterlo provare in tribunale. La dequalificazione è il danno di tipo patrimoniale che si verifica più spesso. Si tratta di perdita di conoscenze, esperienza o visibilità spendibili nel mercato del lavoro. Deve essere dimostrato che la degradazione abbia fatto perdere possibilità di carriera effettive al lavoratore, e sia stata causata dal datore.

I danni di tipo non patrimoniale sono ovviamente più difficili da dimostrare, specialmente quello morale ed esistenziale, che non comportano la prova del medico. Si possono provare i danni considerando ad esempio attività a cui il lavoratore ha dovuto rinunciare per via del lavoro e il mancato riposo causato da orari e mansioni complessi. Oggi ci si può avvalere anche delle nuove tecnologie, analizzando messaggi e mail compromettenti, e vengono ammessi anche indizi, presunzioni o il ricorso alla nozione del fatto notorio.

Articolo originale pubblicato il 14 gennaio 2019

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