Crisi abitativa: come affrontare l’emergenza abitativa in Italia

Per emergenza abitativa si intende la situazione di povertà, disagio e precarietà in cui versano milioni di persone in Italia. A caratterizzarla, la scarsità di alloggi a prezzi accessibili, l'inflazione, la diminuzione del potere d'acquisto dei salari e il caro bollette, cui si affiancano famiglie in gravissime difficoltà economiche, in attesa di una casa popolare o sotto sfratto. Vediamo nel dettaglio di che cosa si tratta.

In base agli ultimi dati Istat, rilasciati in occasione dell’audizione dell’Istituto Nazionale di Statistica dalla dottoressa Cristina Freguja, Direttrice della Direzione centrale per le statistiche sociali e il welfare, il 9,9% degli italiani, pari a quasi 2 milioni e 500 mila famiglie, spende per la casa in cui vive una somma pari o superiore al 40% del reddito disponibile.

E questo è solo uno dei molteplici aspetti che concernono l’emergenza abitativa che interessa il nostro Paese, e che annovera una lista che vede caro affitti, tempi di attesa estenuanti per le case popolari, aumento del numero di sfratti e mancanza di alloggi.

Ma di che cosa si tratta nello specifico, e quali soluzioni possono essere adottate per risolvere tale emergenza? Scopriamolo insieme.

L’emergenza abitativa in Italia

Per emergenza abitativa si intende la situazione di povertà, disagio e precarietà in cui versano milioni di persone in Italia. A caratterizzarla, come accennato, la scarsità di alloggi a prezzi accessibili, l’inflazione, la diminuzione del potere d’acquisto dei salari e il caro bollette, cui si affiancano famiglie in gravissime difficoltà economiche, in attesa di una casa popolare o sotto sfratto.

Nello specifico, il report dell’Istat afferma che:

emerge la situazione delle famiglie con reddito netto equivalente inferiore al primo quintile della distribuzione (36,6%) e, certamente, di quelle in affitto (32,3%).

I valori elevati si riscontrano, soprattutto, per:

le persone sole (18,3%) – in particolare quelle con meno di 35 anni (30,8%), a conferma delle difficoltà incontrate dai più giovani – e per le famiglie monogenitoriali con figli minori (16,6%). Il problema si accentua, poi, per le famiglie di soli stranieri (31,8%).

Molteplici sono state, inoltre, le famiglie che, nel corso del 2021, si sono trovate, almeno una volta, in arretrato con il pagamento della rata dell’affitto o del mutuo e con quello delle utenze domestiche. In questo caso:

il ritardo nei pagamenti delle spese per la casa si associa alla loro incidenza sul reddito disponibile: la quota di famiglie in ritardo coi pagamenti è più elevata nel quinto più povero, dove il 13,5% delle famiglie è in arretrato con le utenze (rispetto al 2% del quinto più ricco), il 16,3% delle famiglie che pagano un affitto è in arretrato con il pagamento e il 9,4% delle famiglie che hanno contratto un mutuo è in difficoltà con la rata.

Quali fattori contribuiscono alla crisi abitativa?

Ma quali sono le cause che determinano l’emergenza abitativa? Come si legge su Avanti!, i motivi potrebbero essere i seguenti:

  • La scarsa offerta di alloggi pubblici e sociali, insufficiente a soddisfare la domanda di chi non ha le risorse per accedere al mercato privato: in Italia, ci sono pochissimi alloggi pubblici, molto meno della media europea;
  • La speculazione edilizia e immobiliare, che ha favorito la costruzione di alloggi di lusso e la conversione di edifici residenziali in strutture turistiche o commerciali, a scapito della qualità e della quantità degli alloggi popolari e accessibili: in Italia, il patrimonio immobiliare è fortemente concentrato nelle mani del 10% più ricco della popolazione;
  • La crisi occupazionale e del reddito, che ha ridotto la capacità di spesa delle famiglie e aumentato il numero di persone che non riescono a pagare l’affitto o il mutuo: in Italia, il reddito medio delle famiglie è diminuito sensibilmente, mentre il tasso di disoccupazione è salito.

Ad alimentare la crisi abitativa, dunque, vi sarebbe una commistione di fattori sociali, economici e politici, che confluiscono in prezzi degli affitti sempre più alti, un acuirsi della finanziarizzazione del mercato immobiliare e, soprattutto, nella mancanza di politiche in grado di venire incontro alle esigenze delle persone maggiormente in difficoltà.

L’impatto della crisi abitativa sulle donne

Vi è, tuttavia, una fascia di popolazione su cui l’emergenza abitativa sembra avere un impatto più elevato rispetto alle altre. Quale? Quella costituita dalle donne, naturalmente.

Il numero delle donne che vivono da sole è sempre più alto, soprattutto tra le over 65, e questo fenomeno registra un’inversione di tendenza epocale, che contraddistingue la nascita di nuove forme di composizione familiare, spesso composte da un solo componente.

Il problema, però, è che le spese cui vanno incontro le donne che vivono da sole sono di gran lunga più elevate rispetto a quelle gestite da nuclei familiari più grandi. Perché? A pesare, senza dubbio, vi è il gender pay gap, ossia il divario di retribuzione che interessa uomini e donne e che, in Italia, è pari al 5,5%: le donne che ricoprono posizioni apicali sono notevolmente meno rispetto agli uomini, senza dimenticare che alle prime sono spesso riservati lavori di cura e di gestione domestica e della prole – quindi, come si può facilmente intuire, non retribuiti.

A contribuire sul bilancio mensile vi sono, poi, le bollette – quasi mai più basse rispetto alle famiglie più numerose -, il carico individuale delle rate del mutuo o dell’affitto e il fatto che il costo di monolocali e bilocali sia, tendenzialmente, più alto delle case dotate di metratura maggiore.

I programmi di alloggio per persone in difficoltà

Proprio per venire incontro alle esigenze delle donne che vivono da sole, in diverse città italiane è stato istituito il cosiddetto “cohousing“, ossia, come si legge su Valigia Blu:

una forma di abitare collaborativo che consiste nel condividere spazi comuni insieme ad altri nuclei familiari, ciascuno con il proprio alloggio privato situato nello stesso complesso. Ciò comporta dei vantaggi in termini di costi e di risparmio energetico, oltre che generare occasioni di socialità e mutuo aiuto.

Nello specifico, si è sviluppato quello che è stato definito “cohousing femminile“, riservato soprattutto a donne anziane e in difficoltà. Emblematiche, in questo senso, sono le esperienze della Casa alla Vela di Trento, nata nel 2014 e dedita alla contaminazione intergenerazionale, quella di Casa Zamalek, sorta a Brindisi nel 2019 e dedicata a over 65, la Casa della giovane Ettore Desogus, nata nel sud della Sardegna nel 2018 per donne in situazioni di disagio e lontane dalla famiglia, e, infine, il progetto di sostegno reciproco promosso a Boretto, in provincia di Reggio Emilia, chiamato Donne e e madri in cammino.

Non mancano, poi, servizi di alloggi sociali sparsi in tutta Italia e dediti a individui o nuclei familiari che versano in situazioni di svantaggio e che non sono in grado di accedere a un’abitazione seguendo le consuete pratiche di affitto – grazie ai quali si tenta, quindi, di ridurre il disagio sociale e di corroborare autonomia e indipendenza.

Come affrontare l’emergenza abitativa?

Quali sono, allora, le soluzioni che potrebbero essere adottate per ridurre la crisi abitativa che sta affliggendo il nostro Paese? Come si legge su Welforum, le azioni potrebbero essere le seguenti:

  • promuovere a tutti i livelli istituzionali l’integrazione tra diverse politiche e, in particolare, tra quelle sociali e quelle per la casa;
  • consolidare la collaborazione tra le diverse istituzioni coinvolte, implementando un’azione coordinata e programmata tra tutti gli attori in campo (pubblici e privati), mediante, per esempio, il potenziamento delle Agenzie per l’abitare;
  • definire una filiera di interventi e servizi abitativi, in grado di offrire risposte differenziate e adeguate alle situazioni di bisogno, da quelle meno gravi (rischio abitativo) a quelle più gravi, contraddistinte da una molteplicità di bisogni (sanitari, sociali, economici, oltre che abitativi) e che necessitano di un alto livello di intensità assistenziale;
  • e, infine, ripensare le misure di sostegno all’accesso e al mantenimento dell’alloggio, in relazione all’allargamento della platea dei soggetti che hanno bisogno di supporto.

E poi, ancora, si annoverano, come ricorda sempre Avanti!:

  • l’aumento dell’offerta di alloggi pubblici e sociali, attraverso la costruzione di nuove case popolari, la riqualificazione del patrimonio esistente e la destinazione di parte degli immobili confiscati alla criminalità organizzata a fini sociali;
  • la regolazione del mercato privato dell’affitto, mediante la promozione di contratti regolari e trasparenti, la riduzione delle tasse sugli affitti a canone concordato o calmierato e l’introduzione di sussidi o agevolazioni per le famiglie a basso reddito;
  • la tutela dei diritti dei conduttori e dei proprietari, attraverso la prevenzione e la mediazione degli sfratti, la garanzia di un’assistenza legale gratuita e la creazione di fondi di solidarietà per il pagamento dei debiti abitativi.
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