La violenza vicaria e le conseguenze devastanti sui bambini e sulle madri

La violenza vicaria è l'insieme di violenze psicologiche e/o fisiche perpetrate da parte del padre nei confronti dei figli, il cui vero bersaglio, tuttavia, è costituito dalla madre, che si vuole, così, traumatizzare e porre in una situazione di costante dolore e insicurezza. Ancora poco conosciuta in Italia, la violenza vicaria possiede dei risvolti drammatici: vediamo quali sono.

Nel – purtroppo – ampio spettro della violenza di genere, vi è un aspetto che, spesso, viene taciuto o poco approfondito. Si tratta della violenza vicaria, un concetto non ancora sufficientemente noto in Italia, ma piuttosto frequente e diffuso.

L’espressione si riferisce, infatti, alla serie di atteggiamenti intimidatori, pericolosi e violenti esercitati da parte del padre nei confronti dei figli, con il solo scopo di far soffrire la madre, principale e unico bersaglio della sofferenza consciamente provocata dall’aggressore.

Una cattiveria che sembra riecheggiare – ma a parti invertite – la sindrome di Medea, narrata dal drammaturgo greco Euripide. Sebbene effettuare un parallelismo sia erroneo, anche nell’uccisione dei figli come vendetta nei confronti del padre Giasone pare sussistere una forma di violenza vicaria, dove il maltrattamento della prole è solo un “mezzo” per ferire il partner causa della separazione dei due coniugi.

Ma quali sono le caratteristiche della violenza vicaria e come riconoscerla? Vediamone i dettagli.

Che cosa si intende per violenza vicaria?

Per violenza vicaria si intende, dunque, l’insieme di violenze psicologiche e/o fisiche che uno dei due partner – tendenzialmente il padre – esercita nei confronti dei figli della coppia, con il solo obiettivo di provocare paura, dolore e insicurezza nella madre.

Quest’ultima è, appunto, il vero e proprio bersaglio dell’azione, succube, così, della sofferenza che la violenza recherà con sé non solo nell’immediato, ma anche, e soprattutto, negli anni a venire. Si tratta, allora, di una forma di controllo che l’uomo esercita sulla donna, soggetta alle intimidazioni che il primo effettua sui bambini nel delicato momento della separazione.

La violenza vicaria, infatti, si esplica in una molteplicità di modi differenti: dal rapimento agli abusi psicologici e/o fisici sui figli, dal ferimento dei bambini alla minaccia di toglierne la custodia, fino al rifiuto dell’accudimento e all’uccisione della prole.

Come precisa Sonia Vaccaro, psicologa clinica argentina che si occupa di questi temi da dieci anni, la violenza vicaria rappresenta, perciò:

Un tipo di violenza secondaria rispetto al bersaglio principale, che è la donna. È la donna che si vuole far soffrire e si vuole farlo passando da terzi, per interposta persona. Il maltrattatore sa che fare del male o uccidere i figli vuol dire avere la sicurezza che la donna non supererà mai il trauma.

Lo scopo è, appunto, quello di minare la sicurezza psicofisica della madre, che si ritrova, in questo modo, costantemente minacciata dalle possibili azioni che il partner potrebbe compiere nei confronti dei propri figli. In un circolo vizioso senza fine e senza speranza.

Effetti e conseguenze della violenza vicaria

La violenza vicaria, tuttavia, non ha conseguenze solo sulla madre, vittima “indiretta” ma centrale della stessa, ma anche, e soprattutto, sui bambini coinvolti in prima persona dai maltrattamenti fisici e psicologici perpetrati dal padre.

Come si legge su Sainte Anastasie, tra gli effetti più diffusi della violenza vicaria vi sono i seguenti:

  • Danneggiamento dell’autostima e della percezione di sé;
  • Riduzione della capacità di concentrazione;
  • Deterioramento dell’attenzione e calo del rendimento scolastico;
  • Elevato sentimento di demotivazione;
  • Disturbi da stress post-traumatico;
  • Ansia, depressione, attacchi di panico;
  • Paura, apatia e anedonia;
  • Sfiducia nelle relazioni sociali.

I danni psicologici provocati nei minori sono, quindi, di importanza ingente, e possono compromettere tutti gli ambiti della loro vita, da quello sociale a quello affettivo, da quello domestico a quello scolastico. E proteggerli non sempre risulta semplice, come spiega ancora Sonia Vaccaro:

I bambini e le bambine sono invisibili nelle cause giudiziarie, non esistono, non vengono considerati, non hanno voce e per questo motivo non vengono protetti. La loro parola è sminuita, al punto da essere silenziata, ed è evidente che questa discriminazione viene fatta a causa della loro età, nonostante siano esseri con dei diritti.

Come proteggere le vittime

Ma come fare, allora, per proteggere i più piccoli, vittime, insieme alla madre, di una violenza cieca e immotivata? Il primo passo è sicuramente quello di acuire la protezione nei confronti dei minori a livello giudiziario e legislativo, in particolar modo nel delicato momento che segue alla separazione dei genitori.

Sempre in questo contesto, è fondamentale garantire ai bambini vittime di violenza vicaria un’assistenza a 360°, sia dal punto di vista psicologico, sia da quello sociale, sanitario, educativo e legale. Per tale motivo, è altrettanto importante creare dei veri e propri “centri di osservazione”, quali scuole e ospedali, che siano in grado di rilevare per tempo casi di abuso e di violenza psicologica sui minori.

E che siano capaci anche di fornire ai bambini un adeguato supporto terapeutico, soprattutto a livello psicologico, che possa aiutarli a superare il trauma e a eludere sentimenti di autocolpevolizzazione e autoanalisi.

Gli stessi sentimenti che devono cercare di evitare anche le donne, le quali, in caso di violenza vicaria, devono rivolgersi subito ai Centri antiviolenza per chiedere soccorso e protezione (il numero, lo ricordiamo, è il 1522).

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