Economia collaborativa: i principi della condivisione

L’economia collaborativa è il modello economico in base al quale le persone che ne partecipano condividono beni, servizi e informazioni senza procedere con il loro acquisto “diretto”, ma prendendoli solo in “prestito”, dietro correlato pagamento (o anche in assenza di esso). Scopriamone principi e caratteristiche.

A tutti sarà capitato, almeno una volta nella vita, di usufruire di un monopattino elettrico, una bici da sbloccare con un’app, una macchina del servizio car sharing o di comprare, su siti appositi, abiti usati e vintage.

Non tutti sanno, però, che questo genere di modello economico ha un nome preciso: si chiama, infatti, “economia collaborativa”, e trova il suo fondamento nella “condivisione” di beni e servizi tra utenti che ne necessitano.

La sharing economy si sta imponendo velocemente ed è divenuta, senza dubbio, uno dei paradigmi economici più diffusi negli ultimi anni. Scopriamone caratteristiche e funzionamento.

Che cos’è l’economia collaborativa?

Per economia collaborativa, definita anche “sharing economy” o “economia condivisa”, si intende, come accennato, il modello economico in base al quale le persone che ne partecipano condividono beni, servizi e informazioni senza procedere con il loro acquisto “diretto”, ma prendendoli solo in “prestito”, dietro correlato pagamento (o anche in assenza di esso).

Una definizione generalmente accettata ancora non sussiste, dal momento che l’economia collaborativa ha visto la sua crescita esponenziale solo negli ultimi anni, e non si è ancora imposta in maniera determinata, bensì risulta essere in continua evoluzione.

In ogni caso, come hanno affermato gli imprenditori Rachel Botsman e Roo Rogers nel volume che teorizza tale approccio, Ciò che è mio è tuo. L’avanzata del consumo collaborativo, pubblicato nel 2010, la sharing economy intende promuovere forme di “consumo consapevole”, che non si basano su acquisto e proprietà – in senso capitalistico – di un certo bene, quanto sul suo accesso, la sua disponibilità e l’uso che se ne fa.

Complice del diffondersi di tale modello economico è stata, poi, senza dubbio, la crisi che ha contrassegnato l’ultimo decennio, e che ha portato i cittadini di tutto il mondo a un utilizzo più calibrato delle proprie risorse e a un’attenzione maggiore anche verso temi quali il riscaldamento climatico e l’impatto ambientale.

I principi dell’economia collaborativa

Ma com’è nata l’economia collaborativa? Come si legge su Impresa Sociale:

L’origine si può far risalire agli anni Novanta del secolo scorso, ma il suo boom si è avuto solo nella seconda metà degli anni 2000, quando le potenzialità delle nuove tecnologie hanno incontrato una crescente domanda di cambiamento del modello socio-economico globale. In quegli anni, infatti, la crisi economica con il suo carattere sistemico e la messa in discussione dei paradigmi neo-liberisti dominanti hanno favorito l’emergere e la progressiva affermazione di forme “alternative” di economia, più centrate sulla persona, sulla condivisione, sull’utilizzo pieno ed efficiente delle risorse, creando un terreno ideale per il fiorire di prassi collaborative.

Le forme di sharing economy sono molteplici come le attività e i servizi che l’essere umano può mettere in pratica, ma i principi su cui essa si basa, come si legge sul sito Collaboriamo, sono pressoché i medesimi, ossia:

  • sfruttamento pieno delle risorse, il quale incoraggia l’accesso alle proprietà anziché il loro acquisto;
  • l’azienda che offre i beni e i servizi è una piattaforma “abilitatrice”, perciò non opera dall’alto verso il basso, ma mette direttamente in contatto chi offre e chi cerca, secondo un modello peer-to-peer;
  • oggetti, competenze e servizi offerti appartengono alle persone, e non alla compagnia o alla piattaforma, come avviene nelle aziende più tradizionali. In questo modo, gli attori della condivisione possono scambiarsi i rispettivi ruoli, divenendo di volta in volta offerenti e/o acquirenti;
  • le piattaforme collaborative hanno un valore sociale, dal momento che la collaborazione avviene tra pari e non prevede una gerarchia fissa, sia quando mediata dal denaro, sia quando questo non è presente;
  • la collaborazione, infine, per essere efficace, necessita naturalmente della tecnologia digitale, declinata in applicazioni e siti internet dedicati e meritevoli di rendere l’economia collaborativa accessibile e semplice per tutti i suoi fruitori.

Esempi di economia collaborativa

Le declinazioni della sharing economy, come accennato, sono numerosissime, e potenzialmente applicabili a qualsiasi contesto della vita in comunità.

Le cinque “macrocategorie” in cui essa si dispiega, tuttavia, sono, come si legge su Lifegate, le seguenti:

  • Trasporti: è in questo ambito che la sharing economy ha visto forse il suo impatto maggiore, con piattaforme quali Blablacar, Uber, Car2Go, Enjoy, Clubsharing e, in generale, tutti i servizi che, nelle città italiane ed europee, mettono a disposizione bici, monopattini, motorini e altri mezzi di trasporto;
  • Alloggi: un altro aspetto che gioca a favore dell’economia collaborativa è senz’altro il turismo. In questo senso, hanno visto un incremento ingente piattaforme come Airbnb e Couchsurfing, che mettono a disposizione stanze o parti della propria casa inutilizzate e le rendono fruibili ai turisti che visitano la città;
  • Servizi domestici: dal babysitting alle piccole o grandi riparazioni, dalla mensola da montare alle ripetizioni di inglese in vista di un viaggio o di un esame, sono molte le occasioni in cui avremmo bisogno di un aiuto, ma non sappiamo a chi poterci rivolgere. L’economia della condivisione è approdata anche in questo campo, vedendo la nascita di app quali Mariti in Affitto, Vicinidicasa e similari per favorire il mutuo supporto e la collaborazione tra persone con competenze differenti;
  • Finanza: probabilmente tutti abbiamo donato, almeno una volta, soldi a favore di un crowdfunding relativo a una causa di nostro interesse. Anche la finanza, infatti, ha abbracciato la sharing economy, promuovendo servizi che rendono possibili donazioni individuali per qualsiasi motivazione. Accanto a questa modalità, è possibile anche ricorrere a prestiti peer-to-peer, dove gli investitori possono decidere di effettuare prestiti alle piccole aziende, senza l’intermediazione delle banche;
  • Servizi professionali: Fiverr, Upwork, Twago, sono solo alcuni esempi delle piattaforme in cui professionisti con competenze differenti possono mettere “in vetrina”, dietro adeguato compenso, le proprie capacità ed essere scelte dai fruitori che ne hanno bisogno. Dalla grafica allo sviluppo web, dall’ufficio stampa al cantautorato, ogni ambito possiede la sua schiera di freelance disponibili a mettere in campo la propria professionalità.

Perché l’economia collaborativa è il futuro

Non è, quindi, un mistero se l’economia collaborativa sta prendendo, e prenderà, sempre maggiore spazio nelle nostre vite, mutando le nostre abitudini e il modo in cui ci approcceremo all’acquisto e, in generale, all’utilizzo dei beni e dei servizi di cui avremo necessità.

L’economia collaborativa contraddistinguerà e plasmerà il nostro futuro, soprattutto in un periodo storico costellato di emergenze climatiche, crisi economiche, lavori precari e sottopagati e scarsità di risorse monetarie per far fronte alle esigenza della nostra quotidianità.

Grazie alla sharing economy, infatti, si andrà incontro a un futuro più sostenibile, considerato tale da diverse prospettive: un futuro in cui tutti potranno permettersi di accedere ai servizi primari per il proprio benessere, e in cui la disparità economica – si spera – si assottiglierà sempre di più, in favore di un clima di condivisione e mutuo soccorso che consentirà a tutti i cittadini del mondo di vivere con serenità.

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