Il cambiamento climatico non fa male solo al pianeta. A essere messa alla prova, infatti, è anche la salute mentale delle persone, in particolare quelle più giovani: ecco perché, nonostante non sia ancora un disturbo riconosciuto, dobbiamo parlare seriamente di eco-ansia.

Eco-ansia: cos’è?

L’eco-ansia non è considerata una malattia – almeno non ancora – ma la crescente preoccupazione per l’emergenza climatica e l’interiorizzazione dei grandi problemi ambientali che affliggono il nostro pianeta può avere conseguenze psicologiche di varia gravità in alcune persone.

L‘American Psychology Association (APA), che già nel 2017 aveva rilasciato la guida “Mental Health and Our Changing Climate: Impacts, Implications and Guidance”, descrive l’eco-ansia come

la paura cronica del cataclisma ambientale che deriva dall’osservare l’impatto apparentemente irrevocabile del cambiamento climatico e la preoccupazione associata per il proprio futuro e quello delle prossime generazioni.

Non essendo una patologia inserita nel DSM-5 (il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), non sono disponibili statistiche precise che indichino quante persone soffrano di questa malattia, ma secondo gli esperti con l’aumento dei problemi legati al clima aumenterà anche il numero di persone che soffrono di eco-ansia, in particolare tra i giovani, la generazione dei Fridays for Future.

Secondo una ricerca all’Università di Bath condotta in Australia, Brasile, Francia, Finlandia, Filippine, India, Nigeria, Portogallo, Regno Unito e Stati Uniti,

Gli intervistati di tutti i paesi erano preoccupati per il cambiamento climatico (il 59% era molto o estremamente preoccupato e l’84% era almeno moderatamente preoccupato). Più del 50% ha riportato ciascuna delle seguenti emozioni: triste, ansioso, arrabbiato, impotente, impotente e colpevole. Più del 45% degli intervistati ha affermato che i propri sentimenti riguardo al cambiamento climatico hanno influenzato negativamente la loro vita quotidiana e il loro funzionamento, e molti hanno riportato un numero elevato di pensieri negativi sul cambiamento climatico (ad esempio, il 75% ha affermato di pensare che il futuro sia spaventoso e l’83% ha affermato che pensano che le persone non siano riuscite a prendersi cura del pianeta).

L’eco-ansia è un concetto recente, ma è strettamente legato alla solastalgia, un concetto coniato dal filosofo australiano Glenn Albrecht – e rilanciato nel 2015 dalla rivista scientifica The Lancet – che definisce l’insieme dei disturbi psicologici che si verificano in una popolazione autoctona a seguito di cambiamenti distruttivi nel loro territorio, sia a causa delle attività umane che del clima.

Secondo uno studio del MIT (Massachusetts Institute of Technology) condotto tra i sopravvissuti all’uragano Katrina nel 2005, le persone che hanno subito un disastro naturale hanno il 4% in più di probabilità di avere una malattia mentale, oltre a soffrire di stress post-traumatico o depressione.

Le cause dell’eco-ansia

In poche parole, potremmo dire che le cause dell’eco-ansia sono il cambiamento climatico e i problemi ambientali. Con questo, ci riferiamo a una fitta rete di eventi e fenomeni interconnessi come, ad esempio, fenomeni meteorologici estremi (ondate di calore e incendi, cicloni e tifoni, terremoti e maremoti, ecc.), l’aumento dell’inquinamento e il suo impatto sulla salute, l’accumulo di rifiuti negli oceani, la perdita della biodiversità, lo stress idrico e la carenza d’acqua, lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, la deforestazione e l’innalzamento del livello del mare.

Gli effetti dell’eco-ansia

L’eco-ansia non colpisce tutti allo stesso modo: ovviamente, tende a essere più diffusa tra le persone più consapevoli dei cambiamenti climatici e dei problemi ambientali, ma non in maniera esclusiva.

Secondo lo studio dell’Università di Beth,

L’ansia climatica può essere collegata a molte emozioni, tra cui preoccupazione, paura, rabbia, dolore, disperazione, senso di colpa e vergogna, così come speranza, anche se la presenza di queste varia da individuo a individuo.

I sintomi dell’eco-ansia possono comprendere:

  • ansia;
  • stress;
  • disturbi del sonno;
  • nervosismo;
  • terrore.

Nei casi più gravi, l’eco-ansia può provocare sensazione di soffocamento e depressione, ma anche attacchi di panico e sindrome da stress post-traumatico, condizioni che si accompagnano spesso a un forte senso di colpa per la situazione del pianeta, che tende ad aggravarsi nelle persone con figli.

Come superare l’eco-ansia?

Nella maggior parte dei casi, l’eco-ansia non è una malattia da curare, perché si tratta di una risposta a una minaccia reale. Talvolta, però, i sintomi possono diventare invalidanti; in questi casi, gli effetti dell’eco-ansia possono essere minimizzati come qualsiasi altro disturbo ansiogeno, adottando strategie per controllarne i sintomi e affrontando un percorso insieme a un terapista specializzato.

In questo caso, un altro fattore chiave che può aiutare a ridurre il senso di colpa che alimenta il malessere è adottare e promuovere uno stile di vita sostenibile, sia in noi stessi che negli altri. Aumentare la propria consapevolezza e quella delle persone che ci stanno vicine attraverso gesti e azioni può aiutarci a controllare l’eco-ansia sapendo che, se non saranno i nostri rifiuti differenziati a salvare il pianeta, stiamo facendo quanto in nostro potere per proteggere l’ambiente.

Consumo responsabile, no agli sprechi, turismo sostenibile, dieta prevalentemente vegetariana, raccolta differenziata e mobilità green sono solo alcuni passi che possiamo fare per far bene al pianeta, e a noi.

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