La figura di Sarah Baartman, forse per lungo tempo rimasta sepolta e in parte dimenticata dalla storia, può essere considerata l’emblema dello sfruttamento coloniale e della mercificazione delle persone nere, mascherati sotto quel complesso del white savior che oggi ben conosciamo.

Conosciuta come “la Venere Ottentotta”, Baartman soffriva di quella condizione chiamata steatopigia (dal greco στέατος, grasso, e πυγή, gluteo), ovvero le sue natiche si erano sviluppate in maniera preponderante, cosa che risultava ancor più evidente sul suo metro e trenta di statura. È una caratteristica che ancora oggi molte donne di diverse etnie africane presentano, ma all’epoca i colonialisti bianchi capirono subito di poterla sfruttare per quelli che in Europa erano definiti  i “freak show”, ovvero spettacoli circensi in cui venivano esibite anche persone con peculiarità fisiche particolari.

Il suo vero nome, peraltro, era Saartjie Baartman, poi europeizzato in Sarah, ed era una donna di etnia khoikhoi, nata in quella parte dell’Africa meridionale oggi corrispondente al Sudafrica, ma che al tempo era uno dei territori più contesi tra la Compagnia olandese delle Indie orientali e l’Impero britannico, che occupò l’area nel 1806 dividendola in quattro colonie: Colonia del Capo, del Natal, del Fiume Orange e del Transvaal.

Dopo essere rimasta orfana in tenera età Baartman andò a lavorare in una famiglia di Città del Capo, vivendo come una donna libera, ma in condizioni simili a quelle degli schiavi. Passò da diverse famiglie – e probabilmente ebbe due figli, morti in fasce, da un soldato inglese, ma su questo non c’è alcuna certezza – prima che fosse notata da William Dunlop, un chirurgo militare scozzese che forniva persone agli “Zoo Umani” ottocenteschi. Fu proprio lui a suggerire a Sarah Baartman di recarsi in Inghilterra, profilandole la possibilità di guadagnare del denaro esibendosi in spettacoli a tema esotico. Inizialmente riluttante, la donna accettà solo quando seppe che anche uno dei suoi più affezionato padroni, Hendrik Cesars, sarebbe andato con lei.

Non ci sono comunque alcune certezze che ci indichino se Baartman, alla fine, sia partita di sua spontanea volontà oppure se costretta, dagli uomini o dalle circostanze. Quello che si sa è che il fascino esotico e la particolarità fisica della donna attirarono in effetti una folla di curiosi, che partecipavano numerosi alle sue esibizioni, tanto che Sarah Baartman divenne una vera e propria “gallina dalle uova d’oro” per gli avventurieri che l’avevano condotta nel Vecchio Continente.

La ragazza nascondeva però un’altra caratteristica fisica particolare, ovvero la macroninfia, lo sviluppo rilevante delle labbra della sua vulva, che sporgevano per 8 centimetri circa; per questo motivo indossava sempre un piccolo indumento, utile a coprire quella parte durante le sue esibizioni.

Una caricatura di Sarah Baartman (Fonte: Wikipedia)

Il suo primo spettacolo, a Londra, avvenne nella sala egiziana di Piccadilly Circus il 24 novembre 1810, e destò particolare scandalo perché solo pochi anni prima, nel 1807, era stato approvato lo Slave Trade Act che aveva reso illegale la tratta degli schiavi. L’esibizione finì quindi al tribunale, dove i giudici dovettero capire se Sarah Baartman si fosse esibita di sua sponte o se fosse stata obbligata; le cronache dell’epoca non permettono di capire se Baartman riuscì davvero a esprimere il proprio parere, o se fu costretta, ma la sola cosa nota è che, dopo tre ore di interrogatorio, i magistrati la definirono una donna libera che si esibiva per sua volontà, incassando anche metà dei compensi totali.

Il caso non fece altro che aumentare ulteriormente la sua popolarità, tanto che Baartman fu esposta in una fiera a Limerick, in Irlanda, nel 1812, e poi nel Suffolk. Nel 1811 fu battezzata nella cattedrale di Manchester e si sposò con un uomo la cui identità è ignota. Nel 1814 giunse in Francia sotto la protezione di un altro uomo, Henry Taylor, che la propose a svariati imprenditori fino a venderla a un addestratore di animali, tale Réaux, che la espose in condizioni orribili al Palais Royal della capitale francese per circa 15 mesi.

Lì Sarah Baartman divenne un vero e proprio fenomeno scientifico, studiata da diversi naturalisti francesi, fra cui Georges Cuvier, capo custode del serraglio del Muséum national d’Histoire naturelle, obbligata, come scrisse il fratello minore dello studioso, Frédéric Cuvier, “a spogliarsi e a farsi ritrarre nuda”, fatta eccezione per il minuscolo grembiule che le copriva i genitali.

A Parigi Baartman venne trattata come una schiava, tanto che più di una cronaca dell’epoca racconta che fosse portata in guro con un guinzaglio; nell’analisi che ne fece Cuvier scrisse di lei che, nonostante fosse un soggetto intelligente, dall’ottima memoria, in grado di parlare correttamente olandese, inglese e un minimo di francese, e di suonare l’arpa, c’erano in lei degli “evidenti tratti scimmieschi”, in accordo con le sue teorie sull’evoluzione razziale. Riteneva che avesse orecchie simili a quelle di un orango, mentre la sua vivacità era da paragonarsi a quella di una scimmia.

Sarah Baartman morì infine il 29 dicembre del 1815, a soli 26 anni, presumibilmente per vaiolo, anche se c’è chi sostiene che la causa della morte sia stata la sifilide o la polmonite; certamente le condizioni disumane a cui fu sottoposta contribuirono a minare la sua salute.

Dopo la morte Cuvier ne asportò dal corpo il cervello, i genitali e l’intero scheletro, esposti fino alla metà degli anni settanta del Novecento al Musèe de l’Homme di Parigi.

Il grande pubblico conobbe la sua storia con l’uscita del libro di Stephen Jay Gould The Hottentot Venus, e anche per la richiesta di Nelson Mandela, presidente del Sudafrica, di riportare in patria i suoi resti; cosa che è avvenuta solo nel 2022. Oggi le spoglie di Sarah Baartman si trovano sotto una porzione di terreno nella valle del fiume Gamtoos.

A lei sono oggi dedicati una municipalità distrettuale di Port Elizabeth, in Sudafrica, un’ala dell’università di Città del Capo e il Saartjie Baartman Centre for Women and Children, un centro destinato a donne e bambini sopravvissuti alla violenza domestica.

Benché i suoi aguzzini le avessero promesso che avrebbe trovato fortuna e ricchezza in Europa, Baartman divenne l’oggetto di dileggio dei bianchi, diventando protagonista di spettacoli che puntavano solo a ridicolizzare i tratti somatici dei neri, e un vero e proprio caso di studio per spiegare le teorie razziste ottocentesche, oggi completamente screditate dalla scienza moderna.

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