Colonialismo interno, da Mussolini ai braccianti del Sud: cronaca di sfruttamento

A scuola si studia il colonialismo, specialmente quello portato avanti dalle Nazioni europee, ma raramente si parla di colonialismo interno, che non avviene in territori esterni, ma nello stesso Paese. E da più di un secolo esiste anche in Italia.

Un concetto che difficilmente si studia sui libri di scuola, ma di interesse mondiale è il colonialismo interno. Purtroppo, questo sistema è presente in molte società mondiali, e porta avanti uno squilibrio importante all’interno dei Paesi. E anche l’Italia, a partire dall’Unità, non è da meno.

Vediamo di spiegare cosa si intende per colonialismo interno e come questo incide sulla società e sulla popolazione.

Cos’è il colonialismo interno?

Il termine “colonialismo” indica l’espansione di una nazione su territori all’esterno dei suoi confini. Fa riferimento al dominio effettuato dai Paesi economicamente più ricchi su popolazioni ritenute povere e inferiori, per avere forza lavoro.

In poche parole un rapporto di dominio e schiavitù per sviluppare in modo più conveniente le risorse e le ricchezze di chi ha il potere a scapito dei popoli colonizzati. Per secoli, il colonialismo ha dettato un divario tra quello che è considerato l’Occidente e il resto della Terra, stabilendo una gerarchia fittizia, ma che purtroppo ha creato gravi differenze e si protrae fino ai giorni nostri.

Il colonialismo interno è un concetto che si differenzia da quello tradizionale perché si sviluppa tra zone di uno stesso territorio. O meglio, tra due parti di un popolo che ha uno spazio economico unitario. Uno degli esempi a noi più vicini è proprio l’Italia.

A questo proposito, nel libro di  Nicola Zitara dal titolo eloquente L’Unità d’Italia. nascita di una colonia, viene spiegato come l’Unità d’Italia avvenuta nel 1861 abbia portato alla creazione di chiare distinzioni economiche e sociali tra il Nord e il Centro-Sud, ma anche tra le città e le periferie.

L'unità d'Italia. Nascita di una colonia

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Il concetto di colonialismo interno rappresenta diversi modelli in tutto il mondo. Basti pensare ad esempio alla situazione dell’Irlanda del Nord, ad alcuni stati del Sud degli USA e le Hawaii, la Palestina. Sistemi che mantengono il concetto comune della presenza dominatrice del popolo colonizzato all’interno dello Stato colonizzatore.

Parlando di questa nozione si fa spesso riferimento ad altri concetti come l’imperialismo, il capitalismo e il neo-imperialismo, considerati le cause stesse del colonialismo interno. Nel corso degli ultimi decenni, il significato si è esteso, e riguarda oggi qualsiasi tipo di differenza sociale, culturale, di provenienza geografica, etnica.

Colonialismo interno e sviluppo economico

Tutti i sistemi di colonialismo interno rilevati nel corso della storia hanno caratteristiche e definizioni anche diverse, ma concetti chiave in comune. Uno di questi è la presenza di relazioni di disuguaglianza economica che si verifica nelle situazioni nelle quali la parte di popolazione soggetta, ovvero quella considerata “colonizzata”, si trova in posizione di dipendenza per quanto riguarda l’aspetto economico e produttivo.

Le differenze riguardano la divisione del lavoro, il guadagno e le relazioni di produzione. Secondo diversi teorici, il colonialismo interno si riesce a instaurare, ma soprattutto a mantenere, proprio grazie a una dialettica di sviluppo-sottosviluppo. Con un sistema economico unitario, una parte del Paese può svilupparsi economicamente perché l’altra parte rimane sottosviluppata. E per fare ciò, si instaura una relazione di dominio e sfruttamento da parte dei colonizzatori.

È visibile in Italia ancora oggi questa differenza, quando entrano in gioco le risorse da dividere nelle diverse Regioni, e se si valuta la qualità della vita e lo sviluppo economico ad esempio del Nord rispetto al Sud. A partire dall’Unità d’Italia, il nostro Paese non si è ancora unificato in senso economico e culturale. Proprio in funzione di mantenere questo sistema dettato dal colonialismo interno.

Colonizzazione interna

colonialismo interno
Fonte: Web

Nel testo Internal colonization, hegemony and coercion: investigating migration to southern Lazio, Italy, in the 1930s l’autore fa riferimento al colonialismo interno portato avanti dalla dittatura di Mussolini, che venne chiamato “ruralizzazione” o “colonizzazione delle terre agrarie”. Attraverso lo sfruttamento di braccianti per bonificare le terre incolte, una volta realizzati nuovi paesi e città, il regime ha applicato un ripopolamento coercitivo. Servivano nuove persone e soprattutto figure professionali che abitassero le terre create.

Il regime, e talvolta anche la propaganda storica successiva, ha promosso queste bonifiche come un modo per sostenere le terre e il loro sviluppo economico, sociale e culturale. I lavoratori venivano chiamati “colonisti“, ovvero colonizzatori delle nuove terre, che in realtà si trovavano già in terreno italiano. E il regime chiamava i funzionari a procurare questi colonisti, spesso con la forza.

Si è chiamata da allora colonizzazione interna questa pratica, il cui esempio più noto oggi è l’Agro Pontino, fuori da Roma, sulle cui paludi fu creata l’attuale Latina.

Le conseguenze del colonialismo interno

La conseguenza più grave del colonialismo interno è sicuramente lo squilibrio di potere e nell’economia. Le risorse che la parte colonizzata di un Paese mette in gioco sono molto più grandi e sfruttate rispetto a ciò che la parte dominante offre loro come ricompensa. Lo sfruttamento avviene da parte di una popolazione che presenta già distinzioni e livelli diversi di classe, su un’altra che ha altrettante differenze sociali.

Lavoratori e imprenditori che sfruttano altri lavoratori e imprenditori, che dovrebbero essere invece alla pari. Da questa irregolarità, che stride con il pensiero di uno Stato che si presenta come egualitario, deriva uno sviluppo irregolare che dà vita o amplifica divergenze strutturali di carattere economico, sociale, culturale all’interno di uno stesso Paese. Un esempio pratico di colonialismo interno è rilevato da alcuni anche nel rapporto tra centro e periferia delle città.

Senza la periferia, con i suoi lavoratori e lo spazio per ricavare le risorse necessarie, le città non funzionerebbero. Da questo dualismo sembra quindi che sia impossibile uscire da alcuni sistemi di colonizzatori/colonizzati. Pertanto, il divario tra alcune parti facenti parte dello stesso territorio continua ad aumentare, portando ancora più alla luce le chiare differenze socio-economiche.

Le persone continuano ad essere costrette a spostarsi dalle aree “colonizzate”, o a lavorare per loro, in un circolo vizioso che premia sempre la parte sviluppata.

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