È diventato un caso il discorso di Barbara Palombelli in cui avanza l’ipotesi che la causa per cui certi uomini divengono fautori di femminicidio potrebbe essere la grande “esasperazione” cui le loro vittime – mogli, compagne, ex, figlie – li condurrebbero.

Un’esternazione non solo piuttosto grave – pur se “decontestualizzata”, come ha precisato poi il volto di Forum, scusandosi – ma anche pericolosissima, soprattutto se si considera l’ingente esposizione mediatica cui l’osservazione è stata consegnata.

E non solo. Pensare che le vittime siano in qualche modo partecipi della colpa, infatti, è grave e pericoloso in particolar modo per un altro motivo: la sua potenziale capacità di  “giustificare” tutto lo spettro di quelle azioni “collaterali”, insidiose e deumanizzanti che, spesso, precedono i femminicidi stessi.

Si tratta dei cosiddetti “reati spia“. Vediamo che cosa sono.

Reati spia: che cosa sono?

Si definiscono reati spia tutti quei crimini perpetrati da parte di mariti, compagni o ex fidanzati ai danni delle proprie mogli, conviventi o ex, con il preciso scopo di controllarle, impaurirle o limitarne la libertà personale.

Le declinazioni sono molteplici: rientrano, infatti, in questa definizione ombrello lo stupro, lo stalking, le minacce, le violenze fisiche e psicologiche, gli atti persecutori, le aggressioni, il revenge porn, i ricatti economici e, in generale, tutti gli atti volti a ricondurre sotto il proprio dominio le donne vittime di reati spia, ree di non ricambiare più il sentimento amoroso o di aver deciso di trasformare la propria vita e non sfuggire al loro giogo.

Come rivela il Corriere della Calabria, appunto, nel primo semestre del 2021 le donne hanno rappresentato il 79% dei 19.128 reati spia registrati in Italia.

Un dato allarmante, che si affianca tristemente a quello delle 69 donne uccise – al 25 ottobre 2020 – dai propri partner o ex nei mesi dell’anno in corso, e che affonda le proprie radici nella medesima cultura alla base del femminicidio: quella del possesso imperniata sulla violenza di genere, che ci vuole vittime costanti dei nostri fidanzati e mariti, ingabbiandoci in dinamiche di controllo e abusi di potere che possono assumere diverse forme, dallo stalking all’omicidio.

Come ha dichiarato il Capo della Polizia e Direttore Generale della Pubblica Sicurezza Franco Gabrielli, in occasione della scorsa Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne:

La violenza di genere è un crimine odioso che trova il proprio humus nella discriminazione, nella negazione della ragione e del rispetto. Una problematica di civiltà che, prima ancora di un’azione di polizia, richiede una crescita culturale. È una tematica complessa, che rimanda a un impegno corale. Gli esperti parlano di approccio olistico, capace di coinvolgere tutti gli attori sociali, dalle istituzioni, alla scuola, alla famiglia.

Reati spia e nuovi delitti

È per questo motivo che, poco più di due anni fa, il Parlamento ha approvato la legge 19 luglio 2019 n. 69 (il “Codice Rosso”) che, tra le altre cose, interviene anche sul codice penale, introducendo quattro nuove forme di reato:

  • il delitto di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso;
  • il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate (il cosiddetto “revenge porn”, fortemente avversato, all’epoca e tuttora, dalla ricercatrice Silvia Semenzin, fautrice della campagna #intimitàviolata);
  • il delitto di costrizione o induzione al matrimonio;
  • e, infine, il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

Oltre all’introduzione di nuovi delitti, il Codice Rosso prevede, inoltre, anche l’inasprimento di alcune pene, soprattutto per: gli atti persecutori, la violenza sessuale, gli atti sessuali con minorenni e l’omicidio aggravato dalle relazioni personali.

La legge, tuttavia, sembra non spaventare gli uomini autori dei reati spia. Come dimostra la Relazione sui dati riguardanti la violenza di genere e domestica dello scorso anno, infatti, nel triennio che è intercorso dal 2016 al 2018 i dati rivelano un progressivo, e preoccupante, incremento del numero dei reati di genere denunciati, acuiti, senza dubbio, dai numerosi lockdown che si sono susseguiti.

Preoccupanti, in particolar modo, due dati, sempre relativi al 2020: la percentuale delle donne vittime di maltrattamenti familiari (pari all’80%) e quella delle violenze sessuali, che supera il 90% e raggiunge la sua acme nelle ultime settimane di marzo 2020, toccando un picco del 100%. E rendendo, così, ancora più evidente la matrice domestica della maggior parte delle violenze di genere, in cui l’aguzzino non è uno sconosciuto, bensì proprio quell’uomo che dorme al tuo fianco, condivide i pasti con te e afferma di amarti.

Come fare, dunque? Un primo passo, sicuramente, è saper intercettare tutte quelle azioni e parole preoccupanti che, spesso, possono fungere da segnali d’allarme. E poi, senza dubbio, non avere timore di rivolgersi ai centri antiviolenza e denunciare, parlare, far sentire la propria voce, sovente messa a tacere. Anche a rischio di risultare “esasperanti”.

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