La comunità scientifica tutta (e non solo) è in allarme per le condizioni del nostro pianeta. Che sia esso genuino o determinato da una strategia di marketing, l’interesse per l’ecologismo è divenuto, ormai, centrale nella nostra società.

Questo tipo di preoccupazione non è di certo infondata. L’Agenzia Internazionale dell’Energia ha stimato un aumento record delle emissioni di CO2 nei prossimi mesi, arrivando a sfiorare i 1,5 miliardi di tonnellate in più rispetto allo scorso anno su scala mondiale.

Nella storia mondiale recente, però, l’impegno civile per l’ambiente è sfociato spesso in atti violenti e in dimostrazioni di forza. Frange estremiste di gruppi ambientalisti impegnate in quello che è stato definito ecoterrorismo.

Ecoterrorismo: cosa significa?

Il termine ecoterrorismo è un neologismo entrato nell’uso comune a partire dagli anni Sessanta, coniato dall’FBI e descrivibile come:

L’uso o la minaccia di ricorrere alla violenza in modo criminale, contro istituzioni o beni privati, da parte di organizzazioni d’orientamento ecologista, per ragioni politiche legate all’ambientalismo, o animate dalla volontà di ottenere visibilità tramite un obiettivo, spesso di natura simbolica.

Prevalentemente, quando si parla di ecoterrorismo si fa riferimento a due organizzazioni diffuse su scala mondiale: l’Earth Liberation Front (ELF) e l’Animal Liberation Front (ALF), considerate tra i gruppi estremisti più pericolosi al mondo.

Si tratta, però, di organizzazioni non gerarchiche e non accentrate. In entrambi i gruppi manca la leadership e chiunque compia atti riconducibili alla linea di pensiero del movimento può rivendicarli come atti dell’ELF o dell’ALF. Proprio la natura così peculiare di queste organizzazioni, di fatto molto differente dai tradizionali movimenti terroristici, ha sempre generato preoccupazione e timore, al punto tale da coniare un termine come ecoterrorismo che unisse l’ecologia come movente di base e il terrorismo come modalità di declinazione delle loro azioni.

Si stima che tra il 1996 e il 2002 siano state compiute più di 600 crimini in nome dell’ELF e dell’ALF. Tra le azioni più famose si ricordano l’attacco incendiario al Vail Resort Inc. in Colorado del 1998. Diversi edifici furono mandati in fiamme per preservare l’habitat naturale della lince che rischiava di andare distrutto dai colossali impianti sciistici. Ben presto l’ELF rivendicò quello che, per molti, è la più grande e nota azione di sabotaggio di stampo ecologista della storia.

La prima azione comune di ELF e ALF risale al 1997. Quell’anno attivisti di entrambi i movimenti liberarono 488 cavalli selvatici e 51 asinelli in Oregon, dando fuoco a stalle, staccionate e uffici.

Il confine tra attivismo ed ecoterrorismo

I più noti movimenti di ecologismo radicale non si riconoscono nella definizione di ecoterrorismo. Queste organizzazioni, infatti, sono nate con l’obiettivo di protestare e ribellarsi allo sfruttamento delle risorse naturali. Col tempo, però, le posizioni degli aderenti all’ideologia di questi gruppi si sono radicalizzate e le modalità di protesta hanno assunto tratti sempre più violenti.

La differenza tra un movimento ecologista e chi opera con attacchi violenti e pericolosi è evidente anche dal punto di vista storico. Agli inizi degli anni Ottanta, infatti, nasce l’Earth First, gruppo, tutt’oggi attivo, che agisce con la pretesa di coniugare una strategia di marketing atta a diffondere ideali ecologisti e l’ambientalismo radicale.

Col tempo, però, le posizioni del gruppo divengono sempre più radicali. Dopo vari attacchi, alcuni con conseguenze anche gravi, l’organizzazione decide di dedicarsi ad azioni più moderate per non essere associato a un movimento di stampo criminale. La frangia più estremista del gruppo, però, si stacca dal movimento principale, dando vita alla più grande organizzazione ecoterrorista esistente, ovvero, l’ELF.

Le proteste del nuovo gruppo non sono pacifiche. Si agisce per sabotaggi e attentati criminali. Nascono rapidamente numerosi gruppi satellite, collegati ma indipendenti. La minaccia diviene, soprattutto a partire dagli anni Novanta, così consistente negli Stati Uniti che il governo decide di lanciare un programma per debellare l’ecoterrorismo: l’operazione Backfire.

Ecoterrorismo e greenwashing

Possiamo, in un certo senso, considerare ecoterrorismo e greenwashing come due opposti radicali che, però, generano conseguenze simili: allontanare le persone dall’ambientalismo.

Anche nel caso del greenwashing abbiamo a che fare con un neologismo coniato nel corso degli anni Ottanta dall’ambientalista statunitense Jay Westerveld. Si tratta di una strategia di marketing che molte aziende adottano per costruire uno fittizio interesse per la questione ambientale.

Questo tipo di atteggiamento, figlio del consumismo e del capitalismo, è ciò contro cui più violentemente si scaglia l’ecoterrorismo. Il problema è che il metodo scelto per combattere questo sistema è violento e controproducente, perché getta un alone negativo sull’ambientalismo tanto quanto fa una strategia pubblicitaria che nasconde il più totale disinteresse per l’ambiente.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!