Per i primi 50 anni della sua vita, Zofia Kossak Szczucka visse a Kosmin, in Polonia, un’esistenza tranquilla. Lavorò come insegnante, poi debuttò come scrittrice negli anni Venti e si sposò due volte mentre portava avanti la sua carriera di autrice di romanzi storici e giornalista. Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, però, cambiò radicalmente la sua vita, costringendola al trasferimento a Varsavia. Proprio nella capitale, di lì a poco, si sarebbe dedicata alla Resistenza polacca e all’impegno contro lo sterminio degli ebrei.

Zofia Kossak Szczucka e l’ostilità verso gli ebrei

Zofia Kossak Szczucka proveniva da una famiglia di origine nobiliare fortemente legata ai valori tradizionali e alla cultura polacca. Questo spirito nazionalista, tramandatole dalla sua famiglia, emerge nei suoi più noti romanzi. Tutta la sua produzione letteraria, infatti, si concentra su temi come l’unità nazionale polacca, lo spirito antitedesco e l’esaltazione della Polonia come baluardo della Cristianità.

In Polonia era fortemente radicato un sentimento antigiudaico. Oltre all’idea, di chiara influenza cattolica, che fossero i responsabili della morte di Cristo, intorno agli anni Trenta del secolo scorso si diffuse l’idea che gli ebrei fossero i responsabili della sottrazione di risorse alla Polonia. Nel decennio precedente allo scoppio del secondo conflitto mondiale si inaugurò una stagione di violenta discriminazione nei confronti degli ebrei per tutto il Paese.

Anche Zofia Kossak Szczucka, che da sempre aveva manifestato il suo antisemitismo, nel biennio 1936-1937 scrisse numerosi articoli sulla questione. Per lei, che auspicava alla rinascita della Polonia come grande nazione non più sottoposta al controllo straniero, gli ebrei rappresentavano una minaccia per il Paese. Decise, dunque, di appoggiare pubblicamente la possibilità di introdurre una legislazione discriminatoria nei loro confronti, considerandoli diversi non solo dal punto di vista della religione, ma anche della razza.

La seconda Guerra mondiale e la partecipazione alla Resistenza

Nel settembre 1939 i tedeschi invasero la Polonia, occupando metà del paese. Pochi giorni dopo, in virtù dell’accordo tra le forze russo-tedesche, i russi occuparono la parte orientale della Polonia. Il regime instaurato dai nazisti rinvigorì lo spirito nazionalista di molti polacchi, tra questi anche Zofia Kossak Szczucka che decise di prendere parte alla Resistenza. Inizia così una nuova fase della sua vita fatta di propaganda e boicottaggio del nemico sotto il falso nome di Weronica.

Nell’estate del 1941 fondò il Fronte per la rinascita della Polonia (Fop) con lo scopo di realizzare la rinascita morale e politica del popolo polacco. Nel frattempo a Varsavia venne realizzato il più grande ghetto per ebrei del Paese, dal quale l’anno successivo iniziarono le prime deportazioni.

Dinanzi a questi crimini perpetrati ai danni del popolo ebraico e all’indifferenza dei suoi connazionali, Kossak decise di non tacere. Pur non amando gli ebrei, si convinse che un atto tanto grave come uno sterminio, contrario alla legge divina, avrebbe distrutto la moralità della nazione. Decisa a non rendersi complice di questa atrocità, fece distribuire in tutta la città il volantino politico Protest, in cui denunciava i crimini commessi nel ghetto.

Chiunque non condanna vi acconsente. Chiunque osi collegare il futuro della Polonia libera e fiera alla disgrazia del proprio vicino, fino al punto di gioirne in modo vile, non può essere considerato né un polacco, né un cattolico.

Insieme ad altri membri della Resistenza fondò una consiglio di soccorso agli ebrei, Zegota, grazie al quale molti uomini e donne si salvarono in clandestinità. Kossak stessa ospitò numerosi ebrei in casa propria e si impegnò affinché riuscissero a ottenere documenti falsi per vivere nella zona ariana della città.

Nell’ottobre del 1943 viene arrestata dalla Gestapo per essere rinchiusa prima a Auschwitz, poi nella prigione di Varsavia. L’intervento dei compagni della Resistenza, che corruppero i nazisti, le salvò la vita. Finita la guerra fu obbligata a lasciare la Polonia, dove potrà tornare solo dopo 12 anni di esilio. Morì nell’aprile del 1968 a 79 anni. Solo nel 1982 otterrà il riconoscimento come Giusta tra le nazioni, nonostante il non aver mai rinnegato il suo antisemitismo la rendesse un personaggio particolarmente controverso.

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