L’eterofobia, un tema con cui si è aperto un dibattito forse più politico che culturale, sul quale è importante andare a fondo. È facile parlare di eterofobia utilizzando i termini del leader della Lega, il quale, in seguito alla proposta del Ddl Zan contro l’omobitransfobia, ha affermato: “Allora presentiamo pure una legge contro l’eterofobia”. È facile servirsene perché un disegno di legge mette in discussione la possibilità dei gruppi conservatori di rimanere in eterno gli unici rispettabili e predominanti.

In un mondo in cui si cerca di spiegare quant’è importante allargare i diritti, poiché un diritto non ne esclude un altro. In un mondo in cui è necessario comprendere che non si può sconfiggere una paura diffondendo altra paura. È in questo mondo che il reale significato dell’eterofobia va analizzato dal punto di vista della sessualità, della psiche, del razzismo, in modo però che nessuno di questi ambiti lo condizioni totalmente.

L’etimologia della parola “eterofobia” e il suo significato

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la parola eterofobia esisteva già prima dell’intervento in conferenza stampa di Matteo Salvini: è, infatti, un vocabolo formato da una radice greca “hetero“, cioè altro, diverso e dal suffisso “-fobia”, cioè paura, rifiuto. Da ciò se ne deduce, quindi, un’interpretazione etimologica che la delinea come quella generale ostilità verso tutto ciò che è ritenuto diverso o altro al di fuori di sé: non scende, quindi, nello specifico di una motivazione religiosa, di genere, di orientamento sessuale o etnia, come, ad esempio, per quanto concerne la xenofobia.

In una società in cui nascono sempre più occasioni di entrare in contatto con la diversità, ma in cui probabilmente non si hanno ancora tutti gli strumenti per accoglierla, comprenderla e farla propria, è molto facile attribuire alle parole un significato troppo specifico o fuorviante, generando e diffondendo nuove e infondate paure, proprio come ha fatto il leader leghista con il suo intervento.

Il termine eterofobia non è presente nei dizionari della lingua italiana, tuttavia, a quanto pare, esiste o comunque ha in qualche modo preso forma. Questo dualismo fra la non ufficialità e l’utilizzo ufficioso lo rende veicolo di possibili utilizzi impropri, strumentalizzazioni ed attribuzioni di significati discordanti o poco convincenti. Si pensi ad esempio, a quelle opinioni paradossali che la vedrebbero come l’opposto dell’omofobia, ossia come l’avversione per gli eterosessuali in quanto tali, portando addirittura il termine sulla strada della discriminazione e non su quella di una semplice paura.

Quando e come si è parlato di eterofobia

Se è vero che la lingua racconta la storia di un popolo e la sua evoluzione, l’assenza dell’eterofobia nei dizionari della lingua italiana farebbe pensare che in sé per sé il fenomeno non esista nella realtà. Per lo meno, non come atto discriminatorio nei confronti degli eterosessuali, qual è invece l’omofobia nei confronti degli omosessuali.

La scrittrice femminista statunitense Daphne Patai ne parla per la prima volta nel libro Heterophobia: Sexual Harassment and the Future of Feminism, dandone un’interpretazione differente: l’autrice definisce l’eterofobia come la paura del sesso opposto, generata probabilmente da un’avversione di base verso i comportamenti dell’altro sesso. E qui, dunque, ci si riavvicina all’origine etimologica della parola come paura dell’altro.

La Patai fa riferimento in particolare a delle tendenze che a suo parere si sono sviluppate all’interno del movimento femminista negli ultimi tempi: un atteggiamento sempre più anti-maschile, di chiusura totale verso gli uomini, al punto da arrivare a emarginare le femministe del movimento che interagiscono o amano gli uomini.

Parlando di orientamento sessuale, il mondo della sessuologia in generale non riconosce l’esistenza reale del fenomeno eterofobico, tranne in rare eccezioni che riguardano alcuni sessuologi, in disaccordo con le tradizionali teorie della sessuologia.
Un’altra accezione ipotetica di eterofobia si trova nell’ambito del dibattito sulle diversità di etnia, in particolare in La forza del pregiudizio: Saggio sul razzismo e sull’antirazzismo di Pierre-André Taguieff. Qui, l’autore analizza le forme di razzismo e ne individua anche una originata dall’eterofobia: il razzismo eterofobo respinge le diversità ed esige che si crei e si rispetti un unico schema, se si vuole conservare la propria identità. L’eguaglianza fra identità diverse viene quindi negata, in favore di un elogio alle affinità delle caratteristiche somatiche, come ad esempio il colore della pelle.

Per affrontare la tematica, Raymond J. Noonan nel 1999 ha espresso un’opinione davvero esplicativa, durante la Conferenza della Society for the Scientific Study of Sexuality e dall’American Association of Sex Educators, Counselors, and Therapists. Secondo la sua interpretazione, il vocabolo genera confusione nella mente delle persone, fra chi lo vede come una costruzione sociale basata sul niente, chi crede che l’eterofobia sminuisca la portata dell’omofobia, chi infine vi vede al suo interno solamente un curioso gioco di parole. Per alcuni, come afferma anche Noonan, l’attenzione verso questo argomento rivela la politicizzazione degli interessi culturali degli eterosessuali, tuttora percepiti in conflitto con quelli degli omosessuali.

A quale interpretazione si può quindi arrivare?

Ogni definizione o commento totalmente restrittivo, che cerca di limitare l’eterofobia a un unico ambito, rischia di banalizzare quei fenomeni che generano realmente disprezzo e comprovate violenze, qual è l’omofobia.

Eventualmente, se si vuole applicare la “paura dell’altro” alle eterne contrapposizioni fra le maggioranze eterosessuali e le minoranze omosessuali, si può effettuare uno step in più nel ragionamento: un omosessuale (o semplicemente colui che i falsi miti definiscono non etero-normativo) sviluppa un’avversione intrinseca per gli etero-normativi, data dal timore di rivelare il proprio orientamento sessuale, un’azione che potrebbe portare a reazioni di disprezzo come semplice meccanismo psicologico di difesa.

L’origine di paure di questo genere quindi, è da ricercare nella storia delle violenze e dei pregiudizi nei confronti dei non eterosessuali o non etero-normativi, ancora oggi sottoposti a privazioni di alcuni diritti, emarginazione ed atti di aggressività. In tal caso, comunque, non ha senso parlare di una vera e propria discriminazione da parte degli omosessuali, come ha invece inteso il leader leghista Matteo Salvini con la sua affermazione; non sono infatti stati registrati, ad oggi, dei veri e propri atti di violenza sugli eterosessuali e/o etero-normativi che abbiano una motivazione discriminatoria dell’orientamento sessuale.

Non è quindi necessaria, in questo senso, una legge che tuteli atti di violenza e di emarginazione nei confronti degli etero in quanto tali. L’eterofobia com’è stata declinata da Salvini non esiste, la legge contro l’eterofobia in quanto paura del diverso è il DDL Zan stesso, un provvedimento che, se approvato, prevedrebbe il carcere per coloro che commettono atti di discriminazione e violenza basati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità.

Una misura, quindi, che già di per sé va “contro la paura del diverso” e gli atti di violenza che ne conseguono. Una misura approvata alla Camera ma bloccata in Senato, a causa dell’ostruzionismo di alcuni partiti (quali, appunto, la Lega) che l’hanno ritenuta non prioritario, rimandando così, quella che dovrebbe essere la semplice tutela della libertà d’espressione di ognuno.

Alla luce di tutto ciò, al momento appare più corretto ascrivere nel termine eterofobia tutto ciò che riguarda la paura del diverso da sé stessi, inserendo nel termine eteronegativismo i sentimenti negativi che alcuni gay possono provare nei confronti degli etero. Questo vocabolo è stato coniato da Stephen M. White e Louis R. Franzini e, nel caso in cui venga utilizzato per definire le ostilità dei gay nei confronti degli etero, è sicuramente preferibile al termine eterofobia, poiché nella realtà si parla di ostilità che non implicano paure estreme o risposte irrazionali, men che meno azioni discriminatorie culturalmente radicate e accettate, com’è nel caso dell’omofobia.

Perché la diversità è forza.

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