"Più polizia: più sicurezza" Ditelo a Sarah Everard, stuprata e uccisa da un poliziotto

Nel Regno Unito si protesta per bloccare Il Bill che darebbe più potere alle forze dell’ordine, perché la police brutality di cui siamo stati tutt* testimoni con il caso di Sarah Everard ha ricordato al popolo inglese che l’autorità e la repressione sistemica delle minoranze attraverso l’abuso di potere non è la soluzione contro i crimini di genere, né la migliore delle vite possibili per le comunità.

La sera del 3 marzo scorso, la trentatreenne Sarah Everard ha lasciato la casa di un’amica a Clapham Common per incamminarsi verso casa sua a Brixton. Sarah a casa non ci arriverà mai. Verrà rapita, stuprata e uccisa da un poliziotto appartenente al corpo diplomatico che era stato fermato (e rilasciato) per molestie nei confronti di un’altra donna solo tre giorni prima.

Nonostante uno di loro fosse già fortemente sospettato del crimine, la polizia ha ritenuto utile bussare alle porte delle donne di Clapham, durante le ricerche della vittima, e chiedere loro di non uscire di casa da sole la sera. Il che ha ovviamente suscitato l’indignazione delle residenti, portandole a twittare di un ipotetico coprifuoco per uomini ripreso anche in parlamento dalla baronessa Jones. Una provocazione ma non troppo. Perché il problema, una volta per tutte, devono essere i carnefici e non le vittime.

Il 13 marzo, durante la veglia di protesta al parco in cui è stata vista Sarah per l’ultima volta, la polizia (per la maggior parte, sorprendente ma non troppo, uomini bianchi) arresta violentemente, con la scusa della violazione delle norme anti-covid, diverse attiviste. Brutalità che non si è vista in questi mesi durante le proteste no vax, o i festeggiamenti per le partite di calcio, e nemmeno durante il centinaio di party illegali organizzati nonostante il lockdown. Una forza che non sarebbe stata usata contro altri uomini, per paura, per codice d’onore, per sessismo.

Il gruppo organizzatore della protesta, Sisters Uncut, oltre a evidenziare tutto questo pubblicamente, nei giorni successivi alla manifestazione ha portato alla luce l’ultima possibilità di bloccare Il Bill che darebbe più potere alle forze dell’ordine, perché la police brutality di cui siamo stati tutt* testimoni ha ricordato al popolo inglese che l’autorità e la repressione sistemica delle minoranze attraverso l’abuso di potere non è la soluzione contro i crimini di genere, né la migliore delle vite possibili per le comunità.

Ma cosa prevede il bill?

Come riporta la Bbc, al momento, la polizia nel Regno Unito e Galles può imporre restrizioni a una protesta se è dimostrabile che questa comporta “gravi disordini pubblici, gravi danni alla proprietà o gravi interruzioni della vita della comunità”. Ma in genere si accorda con i manifestanti, per gli eventi più grandi, settimane prima.

Con la nuova legge, le forze dell’ordine sarebbero in grado di imporre un orario di inizio e di fine dell’evento, impostare arbitrariamente i limiti del rumore, e, cosa ancora più grave, queste regole sarebbero applicabili persino a una manifestazione di una singola persona. Il rifiuto di aderirvi può portare all’arresto o a una multa fino a 2500 sterline.

Inoltre, a oggi, la polizia deve dimostrare che i manifestanti sono consapevoli di aver ricevuto un avvertimento prima di intervenire. Con questa legge, non ce ne sarebbe più bisogno. È una proposta che fa chiaramente riferimento al blocco delle città e della vita quotidiana, ovvero, il fulcro e l’obiettivo finale di ogni manifestazione, a cui abbiamo assistito magistralmente prima con Extinction Rebellion (gruppo attivo contro il cambiamento climatico) e poi con le proteste di Black Lives Matter in seguito all’omicidio di George Floyd; guarda caso, i danni ai “monumenti” diverrebbero genericamente punibili fino a dieci anni di carcere (tipo il sacrosanto abbattimento della statua dello schiavista Edward Colston a Bristol, che non è esattamente paragonabile a una scritta sul Big Ben).

Le proteste

In tutto il Paese, dopo la veglia interrotta, si sono susseguite proteste più o meno “pacifiche”. Le immagini degli scontri di Bristol hanno fatto il giro del mondo, ovviamente accompagnate dalle solite indignazioni rispetto alla “violenza” della manifestazione che chiaramente serviva a oscurare sia la brutalità sistemica della polizia nei confronti delle minoranze e degli antagonisti che il motivo della rabbia stessa.

Sisters Uncut ha subito fatto presente che le divisioni strumentali non hanno il minimo posto nel movimento contro la legge;  i manifestanti si stanno organizzando in maniera capillare in tutto il Paese, portando avanti istanze alternative al bill.

L’idea di togliere fondi alla polizia, infatti, non significa vivere nell’anarchia come molti potrebbero pensare.

Facciamo un passo indietro: dall’austerità del 2010 sono stati tagliati un quarto dei fondi destinati a Refuge, l’organizzazione più grande contro la violenza di genere e di assistenza alle survivor del Paese.

I finanziamenti tolti al pubblico, in un contesto di privatizzazione e gentrificazione dei council, hanno portato, come nel resto d’Europa, alla costruzione di interi quartieri “popolari” e “periferici” con servizi non adeguati alle esigenze delle comunità, mentre intere aree, attraverso fondi privati, costituiscono un punto di partenza privilegiato e sicuro per chi ha la possibilità di nascerci o viverci.

Dove manca un’adeguata educazione alla parità di genere e contro la discriminazione in toto, mancano anche i servizi di aiuto alle vittime. Perché l’austerità, come una sorta di Robin Hood al contrario, è un concetto che nasce per togliere al povero e dare al ricco.

Un altro passo indietro, stavolta è giugno del 2020. Nicole Smallman e Bibaa Henry, due sorelle, scompaiono durante la festa di compleanno di una di loro. I corpi vengono ritrovati dalla famiglia dopo che la polizia aveva interrotto le ricerche, ma due agenti hanno comunque ritenuto divertente e necessario scattarsi dei selfie con i resti delle donne per poi girarli su un gruppo Whatsapp di colleghi.

Devo dirvi davvero che Nicole e Bibaa non erano bianche? Come le centinaia di donne che scompaiono ogni anno nel Paese e che le autorità non si sprecano nemmeno troppo a cercare?

Le forze armate, in quasi tutti gli stati occidentali, sono sistemi fallimentari in termini di tutela delle minoranze. Se peschi sempre nello stesso lago, ovvero popolazioni di società fortemente razziste e sessiste, creando ambienti a prevalenza bianca e maschile, con una forte componente di omertà, “brotherhood” e possibilità di abusare di un potere per cui senza divisa verresti giudicato diversamente, i risultati saranno sempre gli stessi; se quei soldi, però, invece di finanziare e potenziare sistemi fortemente corrotti, venissero utilizzati per formare personale altamente qualificato ad accogliere e gestire i fenomeni della violenza di genere, militare e non, o per riqualificare e rimettere al centro le comunità, potremmo magari vedere finalmente soluzioni diverse, accessibili a tutt*, realmente rivoluzionarie.

In altri termini: non abbiamo bisogno di più ordine e polizia, ma di servizi migliori, più controlli, più formazione, più cittadini che si prendono cura di altri cittadini. La soluzione non è inasprire ulteriormente l’autorità, ma rimettere l’educazione e il popolo al centro delle scelte dei governi.

Quello che gli inglesi stanno chiedendo a gran voce è finalmente una possibilità di autodeterminazione. Ed è una cosa che riguarda ogni paese civile, da molto vicino. Perché una legge del genere potrebbe rappresentare un precedente pericolosissimo. Perché dalla Polonia alla Turchia i diritti delle donne e delle minoranze sono costantemente sotto attacco. E solo come un unico movimento internazionale e intersezionale saremo in grado di bloccare, unit*, questo bruttissimo vento reazionario che sembra soffiare sul continente.

Sosteneteci, informatevi, parlate di queste proteste nei vostri spazi. Per la libertà di tutt*.

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