Per anni gli uomini hanno vissuto letteralmente con il terrore di vedersi defraudati della propria virilità, stando quindi ben attenti a evitare tutta una serie di atteggiamenti, di abbigliamenti e di situazioni che potessero compromettere la loro immagini di “duri”, supponendo che questo fosse esattamente ciò che le donne cercavano.

Non vogliamo illudervi, le cose non sono del tutto cambiate: ancora oggi sentiamo dire di alcuni ragazzi che sono “effeminati”, soltanto perché non rispecchiano quelle caratteristiche tipiche del machismo, ad esempio (e a dirlo non sono solo gli uomini, ma anche le donne) o vediamo uomini che inorridiscono di fronte a capi d’abbigliamento rosa, convinti che i vestiti e i colori abbiano un genere.

Per fortuna, però, in questo caso bisogna dirlo, esistono i social: per quanto spesso siano forieri di messaggi sbagliati, esagerati, e con tutta quella non trascurabile lista di problematiche socioculturali che comportano, soprattutto per il pubblico più giovane, c’è da dire che, talvolta, si fanno però portatori anche di messaggi innovativi, e in maniera positiva. Come nel caso dei softboys (o softbois), una nuova figura maschile che, spopolando soprattutto su Tik Tok, si sta allargando notevolmente anche al di fuori della dimensione social.

Chi sono i  softboys?

Ne ha parlato la giornalista Lauren Strapagiel in un articolo per BuzzFeed News, definendoli come ragazzi che sovvertono del tutto le aspettative e i dogmi della mascolinità. Il loro “ingresso” nei social ha dato il via a una tendenza più ampia nota come #softszn, o stagione morbida, e in effetti il termine ha cominciato a essere applicato anche a un particolare stile di moda, sospinto anche dall’approssimarsi, in Occidente, del K-pop, lo stile musicale della Corea del Sud che, allargandosi oltre i confini nazionali, ha contribuito anche alla nascita del fenomeno di e-girls ed e-boys.

Boy band come i BTS e gli EXO hanno reso mainstream l’estetica del cosiddetto “flowerboy“, in barba a tutti i “precetti” di virilità con cui generazioni intere di uomini e donne sono cresciute, ai latin lover e agli uomini che “non devono chiedere mai”.

Caratteristiche dei softboys

Come si potrebbero riassumere molto semplicemente le caratteristiche dei softboys?

Il meme tipico – scrive Strapagiel – è un ragazzo vestito in uno stile ‘e-boy’ che si trasforma magicamente in un softboy. Pensa ai colori pastello, ai maglioni morbidi, a rilassarsi fra le foglie e, in generale, a essere un ragazzo carino ed educato.

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È dolce, in contatto con i suoi sentimenti, non si vergogna di piangere quando Beth muore in Piccole donne di Greta Gerwig. Forse potrebbe anche essere il protagonista di Piccole donne, come nel caso dell’uber-softboy Timothée Chalamet, l’attore che si diletta in abbigliamento femminile fucsia e ha lanciato mille completi floreali.

In effetti, i più degni rappresentanti della categoria sono proprio l’attore francese, l’ex cantante degli One Direction Harry Styles, che del look gender fluid ha fatto un cavallo di battaglia, Cole Sprouse. Ragazzi educati, gentili, che non provano imbarazzo nell’indossare fiori o stampe color pastello. Alleluja.

Per certi aspetti, il softboy è solo una nuova versione dei cosiddetti metrosexual tanto in voga nel primo decennio del 2000, anche se oggi, ovviamente, il concetto è intrinsecamente molto più legato anche a quello di fluidità di genere, che è uno dei capisaldi della Generazione Z.

Softboys e mascolinità tossica

I softboys si inseriscono a pieno diritto in quell’opera di “distruzione” di tutti i dettami della mascolinità tossica portata avanti dalla Generazione Z, come detto molto più aperta ai temi queer a alla fluidità di genere, incarnata non solo dagli esempi che abbiamo citato nel paragrafo precedente, ma anche da Achille Lauro, o Damiano David dei Måneskin, per citare due nomi italiani; ragazzi cisgender che non hanno paura che il proprio abbigliamento o make up possa mettere in discussione la loro sessualità o identità di genere.

Anche i softboys agiscono secondo la medesima filosofia, ma c’è forse qualcosa di più al di là di una semplice questione di identità: la Gen Z sembra in realtà essere molto poco preoccupata dalle questioni di genere, nel senso di distinzioni fra i generi, ma soprattutto molto poco interessata a darsi etichette, e questo vale per tutt*. Softboys & co. sembrano essere la cosa più lontana dai concetti di mascolinità tossica che hanno spadroneggiato nelle generazioni precedenti, e questo è sicuramente un bene, perché è anche attraverso lo stile che si possono cambiare le cose.

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