Vi è mai capitato di sentirvi ad un bivio della vostra vita? Bene, quello è il momento giusto per prendersi un gap year.

Un periodo di tempo in cui riflettere su se stessi, fare esperienze nuove, conoscere culture diverse. Un “lavoro” che punta a chiarirsi le idee su ciò che si vuole fare davvero, per poter scegliere e indirizzare al meglio la propria vita.

Tempo perso direbbe qualcuno. Assolutamente no. Anzi, a qualunque età si scelga di farlo, è una delle decisioni migliori che si possano prendere nella vita. E i motivi sono tanti.

Ma vediamo cos’è un gap year e perché (se non l’avete già fatto) potreste pensare seriamente di prendervene uno.

Gap year: cosa significa?

Letteralmente con il termine gap year si intende un “anno di intervallo” o, per estensione, un anno sabbatico. Un periodo di pausa dalla propria routine che nel mondo anglosassone è una vera e propria tradizione.

In America o in Inghilterra questo anno di “stop” coincide solitamente con la fine del percorso di studi, prima di iniziare a lavorare, o nel mezzo della carriera accademica. Le esperienze vissute in questo lasso di tempo, infatti, sono estremamente importanti, tanto da diventare voci di rilievo all’interno dei curriculum personali.

Un periodo in cui poter viaggiare, imparare nuove lingue, dedicarsi al volontariato, a un progetto, conoscere nuove culture, ecc, arricchendo così le proprie competenze e, soprattutto, se stessi.

Non una vacanza all’insegna del dolce far niente, quindi, ma un periodo in cui capire ciò che si vuole fare recuperando o scoprendo le proprie forze, gli obiettivi di vita e tutto ciò che si desidera per sé, aprendosi a maggiori opportunità sia a livello personale che lavorativo.

Ma da dove arriva questa tradizione? Il gap year ha origini antiche, una sorta di rivisitazione in chiave moderna del “Grand Tour, il viaggio di formazione nell’Europa continentale che facevano i giovani nobili borghesi anglosassoni vissuti tra il XVII e XVIII secolo.

Proprio perché solitamente, ieri come oggi, viene fatto da giovani al termine degli studi, il gap year è finanziato in gran parte dai genitori.

Solitamente, ma non obbligatoriamente. In tantissimi Paesi del mondo, infatti, ci sono progetti chiamati “work and stay”. In pratica si lavora in una famiglia o in un ostello in cambio di vitto e alloggio. Un’esperienza che arricchisce a 360°e che non è in nessun modo vincolata all’età.

Quando prendersi un gap year?

Anche se la tradizione anglosassone associa il gap year al classico anno formativo all’estero dei futuri lavoratori del domani, l’anno sabbatico può e deve essere preso da chiunque ne senta il bisogno.

Da giovani è un po’ come un rito di iniziazione. Una scrollata dal mondo dell’infanzia per dare spazio a quel pizzico di maturità in più che fa entrare nell’età adulta. Ma questo non è un requisito indispensabile, così come non lo è spostarsi in un altro Paese o continente o l’essere appena usciti dall’adolescenza.

Quello che conta è sentirne la necessità. Quella spinta interiore che urla a gran voce “prenditi una pausa”, “riscopri te stesso” o semplicemente “stacca”. E questo lo si può fare davvero ovunque e a qualunque età.

Succede a molti, infatti, di svegliarsi una mattina e capire che quella che si sta vivendo non è la vita che si vuole. Una crisi lavorativa, nella propria relazione o semplicemente la sensazione di non essere nel posto giusto.

È a quel punto che dentro di noi nasce il desiderio di conoscersi e cambiare. E questo avviene soprattutto in età più adulta, spesso intorno ai 30-40 anni o comunque quando si ha una consapevolezza maggiore di ciò che si è e ciò che si vuole.

In questi casi, staccare la spina diventa l’unica soluzione per poter andare avanti. Un reset alla propria vita per cambiare rotta, recuperare le forze e ripartire.

Tra necessità e pregiudizio

Prendersi un gap year o un periodo di stop da tutto ciò che non fa stare bene, è l’unico modo per ritrovare se stessi e prendere davvero in mano la propria vita. Anche se spesso questa decisione è circondata dalla disapprovazione o dal pregiudizio altrui.

Perché l’anno sabbatico, nella maggior parte dei casi, viene visto come un lasso di tempo in cui non si fa nulla, come un qualcosa che, se si fa, è perché sicuramente si sta bene economicamente. “Certo sarà mantenuta/o da qualcuno per poterselo permettere”, “certamente sarà piena/o di soldi”, “facile stare un anno senza far niente se paga qualcun altro”. Frasi tipiche ma molto lontane dalla realtà.

Soprattutto quando si sceglie di farlo a una certa età, quando spese e responsabilità sono maggiori, è la necessità a imporre un gap year, un richiamo interiore a cui non si può fare a meno di rispondere. A ogni costo. E chi riesce a sentirlo e poi a farlo davvero, è molto, molto fortunato.

Perché? Semplicemente perché prendersi un gap year fa bene, sotto tanti punti di vista.

Perché il gap year fa bene?

Ovviamente, a seconda dello scopo per cui si sceglie di prendersi un anno di pausa dalla propria routine, i benefici possono essere diversi.

Per esempio, per un giovane che sceglie buttarsi in un’esperienza del genere, il gap year è una grande opportunità di crescita, non solo a livello personale ma anche a livello di competenze.

Questo periodo rappresenta un’occasione per entrare in contatto con culture diverse (soprattutto per chi decide di recarsi all’estero), favorendo in modo esponenziale lo scambio di idee, la propria capacità di adattamento e di gestione delle emozioni e la fiducia in se stessi e nelle proprie capacità.

Tutte cose che completano e arricchiscono la propria personalità e il modo di vedere e vivere nel mondo. Ma non solo: trascorrere un tempo più o meno lungo in un altro Paese, consente di imparare una lingua nuova (a volte anche più di una) a un livello sicuramente maggiore rispetto a qualunque corso.

Soprattutto se si decide di inserire in questo periodo anche un’esperienza lavorativa o di stage. Due aspetti molto ambiti a livello lavorativo che incrementano l’appetibilità e il valore del proprio curriculum. Cosa che vale anche per un adulto che sceglie di prendersi un gap year per migliorare le sue competenze professionali o linguistiche aprendosi così a maggiori opportunità.

Quando, però, la motivazione dello stacco non ha nulla a che vedere con la propria formazione le cose cambiano.

Gap year introspettivo

Un motivo estremamente valido per prendersi un gap year è capire cosa si vuole, chi si è davvero, ricaricarsi o indirizzare in modo nuovo la propria vita. E questo non ha nulla a che vedere con il curriculum ma molto con la propria interiorità.

Un anno (o anche sei mesi o due anni) di stop, consentono di fermarsi, focalizzarsi su se stessi e iniziare un lavoro di conoscenza e arricchimento personale estremamente preziosi: imparare a capirsi, ad ascoltarsi, cancellare dalla propria vita le aspettative esterne che ci si è o ci hanno cucito addosso e che troppo spesso soffocano desideri, inclinazioni e talenti.

Liberarsi da ogni catena creata dai pregiudizi o dagli stereotipi dei quali si è stati vittime o anche carnefici, per scoprire esattamente di cosa si ha bisogno e in cosa si crede.

Cambiando anche le certezze che si sono avute fino al giorno prima se serve, per farsene di nuove e ricominciare una vita nuova. O magari continuare quella di prima ma con una consapevolezza diversa.

E per farlo non è necessario isolarsi su un monte irraggiungibile in qualche località dispersa. I luoghi e i modi in cui trascorrere il proprio gap year possono essere davvero tanti. Tutti utili e perfetti una volta capito lo scopo.

Ecco allora qualche idea per chi volesse staccare e (ri)partire.

5 possibilità su come trascorrere il gap year

gapyear
Fonte: Pixabay

A seconda del motivo per cui si sceglie di prendersi un gap year, i modi di trascorrerlo possono (e dovrebbero) cambiare.

Quasi certamente le motivazioni di uno studente saranno diverse da quelle di un adulto ma le domande di partenza a cui tutti dovremmo rispondere prima di decidere sono le stesse:

  • cosa mi rende felice?
  • cosa mi piace fare?
  • come vorrei occupare il mio tempo?
  • cosa sono le cose importanti per me?

Ecco allora che il modo in cui trascorrere il gap year diventerà subito chiaro.

1. L’esperienza formativa

Per chi desidera ampliare la propria conoscenza delle lingue e magari mettersi alla prova con un’esperienza di lavoro o stage prima di decidere cosa fare, la scelta ideale è programmare un gap year all’estero.

Un periodo mirato all’accrescimento della propria formazione e delle proprie competenze lontano dal Paese di origine.

Fare uno stage in Inghilterra o in Francia, iniziare un’esperienza di studio in Spagna o lavorare in un bar in Germania, sono tutte situazioni e mete perfette in cui testare e migliorare la conoscenza della lingua e la capacità di adattamento.

2. Il viaggio culturale

Se ciò che interessa, invece, è conoscere gli altri e tutto ciò che fa parte di una cultura diversa, usi, costumi, cibo, ecc, è importante staccarsi dal luogo di origine e buttarsi a capofitto in una nuova realtà, a 360°.

Un viaggio che non solo aumenta la capacità di osservazione e la tolleranza verso il prossimo, ma che offre uno spunto interessante per rivalutare le proprie convinzioni, idee e modi di fare.

Un gap year all’insegna dell’accrescimento personale e culturale che, se vissuto intensamente, diventerà parte integrante della vita stessa.

3. Il volontariato

Fermarsi per iniziare un’esperienza di volontariato aiuta a focalizzarsi sui bisogni degli altri. E non perché i nostri non siano importanti ma perché troppo spesso ci si concentra solo su di sé senza considerare ciò e chi ci circonda.

Un periodo finalizzato a questo scopo può essere l’opportunità giusta per aprire maggiormente la mente e il cuore verso realtà troppo spesso lasciate indietro.

Un’occasione di maturazione e di comprensione, oltre che l’occasione per testare la propria empatia e predisposizione al prossimo.

4. L’esperienza di vita autentica e libera

Spingersi da soli nelle terre selvagge dell’Alaska come il giovane Christopher McCandless forse non è la soluzione migliore.

Ma se il desiderio di vivere un’esperienza di accrescimento personale lontano dai ritmi frenetici della città è forte o se dentro di voi si è fatta chiara la sensazione di dovervi riavvicinare alla natura, allora questo è quello che dovete fare.

Trascorrere del tempo in un luogo incontaminato, silenzioso, dove il ritmo della vita scorre all’unisono con quello della natura è il modo più utile che potete trovare per vivere il vostro gap year.

5. Un incontro con se stessi

Non serve andare lontano quando ciò che si vuole conoscere è vicinissimo. Se l’obiettivo del vostro gap year è quello di focalizzarvi su voi stessi, sui vostri desideri, sogni (a venti come a settant’anni) e su ciò che volete davvero nella vostra vita, il luogo non conta poi molto.

Che sia facendo il giro del mondo o andando a vivere da soli in un piccolo appartamento di città, quello che conta è liberarsi di ciò che appesantisce anima e corpo, concentrando l’energia su di sé e riprendendo in mano la propria vita.

Consapevoli e certi che dopo un gap year, in qualunque modo scegliate di trascorrerlo, quando tornerete alla vostra vita o a quella che sceglierete di avere, potrete proseguire il vostro cammino con passo più sicuro, leggero e felice.

E questo non perché il mondo circostante nel frattempo sia cambiato ma perché a cambiare siete stati voi. Sicuramente in meglio.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!