Il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni – circa 6 milioni 788 mila – ha subìto, nel corso della propria vita, una qualche forma di violenza fisica o sessuale; ma se pensate che il mostro sia per la maggior parte uno sconosciuto, un amico, un conoscente o un amico di famiglia, sappiate che vi sbagliate di grosso.

Perché in moltissimi casi l’autore degli abusi sessuali è il partner.

Abusi sessuali: il significato

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Che cosa intendiamo con “abuso sessuale”?

Si tratta del coinvolgimento in attività sessuali, fisiche o psicologiche, di una persona incapace di scegliere o perché sottoposta a costrizione fisica e/o psicologica, o perché non consapevole delle proprie azioni.

Rientrano quindi nella fattispecie sì la congiunzione carnale vera e propria, ma anche l’induzione agli atti sessuali di chi non è in grado, per i motivi sopra elencati, di decidere autonomamente.

Gli abusi sessuali in famiglia

Con riferimento all’ambito familiare il termine abuso sessuale è da applicarsi alla forma specifica della violenza domestica, in cui l’abuso è perpetrato da un partner sull’altro attraverso l’impiego di minacce o della forza fisica.

Si ha quindi il sesso forzato, che si configura come il reato di stupro coniugale, che, come conseguenze più immediate, ha naturalmente l’umiliazione sessuale e il degrado personale.

I dati Istat, riferiti al 2014, riportano che il 13,6% (2 milioni 800 mila) delle donne ha subìto violenze fisiche o sessuali da partner o ex partner; in particolare il 5,2% (855 mila) da partner attuale, il 18,9% (2 milioni 44 mila) dall’ex partner.

Non tutte trovano il coraggio di interrompere la relazione, anche se un buon 68,6% lo ha fatto proprio per la violenza subita: il 41,7% come causa principale per la rottura, il 26,8% ritenendolo un elemento importante della decisione.

Le conseguenze dell’abuso sessuale in famiglia

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Diverse ricerche a livello clinico portano a ritenere che un abuso sessuale che si consuma tra le mura domestiche produca danni più gravi a livello psicologico rispetto alla violenza subita da uno sconosciuto, soprattutto in presenza di uno stretto legame con la persona che compie l’abuso, della lunga durata dell’abuso stesso o del suo nascondimento/non riconoscimento all’interno dell’ambito familiare.

Nella maggior parte dei casi la persona abusata non è in grado di parlare dell’accaduto, cosa che implica, ovviamente, importantissime conseguenze a livello psicologico.

In Italia la legge n° 154 del 5 aprile 2001 ha introdotto misure importanti contro la violenza nelle relazioni familiari, sia che essa si verifichi tra coniugi, ma anche laddove avvenga tra componenti qualsiasi di uno stesso nucleo familiare non uniti da vincoli giuridici (conviventi). È quindi una delle poche norme che tutela la cosiddetta “famiglia di fatto”.

Cosa dice il Codice Penale sugli abusi sessuali

Se la violenza fisica, in cui rientra ogni atto volto a far male o a spaventare la vittima (quindi non solo aggressione fisica grave, che causa ferite, ma anche ogni contatto fisico teso a spaventare e a rendere la vittima soggetta al controllo dell’aggressore) è regolata dagli artt. 571, 572, 581, 582, 583, 610 del codice penale, la violenza sessuale nella relazione di coppia consiste nell’imposizione di rapporti indesiderati, e può assumere diverse forme. Alcuni esempi:

  • il desiderio del partner di avere un rapporto sessuale dopo aver picchiato e/o umiliato la donna e la messa in atto dello stesso mediante la forza o mediante ricatti psicologici;
  • l’imposizione di pratiche indesiderate, sotto minacce di varia natura, o di rapporti che implichino il far male fisicamente e/o psicologicamente.

La violenza sessuale è un reato previsto agli artt. 609-bis e 609-ter c.p., mentre nella L. 154/2001 sono individuati gli strumenti di protezione in seguito ad abusi sessuali, fra cui:

  • l’allontanamento del soggetto violento, come misura cautelare nell’ambito del procedimento penale, che può essere disposta al pubblico ministero durante le indagini preliminari o il processo e che comprende l’obbligo, per il soggetto violento, di lasciare subito la casa familiare, oltre che il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi frequentati dalla famiglia e il pagamento di un assegno per i familiari privi di mezzi adeguati;
  • l’ordine di protezione contro gli abusi familiari, un intervento in ambito civile attraverso cui il giudice del Tribunale ordinario del luogo di residenza della vittima, su richiesta della vittima stessa, emetta un “decreto di protezione”, anche senza una denuncia in sede penale verso il familiare violento, che potrebbe comunque incorrere in un reato perseguibile d’ufficio a causa del suo comportamento. Il decreto potrebbe comportare l’allontanamento dalla casa familiare, il divieto di frequentare determinati luoghi, il pagamento periodico di un assegno per i familiari;
  • In presenza di situazioni di forte tensione nel nucleo familiare il giudice può inoltre disporre l’intervento dei servizi sociali del territorio o di associazioni che sostengono e accolgono donne e minori vittime di maltrattamento, o di centri di mediazione.

Le differenze tra abusi sessuali e molestie sessuali

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Per spiegare gli abusi sessuali si fa riferimento a un criterio oggettivo e a uno soggettivo. Secondo il primo, l’atto sessuale è da intendersi esclusivamente come inerente alle parti del corpo che la scienza medica definisce come “zone erogene”, ossia capaci di stimolare l’istinto sessuale, mentre il secondo criterio guarda al comportamento del soggetto qualora sia comunque inequivocabilmente teso a raggiungere un piacere sessuale.

Secondo la Corte di Cassazione, la nozione di atti sessuali comprende tutti quei comportamenti mirati a zone erogene della vittima, mentre la condotta vietata nel delitto di violenza sessuale comprende, oltre alla congiunzione carnale, ogni atto, anche privo del contatto fisico diretto, che sia finalizzato a minare la libertà della persona attraverso l’eccitazione o il soddisfacimento dell’istinto sessuale di chi lo commette.

Diverso è il reato di molestie sessuali, punito dal codice penale punisce con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a 516 euro. Quando si ha una molestia? Nel caso in cui, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, con il telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, si arrechi a qualcuno molestia o disturbo. Il legislatore non ha previsto un autonomo delitto di molestie sessuali, ricomprendendo la fattispecie in un più generico reato di molestia o disturbo alle persone arrecato per una ragione riprovevole.

Diverso è l’oggetto tutelato, e il grado di invasività della sfera intima della vittima, di gran lunga maggiore nel caso di violenza sessuale. Alcune sentenze della Suprema Corte: il toccamento non casuale di una parte del corpo, pur se non considerata zona erogena, ma suscettibile di eccitare il desiderio sessuale, rientra nelle casistiche di violenza sessuale e non di molestia. Toccare i glutei va considerato violenza sessuale e non molestia. Una sentenza più recente ha inoltre stabilito che un corteggiamento molesto consistente in gesti a sfondo sessuale ed esplicite allusioni può integrare il tentativo di violenza sessuale, qualora la vittima non abbia possibilità di fuga. Nel caso che ha dato luogo alla sentenza, il reo si era rifiutato di aprire la porta della sua auto, impedendo il passaggio alla donna e costringendola ad osservare gli atti osceni.

Storie di abusi sessuali

Alcune testimonianze di donne vittime di violenza: questa, tratta da un video di Fanpage, di Adriana, da mesi ospite in un centro di accoglienza.

[…] La sua ossessione erano le chat di Messenger. Voleva vedere persone nude, masturbarsi, vedere donne che si toccavano e lui si toccava a sua volta, voleva che lo facessi anch’io, ma a me faceva schifo, lui non accettava i ‘no’,  allora mi picchiava. Mi dava i cazzotti, mi dava i pugni.

E poi la storia di una donna di Chieti, 50 anni, il cui ex marito è stato condannato per abusi sessuali, nel 2017, a dieci anni di reclusione, oltre a essere stato interdetto in modo perpetuo dai pubblici uffici e a dover risarcire la moglie e la figlia minorenne e la figlia maggiorenne con 30.000 euro ciascuna. La donna, si legge in un articolo de Il Mattino, era:

costretta ad atti sessuali, palpeggiata al seno, spesso all’improvviso, anche davanti ad altre persone, persino davanti a suo fratello, costretta a posare nuda per essere fotografata mentre era in bagno e quasi quotidianamente ad avere rapporti sessuali completi, anche quando i figli erano in casa, e picchiata quando provava ad opporsi.

A Catania, nell’aprile del 2019, un uomo di 36 anni è invece stato arrestato per violenza sessuale e maltrattamenti ai danni della moglie e del figlio. La denuncia da parte della donna è scattata dopo che, in un’occasione, lui l’ha costretta a toccare le parti intime del bambino.

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