Stalking: le tipologie di stalker. Come si può proteggere la vittima?

Derivante dal verbo inglese "to stalk", ossia "appostarsi", "seguire", "tampinare", lo stalking si profila come l'atto di pedinare, perseguitare e talvolta anche aggredire un'altra persona, suscitando, in quest'ultima, sensazioni di ansia e irrequietezza. Vediamone insieme i dettagli e le tipologie.

Paura, angoscia, inquietudine: spesso spia di reati più gravi e lesivi per l’incolumità della vittima, lo stalking rappresenta, ancora oggi, uno dei fenomeni più diffusi e pericolosi, complici anche i social media e l’apparente vicinanza e “intimità” che veicolano.

Quali sono le tipologie di stalking? E qual è il profilo dello/a stalker? Vediamolo insieme.

Stalking: cos’è e che cosa significa

Derivante dal verbo inglese “to stalk”, ossia “appostarsi”, “seguire”, “tampinare”, lo stalking si profila come l’atto di pedinare, perseguitare e talvolta anche aggredire un’altra persona, suscitando, in quest’ultima, sensazioni di ansia e irrequietezza.

Lo stalking, dunque, è, a tutti gli effetti, una forma di aggressione perpetrata da un persecutore ai danni di una vittima, che subisce in maniera passiva i comportamenti invadenti, indesiderati e ripetitivi dello/a stalker. Come si legge su Treccani, infatti, esso si configura come un:

Comportamento persecutorio tenuto da un individuo (stalker) che impone alla sua vittima attenzioni non gradite che vanno dalle telefonate, lettere, sms (di contenuto sentimentale o, al contrario, minatorio) fino ad appostamenti, minacce, atti vandalici e simili. Il comportamento dello stalker è dunque caratterizzato da un’ossessione più o meno marcata per la persona oggetto delle sue attenzioni, e dalla mancanza di rispetto per la sua autonomia decisionale e identità.

Nonostante le persone abusanti possano essere sia donne che uomini, i dati rivelano che, nella maggior parte dei casi, siano maggiormente questi ultimi ad attuare atti abusanti e controllanti nei confronti delle donne, soprattutto a causa di retaggi maschilisti e patriarcali.

Le diverse tipologie di stalking

In base al tipo di atteggiamento e/o alla relazione che intercorre tra lo/a stalker e la vittima, le tipologie di stalking possono essere tra loro molto dissimili. Eccone alcune:

  • stalking intimo o ex intimo: coinvolge un ex partner romantico o sessuale che cerca di controllare o molestare la vittima anche dopo la fine della relazione;
  • stalking di celebrità: interessa individui che tentano di monitorare o contattare personaggi famosi o figure pubbliche in modo ossessivo e invasivo, seguendoli, appostandosi fuori casa o scrivendo loro sui social media in maniera compulsiva;
  • stalking da parte di sconosciuti: si verifica nel caso in cui un molestatore sceglie una vittima casuale e inizia a seguirla o a contattarla in modo inappropriato, senza aver intrattenuto, con essa, alcuna relazione precedente;
  • stalking online o cyberstalking: si riferisce all’uso di internet, dei social media o di altre tecnologie digitali fruite per seguire, monitorare o contattare la vittima in modo invadente e molesto;
  • stalking sul posto di lavoro: coinvolge un collega o un superiore che, sul luogo di lavoro, si comporta in modo inopportuno nei confronti di un altro dipendente;
  • stalking familiare: interessa un membro della famiglia reo di esercitare un comportamento ossessivo e invasivo verso un altro membro del nucleo;
  • stalking politico: riguarda individui che seguono o molestano politici, attivisti o persone coinvolte in questioni, appunto, politiche.

Le caratteristiche tipiche dello/a stalker

Ma quali sono le caratteristiche proprie di uno/a stalker? Come spiega State of Mind:

Lo stalker in generale manifesta un’evidente problematica nell’area affettivo-emotiva, relazionale e comunicativa che non sempre corrisponde ad un preciso quadro psicopatologico. Sebbene non esista ancora una classificazione ampiamente accettata delle caratteristiche dello stalker, è possibile rintracciarne alcune in letteratura suggerite da esperti di diversi ambiti, come Zona, Sharma e Lane (1993) e Harmon, Rosner e Owens (1995).

Nel complesso, si può affermare che lo stalker sia una persona che presenta evidenti difficoltà relazionali, derivanti, molto probabilmente, dallo stile di attaccamento sviluppatosi nel corso della prima infanzia. In base a queste considerazioni, possiamo, quindi, individuare cinque tipologie di stalker:

  • il risentito, ossia un ex partner che desidera vendicarsi per la rottura della relazione sentimentale causata, a suo avviso, da motivazioni ingiuste. Per tale ragione, agisce ledendo direttamente la persona, la sua immagine o le sue proprietà, pubblicando, per esempio, foto o immagini private sul web, aspettando fuori casa o seguendo la vittima, danneggiando la sua macchina e simili. Ogni comportamento è giustificato e proporzionato al danno che il molestatore crede di aver subito, e che in un certo senso lo legittima a reagire in determinati modi;
  • il “bisognoso d’affetto” è, invece, il tipo di stalker che risulta spinto dal bisogno profondo di creare una relazione affettiva con la vittima: ogni segnale di vicinanza o di confidenzialità espressa da quest’ultima viene, quindi, letta alla stregua di una palese espressione di interesse e di desiderio di contatto e vicinanza emotiva, giustificando, così, i comportamenti (inappropriati) di avvicinamento;
  • il “corteggiatore impacciato”, ancora, appare imbranato in termini relazionali e, perciò, inadeguato a entrare in relazione con la vittima, che si sente, in questo modo, oppressa, “invasa” e aggredita;
  • il “predatore”, infine, è la tipologia di stalker che è solitamente mossa dal desiderio di avere un contatto di tipo sessuale con la vittima, direttamente proporzionale alle reazioni di paura e ansia di quest’ultima.

Come si può proteggere la vittima?

Se si è vittime di stalking, ogni azione risulta essenziale per proteggersi e svincolarsi dal pericolo. Quali sono i passi da compiere? I più importanti sono, senza dubbio, i seguenti:

  • segnalare alle autorità competenti: è fondamentale segnalare immediatamente il comportamento alle autorità locali, come la polizia o il servizio di emergenza, al fine di avviare un’indagine e fornire supporto legale alla vittima;
  • ottenere un ordine restrittivo o una misura di protezione: la vittima di stalking può cercare assistenza legale per ottenere un ordine restrittivo o una misura di protezione che impedisca al molestatore di avvicinarsi o contattarla;
  • mantenere traccia delle prove: in caso di stalking, è cruciale documentare tutte le forme di molestie e abusi subiti, inclusi messaggi, chiamate, mail, foto o affini. Tali prove possono, infatti, essere utilizzate per sostenere una denuncia e ottenere protezione;
  • raggiungere una rete di supporto: essenziale è anche ottenere sostegno emotivo da amici, familiari o professionisti qualificati, come consulenti o psicologi: una rete di supporto solida può, appunto, aiutare la vittima a gestire lo stress e l’ansia associati allo stalking;
  • aumentare la sicurezza personale: contestualmente, è opportuno prendere anche alcune misure per aumentare la propria sicurezza personale, tra cui cambiare la routine quotidiana, installare dispositivi di sicurezza, a casa o al lavoro, evitare luoghi isolati e informare amici o colleghi di fiducia sulla situazione vigente;
  • utilizzare la privacy online: nel caso in cui il reato di stalking coinvolgesse il cyberstalking, la vittima dovrebbe prendere misure per proteggere la propria privacy online, come aggiornare le impostazioni di sicurezza sui social media, evitare di condividere informazioni personali sensibili e bloccare il molestatore su tutte le piattaforme digitali;
  • affidarsi a organizzazioni di supporto: sono numerose le organizzazioni e le risorse dedicate alle vittime di stalking che possono offrire supporto emotivo, consigli legali e risorse pratiche per affrontare la situazione.

Il reato di stalking e come denunciare

Lo stalking è sanzionato dalla legge italiana mediante l’articolo 612 bis del Codice Penale, rubricato come “Atti persecutori” e inserito, dunque, tra i delitti contro la persona, di cui si deve tutelare la libertà personale e la libertà morale.

Come si legge su Lexplain, la norma prevede che:

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

Inoltre:

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.

Essendo non solo un fenomeno giuridico ma anche sociale, e determinando, per tale ragione, una serie di insicurezze circa la percezione del fastidio esperito da parte della vittima – di cui le sensazioni di paura, angoscia, ansia e inquietudine vengono spesso sminuite, in favore di una visione “ottimistica” degli atteggiamenti persecutori, intesi alla stregua di “corteggiamenti insistenti” e lusinghieri -, denunciare, per molte persone, è, nella maggior parte dei casi, estremamente difficile.

Farlo, però, è essenziale: se si è vittime di stalking, infatti, occorre presentare immediatamente la propria querela alle Autorità competenti, dal momento che lo stalking si profila come un reato procedibile a querela della persona offesa. Il termine per poter proporre querela è di sei mesi, a decorrere dall’ultimo episodio di molestia o minaccia. Il Codice Rosso, infine, garantisce alla vittima di essere ascoltata tempestivamente (e non oltre, comunque, i tre giorni dalla ricezione della denuncia) da parte dell’Autorità giudiziaria.

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