In una gelida giornata del 1983, la ventenne Phoolan Devi si consegnò alla polizia di Madhya Pradesh, nell’India centrale. Il suo nome significava dea dei fiori, ma per tutti lei era semplicemente la regina dei banditi. Ad attenderla c’era una folla di 8.000 persone, tra cui giornalisti, politici e circa 300 poliziotti. Gli altri erano poveri cittadini indiani, giunti da diverse parti della regione per vedere da vicino e in carne e ossa quella giovane donna, diventata una leggenda, come racconta un articolo di India Today.

Nata il 10 agosto 1963 in un villaggio sulle rive del fiume Yamuna, nel nord dell’India, fu una ribelle fin da piccola. A dieci anni affrontò uno zio e un cugino, colpevoli di aver sottratto una porzione di terra a suo padre falsificando dei documenti. Li accusò pubblicamente dell’infame gesto e, per tutta risposta, venne picchiata con un mattone fino a perdere i sensi.

A soli undici anni, venne costretta a sposare un vedovo di 45 anni, in cambio di una mucca e di una bicicletta, che la violentò ripetutamente. Pochi giorni dopo il matrimonio Phoolan Devi scappò dal marito e tornò a casa, ma venne rispedita indietro un anno dopo. Tornata a casa per le seconda volta, si trovò di fronte una situazione ancora peggiore. Sua madre le disse che aveva infangato la sua famiglia e che avrebbe fatto meglio a gettarsi in un pozzo o nel fiume Jamuna.

Ufficialmente “disgraziata”, alla bambina non restò altro da fare che occuparsi dei lavori nei campi. Nel villaggio iniziarono a girare voci sulla sua presunta promiscuità, allora i genitori decisero di mandarla a vivere dalla sorella, in un vicino villaggio. Lì si infatuò di un altro cugino, già sposato, con cui fuggì di casa. Pentito, il ragazzo ritornò dalla moglie, lasciando Phoolan al suo destino.

Nel 1979 venne arrestata per un furto ai danni di quello zio che qualche anno prima aveva rubato la terra a suo padre. Uscita due settimane dopo, corse subito dal cugino (quello del suo villaggio, che nel frattempo aveva dato fuoco ai terreni del padre di Phoolan) e lo aggredì con una pietra. Stanco di quella nipote insolente, lo zio organizzò il suo rapimento da parte di un gruppo di banditi locali.

Phoolan Devi venne ripetutamente violentata dal leader della gang e da tutti gli altri. Quando un altro uomo prese il comando, le sorti della giovane sembrarono cambiare. Bikram Singh vietò a tutti di toccarla e divenne il suo amante: nasceva così uno strano e grande amore. Non durò a lungo: il 13 agosto del 1980 Singh venne ucciso e lei nuovamente rapita da un gruppo di una casta superiore e portata in un lontano villaggio, chiamato Behmai. Venne stuprata e umiliata pubblicamente per tre settimane, prima di riuscire a scappare e unirsi a una nuova gang. Aveva solo 17 anni.

Con trenta uomini ai suoi ordini, Phoolan tornò a Behmai, decisa a vendicarsi. E ci riuscì, uccidendo ventidue uomini, ma divenne immediatamente la persona più ricercata di tutta l’India. Due anni dopo scelse di mettere fine alla fuga, ma alle sue condizioni. Chiese che i membri della sua gang non dovessero passare più di otto anni in prigione e che i suoi familiari, nel frattempo incarcerati, venissero liberati.

Phoolan Devi passò undici anni in prigione. Una volta uscita si dedicò alla politica, per dare voce alle caste più basse della popolazione dell’Uttar Pradesh. Venne eletta in Parlamento con il Partito Socialista Samajwadi, ma ebbe solo pochi anni per tentare di cambiare qualcosa nel suo paese. Fu uccisa da tre sicari dinanzi alla sua casa di Nuova Delhi il 25 giugno del 2001 all’età di 37 anni.

A lei è ispirato il film Bandit Queen, diretto nel 1994 da Shekhar Kapur.

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