39 anni fa spariva Emanuela Orlandi, un giallo italiano fra depistaggi e silenzi

39 anni fa Emanuela Orlandi, 15 anni, spariva senza lasciare traccia. Negli anni si sono susseguite ipotesi e piste diverse, mentre la famiglia non ha mai perso la speranza di fare luce sul suo caso.

Potrebbe essere a una svolta il caso di Emanuela Orlandi, la quindicenne scomparsa ormai 39 anni fa? Secondo il fratello, Pietro Orlandi, e l’avvocata di famiglia Laura Sgrò ci sarebbe una fonte affidabile che potrebbe rivelare verità inattese sulla sparizione della giovane.

A Cusano Italia Tv Orlandi ha dichiarato:

Grazie alla stessa fonte che ci segnalò di far aprire le tombe al cimitero Teutonico, siamo venuti in possesso di nuovi clamorosi elementi che potrebbero portarci alla verità. Nuovi elementi sempre relativi al cimitero teutonico vaticano. E voglio precisare ancora una volta che non si tratta di una fonte anonima. Non è anonima questa come altre fonti che ci stanno aiutando ad arrivare alla verità. Si tratta di persone interne al Vaticano.

Certo, davanti alle telecamere preferisco non fare nomi, non racconto i particolari di queste importanti novità, anche se vorrei tanto farlo, ma aspetto di essere convocato per verbalizzare. A quel punto i promotori di giustizia del Vaticano saranno costretti a chiamare le persone che io nominerò. Perché stavolta ci sono davvero degli elementi che possono portarci a capire cosa è realmente accaduto a Emanuela. Particolari che soprattutto ci fanno capire che esistono delle persone, a cominciare da Papa Francesco, che sono a conoscenza di quello che accadde a mia sorella il 22 giugno 1983.

Ecco perché sulla locandina del consueto sit-in del 22 giugno prossimo in largo Giovanni XXIII per il 39° anniversario della scomparsa di Emanuela, ho fatto scrivere ‘il Papa deve consegnare la verità alla giustizia’. Perché sono sicuro al 100%, proprio grazie a queste fonti, che Papa Francesco sia a conoscenza della verità su mia sorella; e ripeto, i nuovi elementi che abbiamo a disposizione a questo ci portano.

L’avvocata Sgrò ha aggiunto:

Attraverso una persona fidatissima, sono riuscita a far consegnare a Papa Francesco una lettera scritta da me e da Pietro Orlandi, contenente questi recenti elementi acquisiti; e il Pontefice ci ha risposto. Noi nella missiva scrivemmo ‘abbiamo acquisito nuovi e importanti elementi sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e vorremmo condividerli con lei’. Papa Francesco ci ha risposto con un’altra lettera in cui tra l’altro ha scritto ‘benissimo condividete questi nuovi elementi con i promotori di giustizia del Vaticano’.
E questo è un fatto storico perché per la prima volta il Santo Padre ha dato attenzione diretta e personale alla vicenda di Emanuela Orlandi garantendo ‘spirito di leale cooperazione da parte della Santa Sede’, parole che ha scritto nella missiva.

L’episodio del cimitero Teutonico cui fa riferimento Pietro Orlandi è quello del 2019, quando due tombe vennero aperte, sulla base di una soffiata che avrebbe indicato proprio lì il luogo della sepoltura della povera ragazza sparita il 22 giugno 1983. Pista che si rivelò l’ennesimo buco nell’acqua, proprio come accaduto per altri casi divenuti tristemente celebri, come quelli di Angela Celentano o Denise Pipitone, e che ha portato, il 30 aprile 2020, all’archiaviazione dell’inchiesta.

Le tombe in questione, infatti, sono risultate vuote, e neppure contenere i resti di Sophie von Hohenlohe e Carlotta Federica di Mecklemburgo, le due principesse che avrebbero dovuto esservi sepolte.

Oggi Emanuela Orlandi avrebbe 54 anni già compiuti. Invece, la ricorderemo per sempre così, con il suo sorriso da quindicenne e la fascetta tra i capelli come una figlia dei fiori.

Perché la sua scomparsa, avvenuta il 22 giugno 1983, è uno dei misteri italiani che ancora non hanno trovato una spiegazione, o una ragione. Negli anni, tanti, che sono passati da quella assurda sparizione, si sono susseguite ipotesi, congetture, false piste che hanno più volte riacceso la speranza in Maria ed Ercole, i genitori della ragazza, poi puntualmente disillusa.

In questi 39 anni si è spaziato dalle teorie più complottiste, fino al coinvolgimento di volti noti e nomi di prestigio all’interno dello IOR, la banca Vaticana – il padre di Emanuela Orlandi era un commesso della Prefettura della casa pontificia – c’è chi ha tirato in ballo persino la Banda della Magliana, che ha seminato il terrore per oltre un ventennio sulla capitale, ma la verità è che nessuna di queste ipotesi, più o meno credibili, hanno mai portato a un vero punto di svolta.

Allo stato attuale delle cose, non si sa se Emanuela Orlandi sia morta da 39 anni o più tardi, nemmeno se sia ancora viva, cosa che, per quanto poco plausibile, non si può escludere con assoluta certezza.

Dopo l’archiviazione del 2020, un nuovo spiraglio potrebbe arrivare da Papa Francesco e dalle parole di Pietro Orlandi; non resta che aspettare.

Nel frattempo, ripercorriamo la storia di Emanuela Orlandi.

1. Le due versioni sulle sue ultime ore

Emanuela Orlandi abitava in Vaticano assieme ai genitori e a quattro fratelli, e frequentava il secondo anno del liceo scientifico presso il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II.
Il 22 giugno, giorno della scomparsa, era andata a lezione di musica attorno alle 16, per uscire come sempre alle 19; aveva telefonato a casa, parlando con una delle sorelle di una proposta di lavoro che avrebbe ricevuto da un uomo, retribuita con la somma di 350.000 lire (equivalenti, paragonando il potere d’acquisto, a circa 500 euro), come promotrice di prodotti cosmetici durante una sfilata di moda nell’atelier delle Sorelle Fontana che si sarebbe svolta pochi giorni più tardi; fu l’ultimo contatto che Emanuela ebbe con la famiglia.

Più tardi si scoprì che la ditta di cosmetici non aveva dipendenti uomini, e non aveva nulla a che vedere con una simile offerta di lavoro.
Dopo la telefonata, Emanuela raggiunse due compagne di corso, Maria Grazia e Raffaella, alla fermata dell’autobus in Corso Rinascimento. Anche a loro, come raccontarono, Emanuela raccontò della proposta di lavoro, dicendo che ne avrebbe parlato coi genitori per evitare guai. Alle 19:30 circa, prima Maria Grazia, poi Raffaella salirono su due autobus diversi dirette a casa, mentre, disse Raffaella, Emanuela spiegò che avrebbe preso quello successivo.

Ma esiste anche un’altra versione, secondo cui, dopo la telefonata, Emanuela confidò a Raffaella che sarebbe rimasta ad attendere l’uomo dell’offerta di lavoro, per avvisarlo che avrebbe chiesto il permesso ai genitori prima di partecipare. Raffaella dichiarò che Emanuela l’avrebbe accompagnata alla fermata dell’autobus, lasciandola alle 19:30, e di averla vista parlare con una donna riccia, mai identificata, anche se c’è chi sostiene potesse trattarsi di una compagna di corso.

2. Le dichiarazioni dei testimoni i giorni seguenti

Non essendo rincasata, Ercole Orlandi cominciò le ricerche presso la scuola di musica e nei paraggi di questa, contattando alcune compagne di corso di Emanuela. Il padre andò subito alla polizia, che però gli suggerì di aspettare a denunciarne la scomparsa.
Nei giorni immediatamente seguenti, telefonarono due diverse persone, “Pierluigi” e “Mario”, dicendo di aver visto una ragazza che poteva essere Emanuela vendere cosmetici e dire di chiamarsi Barbara, ma le loro testimonianze risultarono essere un buco nell’acqua.

Il fratello della ragazza e alcuni amici appurarono che una giovane descritta come molto simile a lei era stata vista parlare con un uomo sia da un agente di polizia, sia da un vigile urbano in servizio davanti al Senato. L’uomo in compagnia della ragazzina era alto circa 1,75, tra i trentacinque e i quarant’anni, vestito elegantemente, stempiato, e sarebbe giunto alla guida di una BMW Touring verde.

Un collaboratore del SISDE, Giulio Gangi, amico dei cugini della Orlandi, rintracciò l’auto, che era stata portata da un meccanico per la rottura del vetro del finestrino anteriore destro, insolita perché sembrava essere fatta dall’interno verso l’esterno.

3. Il presunto collegamento con l'attentato a Papa Giovanni Paolo II

Domenica 3 luglio 1983 Giovanni Paolo II, durante l’Angelus, rivolse un appello ai responsabili della scomparsa di Emanuela Orlandi, ufficializzando per la prima volta l’ipotesi del sequestro. Due giorni più tardi, un uomo, con accento anglosassone, telefonò alla sala stampa vaticana, asserendo di avere Emanuela in ostaggio e che alcuni indizi erano stati dati proprio da “Pierluigi” e “Mario”.

L’uomo chiamò in causa anche Mehmet Ali Ağca, l’uomo che aveva sparato al Papa in Piazza San Pietro un paio di anni prima, chiedendo un intervento del pontefice per la sua liberazione entro il 20 luglio.

Un’ora dopo, lo stesso uomo chiamò a casa Orlandi, facendo ascoltare ai genitori un nastro registrato con una voce femminile con inflessione romana, e una sola frase, ripetuta sei volte: “Scuola: Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II, dovrei fare il terzo liceo ‘st’altr’anno… Scientifico“.

L’8 luglio 1983 un uomo con accento mediorientale telefonò a una compagna di conservatorio di Emanuela, dicendo che la ragazza era nelle loro mani, ribadendo la richiesta di liberare Ali Ağca e chiedendo una linea telefonica diretta con il Cardinale Segretario di Stato, Agostino Casaroli.
Il 17 luglio venne fatto ritrovare un nastro, in cui si confermava la richiesta di scambio con Ağca, la richiesta di una linea telefonica diretta con il cardinale Casaroli. Si sentiva anche una voce femminile chiedere aiuto, ma fu appurato che non si trattava di Emanuela, ma di un film.

In totale, le telefonate dell’uomo, ribattezzato “l’Amerikano”, furono 16, tutte da cabine telefoniche, ma non ci fu nessuna pista aperta.

Nel comunicato n. 20 del 20 novembre 1984, i Lupi grigi dichiarano di custodire nelle loro mani tanto Emanuela quanto la sua coetanea romana, Mirella Gregori, scomparsa da Roma nel mese di maggio 1983. Questa pista, tuttavia, è stata sconfessata dall’ex ufficiale della Stasi Günter Bohnsack, il quale ha dichiarato che i servizi segreti della Germania Est sfruttarono il caso Orlandi scrivendo finte lettere a Roma per consolidare la tesi che metteva in relazione Ağca con i Lupi grigi, e scagionare così la Bulgaria accusata di essere responsabile dell’attentato al Papa; l’estraneità dei Lupi grigi fu confermata da un pentito della Banda della Magliana, Antonio Mancini.

Nel 2010 Pietro Orlandi ebbe un colloquio con Mehmet Ali Ağca, e quest’ultimo confermò che quello della sorella potesse essere un rapimento orchestrato dal Vaticano, facendo anche il nome di un cardinale, Giovanni Battista Re, ritenuto persona informata sui fatti. Re, ascoltato da Orlandi, avrebbe smentito le parole del terrorista.

4. Le ipotesi IOR e Banda della Magliana

Secondo alcuni giornali e pubblicazioni l'”Amerikano” sarebbe monsignor Paul Marcinkus, all’epoca presidente dello IOR, sulla base dell’esame delle comunicazioni telefoniche: il SISDE giunse a elaborare un profilo, quello di una persona con una conoscenza approfondita della lingua latina, migliore di quella italiana, probabilmente di cultura anglosassone e con un elevato livello culturale e una conoscenza del mondo ecclesiastico e del Vaticano, oltre alla conoscenza approfondita di diverse zone di Roma.

Nel luglio del 2005, alla redazione del programma Chi l’ha visto?, in onda su Rai 3, è arrivata una telefonata anonima in cui si suggeriva di cercare nella basilica di Sant’Apollinare e controllare “del favore che Renatino fece al cardinal Poletti“. “L’illustre” defunto si scoprì essere un capo della Banda della Magliana, Enrico De Pedis, sepolto lì proprio per volontà del cardinale Ugo Poletti, allora presidente della CEI.

Il 30 giugno 2008, Chi l’ha visto? trasmise la versione integrale della telefonata anonima del luglio 2005, lasciata inedita, in cui la voce aggiungeva: “E chiedete al barista di via Montebello, che pure la figlia stava con lei… Con l’altra Emanuela“. Il bar in questione apparteneva alla famiglia di S. D. V., amica di Mirella Gregori.

5. La pista pedofila di Padre Amorth

Secondo una delle tante piste battute negli anni, Emanuela Orlandi sarebbe stata attirata e uccisa in un giro di festini a sfondo sessuale in cui sarebbero stati coinvolti esponenti del clero, un gendarme vaticano e personale diplomatico di un’ambasciata straniera presso la Santa Sede.
Secondo Padre Gabriele Amorth, Emanuela sarebbe morta in un’orgia di pedofili tenutasi in Vaticano, dopo essere stata drogata; il religioso ha sostenuto questa tesi in un’intervista rilasciata il 22 maggio 2012 a La Stampa.

Ma la stessa ipotesi è stata fatta dal pentito Vincenzo Calcara, ex affiliato di Cosa nostra, che ha riferito alla trasmissione Chi l’ha visto? nel 2014 una presunta confidenza di un boss mafioso, secondo cui la ragazza sarebbe morta durante un festino a base di droga e sesso, e sepolta in Vaticano con altre presunte giovani vittime.

6. Le altre ipotesi

Negli anni, come detto, molte ipotesi si sono succedute: nel 2010 Pietro Orlandi, ha incontrato Alì Ağca, il quale disse: “Emanuela è viva , vive reclusa in una mega villa in Francia o in Svizzera. Tornerà a casa“.

Il 17 giugno 2011, durante un dibattito sul libro di Pietro Orlandi Mia sorella Emanuela in diretta tv su Romauno, un uomo, presentatosi come ex-agente del SISMI, ha affermato che “Emanuela è viva, si trova in un manicomio in Inghilterra ed è sempre stata sedata”, aggiungendo che la causa del rapimento sarebbe stata la conoscenza di Ercole Orlandi di attività di riciclaggio di denaro “sporco”.

Il 24 luglio 2011 Antonio Mancini, in un’intervista a La Stampa, ha dichiarato che effettivamente la Orlandi fu rapita dalla Banda della Magliana, per ottenere la restituzione del denaro investito nello IOR attraverso il Banco Ambrosiano.

7. L'apertura dell'inchiesta

Uno spiraglio era stato aperto nel 2018, quando alcune ossa furono ritrovate nella Nunziatura apostolica a Roma. Tuttavia, gli esami effettuati sui resti hanno chiarito che appartenessero a un uomo, escludendo quindi che potesse trattarsi di Emanuela o Mirella, l’altra ragazza scomparsa.

Dopo 36 anni di silenzio, il Vaticano ha aperto un’inchiesta per far luce sulla scomparsa della quindicenne. L’11 luglio 2019 sono state aperte due tombe nel cimitero Teutonico di Roma, indicate da alcune segnalazioni alla famiglia Orlandi come il luogo in cui potrebbe essere sepolta Emanuela. Entrambe, però, sono incredibilmente risultate vuote. Anche i corpi che avrebbero dovuto ospitare non erano presenti al loro interno.

Dopo l’archiviazione, nel 2020, oggi Pietro Orlandi sostiene di avere una fonta affidabile che sa qualcosa in più sulla scomparsa di sua sorella.

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